I luoghi Lucio Dalla: ecco come ricorre il mare nei suoi testi e i collegamenti con Dante

Lucio Dalla è uno dei più importanti attori del cantautorato italiano. Proprio in questi primi giorni di Marzo si celebra la sua nascita: ecco l’importanza del mare nelle canzoni di Lucio Dalla. 

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Sanremo 1966 , 16th edition of Italian music festival – Singers Gino Paoli and Lucio Dalla
Sanremo 1966 , 16a edizione del Festival della Musica – Gino Paoli e Lucio Dalla *** Local Caption *** ***Special fee applies***

Nato il 4 Marzo del 1943, Lucio Dalla è uno dei simboli del cantautorato italiano. Poliedrico e schietto, nelle sue canzoni racconta dei semplici e di scorci, degli ultimi e dei dimenticati. Tra i paesaggi e i luoghi più frequenti dei suoi testi, il mare.

 

Prima infanzia e la madre

Nato a Bologna, da una modista e da un direttore di un club di tiro a volo, Dalla passa la sua infanzia a Bologna, città che più volte ricorre nei suoi testi. Nel 1950 il padre muore a causa di un tumore e, a quel punto, la madre deciderà di far educare il figlio in un collegio vescovile. Passa qui gli anni delle elementari, dove sviluppa un certo interesse per piccole recite scolastiche e per la fisarmonica. Sua madre, Jole, era molto contenta delle attitudini del figlio che sentiva essere portato per il mondo dello spettacolo e della musica. Tale ottica la portò non solo a sostenerlo nel suo fare, ma lo incoraggiò a spostarsi a Bologna quando aveva solo quindici anni. A proposito di ciò, Dalla ha ricordato alcuni episodi, tra i quali:

Avevo undici anni quando mia madre, donna strana, una stilista che non sapeva mettere un bottone, mi portò in un istituto psicotecnico di Bologna per un test sulle mie attitudini: risultò che ero un mezzo deficiente». Continua: Mia madre sospettava fossi un genio, anche per questo mi lasciò partire a quindici anni per Roma.

Seppur il talento del cantautore sia innegabile, di certo, l’incoraggiamento della madre ha giocato il suo ruolo in piccole e grandi scelte di vita.

 

L’importanza dei luoghi e dell’espressione

È normale, sia in prosa, sia in poesia e di conseguenza anche tra le canzoni, incontrare dei topos, ovvero degli argomenti che vengono sviluppati con una certa frequenza o che ricorrono sotto forma di immagini o di parole. Sono, solitamente, molto cari agli autori e giocano sia sul piano evocativo.

Una delle immagini più frequenti in Lucio Dalla è sicuramente quella del mare. Lo si sente quasi tra le sue canzoni: di notte, di giorno, scrosciare e invadere il panorama. Lo si vede già dai titoli, scorrendo tra la discografia che, in un modo o nell’altro, il mare è centrale. In Com’è profondo il mare, diventa centro di solitudine: «Poi lo lasciò cadere, a piangere e a urlare/Solo in mezzo al mare/Com’è profondo il mare». 

Il mare diventa anche personificazione, diventa altro, come in Stella di mare. Diventa una donna distesa sul letto, un’amante da vedere e da toccare, da contemplare: «e se non ti avessi/uscirei fuori a/comprarti/stella di mare/tra le lenzuola/la nostra barca/non naviga/vola, vola, vola!». 

Ancora, è simbolo di lontananza, di intangibilità. Basta pensare alla tanto discussa e – quasi – autobiografica 4/3/1943: «Dice che era un bell’uomo/E veniva, veniva dal mare/Parlava un’altra lingua, però sapeva amare». Sembra essere, Dalle descrizioni di Lucio Dalla un marinaio, un padre arrivato, ma mai rimasto. Naturalmente non si tratta di notizie attendibili, visto che come ricordato sopra, il padre era bolognese e morì a causa di un tumore. Nella suddetta canzone, per «la gente del porto» Dalla, nato come un miracolo, è «Gesù Bambino».

Il mare in viaggio

Una delle canzoni più famose della discografia di Lucio Dalla è Itaca. Il nome della città porta con sé anni di tradizione storica e letteraria e, senza molti sforzi, viene subito ricondotta al famoso eroe, Ulisse. Insieme a Gianfranco Valdazzi e Sergio Bardotti, Dalla intreccia un legame tra canzone e letteratura, passando dalla mitologia antica, fino a Dante.

Capitano, che risolviCon l’astuzia ogni avventuraTi ricordi di un soldatoChe ogni volta ha più paura?Ma anche la paura in fondoMi dà sempre un gusto stranoSe ci fosse ancora mondoSono pronto, dove andiamo?

Ulisse, re di Itaca, comincia la sua navigazione e sin da subito perde Agamennone. Sebbene questo sia l’inizio della sua peregrinazione, il re non perde mai lo slancio, né la forza di andare avanti. Spinto dalla curiosità affronterà il Ciclope, venti avversi, Scilla e Cariddi, con l’obiettivo di spingersi oltre, verso quello che l’uomo non aveva ancora visto e conosciuto. Ulisse, in questo processo, potrebbe anche dirsi egoista, dato che non si preoccupa moltissimo della sua ciurma, ma ha come obiettivo finale quello – come riportato da Dante – di varcare le Colonne d’Ercole, ovvero il confine del mondo conosciuto.

Dande deciderà di collocarlo all’Inferno, nel Canto XXVI, insieme a Diomede. Qui ci sono coloro i quali hanno dato consigli ingannevoli in vita: Ulisse, infatti, trascinerà con sé i suoi compagni di viaggio, la sua «compagnia picciola», verso il suo folle volo. Non a caso, anche questo aspetto, ritorna nella canzone qui presa in esame:

Capitano, le tue colpePago anch’io coi giorni mieiMentre il mio più gran peccatoFa sorridere gli deiE se muori, è un re che muoreLa tua casa avrà un eredeQuando io non torno a casaEntran dentro fame e sete

A confronto, le parole di Dante:

O frati,” dissi, “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza
“.

Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;

e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.

Il mare, qui, prende posto, immaginariamente, in tutta la canzone. Lo si sa perché si conosce Dante, perché c’è un mito dalla lunga tradizione dietro. Dalla con i suoi marinai e i suoi scorci marini- basta ricordare Ma come fanno i marinai in collaborazione con De Gregori – solca storie semplici e racconta, a parole sue, le pieghe di ciò che osserva, di ciò che sente.

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