E se una canzone indie ci spiegasse le nozioni base della macroeconomia? La sfida viene raccolta da I cani con il brano Questo nostro grande amore che contiene tra gli altri riferimenti un chiaro richiamo al lunedì nero del 1987.
“Non ha lunedì neri/ Non conosce default/Senza banche centrali, senza WTO/ Dovremmo monetizzare/ Questo nostro grande amore” Questo il ritornello di Questo nostro grande amore che si scaglia con violenta ironia sulla scena musicale italiana in tutta la sua genialità a metà tra una canzone d’amore sui generis e una lezione di macroeconomia.
L’indie economico
“Don’t put your life in the hands of a rock and roll band” scriveva nel 1995 Noel Gallagher in Don’t look back in anger. E se invece fosse una band indie? Ecco che I cani riescono in quella che è una sfida a tutto tondo: l’unione di utile e dilettevole. Del resto in cosa consistono le giornate di un universitario medio se non nel conciliare studio, amore e musica con una nota di ironia? E Questo nostro grande amore è il compendio di questi tre pilastri.
Già dal primo ascolto si comprende la genialità del testo: i concetti base della macroeconomia vengono incastonati in tre minuti di ballata indie dal retrogusto romantico con una leggera punta di sarcasmo. Si passa dal riferimento alla nozione di tasso d’interesse ed investimento, le due variabili che influenzano i principali modelli macroeconomici nonché la più nota funzione di domanda aggregata, al richiamo all’ormai quotidianamente utilizzato concetto di default. Non credo sia azzardato dire che se un professore universitario si servisse del testo della canzone come materiale accademico, potrebbe tirarci su almeno un paio di lezioni. Se, di fatti, non bastassero i collegamenti ai capisaldi della teoria macroeconomica, si potrebbe fare riferimento alla crisi finanziaria del biennio 2007-2008, evocata dalla menzione della famosa banca d’investimento americana Goldman Sachs od anche al Black Monday del 1987, così come suggerisce il ritornello del brano.
Il black Monday del 1987
In Questo nostro grande amore I cani si richiamano a quello che è passato alla storia con il nome di lunedì nero. Era il 19 ottobre del 1987 quando l’indice di Down Jones a Wall Street subiva un crollo del 22,6% per poi estendersi a tutte le principali borse, dall’FTSE 100 di Londra a -26,4% , Hong Kong -45%, Madrid -31% e Sidney -41,8%. Si trattava di un crollo del doppio più disastroso rispetto alla tanto temuta crisi del 1929, il cui ricordo era ancora fresco nelle menti degli investitori americani. Ma fu tanto più disastroso quanto più originale. Differentemente dalla crisi del 1929, risultato di una serie concomitante di eventi, il lunedì nero del 1987 vede se stesso imporsi nel panorama finanziario come un evento sui generis svincolato da circostanze esterne tanto che ancora oggi è difficile individuarne le cause. Il venerdì precedente nessun campanello di allarme né segnale di crisi avrebbe potuto far pensare a quello che di lì a poco si sarebbe verificato. E allora cosa successe? Diversamente da quanto si immagina il crollo ebbe origine non già negli Stati Uniti bensì ad Hong Kong, che quello stesso giorno aveva ridotto della metà il valore dei suoi indici. Di lì l’espansione ai principali mercati azionari mondiali come conseguenza della preoccupazione di quelli che in gergo vengono definiti traders e dell’informatizzazione del sistema.
La globalizzazione finanziaria
Abbiamo parlato di informatizzazione del sistema come causa del Black Monday del 1987. Ma cosa si intende con il termine? Occorre partire dalla menzione dei cosiddetti programmi di “stop loss”, vale a dire degli strumenti impugnati dal trader per garantirsi dal rischio di perdita: questi permettevano di completare le transazioni in maniera automatica non appena veniva raggiunta una determinata soglia minima prefissata. Ecco quindi che tali programmi avevano prodotto un incremento delle vendite sul mercato asiatico; incremento che aveva ben presto coinvolto anche il mercato statunitense. Al di là di questi motivi tecnici quello che occorre rilevare è che il lunedì nero del 1987 emergeva in un clima economico e finanziario non solo del tutto sereno ma anche prospero tanto che l’episodio venne ammortizzato con estrema facilità chiudendo l’anno in rialzo.
Date queste premesse è però possibile procedere ad un’altra osservazione inderogabile: il Black Monday è una delle prime testimonianze di globalizzazione finanziaria. Quello che mette chiaramente in evidenza è come ormai i mercati mondiali fossero altamente interconnessi e questo è un punto da non sottovalutare se si vogliono comprendere a pieno le cause dell’attuale recessione economica.