I 6 personaggi più controversi che hanno vinto il Premio Nobel per la Pace

Il 10 dicembre si assegnano i premi Nobel per la pace. La storia vuole che ci siano lodi, ma anche critiche.

 

Chiunque vorrebbe ambire al Premio Nobel per la pace. Basta solamente essere un personaggio conosciuto nel mondo per aver fatto qualcosa che abbia permesso di rispettare i diritti civili e umani. Ma non tutti i vincitori sono così pacifisti.

Il premio Nobel per la pace 1906: Theodore Roosevelt

Che sia conosciuto in tutto il mondo per il nome dato all’orsacchiotto Teddy Bear, oppure per la caricatura interpretata da Robin Williams in Una notte al museo, poco importa. Roosevelt fu sicuramente il presidente americano più dinamico della storia. Convinto riformista, ma anche acceso patriottico, incarnava perfettamente lo spirito repubblicano che infuocava gli animi statunitensi all’inizio del XX secolo.
Tuttavia il Premio Nobel assegnatogli è ancora oggetto di critiche. Roosevelt fu anche fautore di un interventismo americano con pochi precedenti nella storia. La sua politica infatti venne ribattezzata Big Stick Diplomacy (la politica del grosso bastone), poiché se da un lato si cercava di favorire la pace tra popoli, dall’altro si ricorreva ad una guerra immediata se non si veniva ad un compromesso dettato dagli Stati Uniti. Fu Roosevelt che promosse l’espansionismo americano ai danni di Cuba con l’emendamento Platt. Combatté anche la guerra ispanico-americana, un breve conflitto dove i rivoluzionari cubani vinsero contro i colonialisti spagnoli. E promosse l’intervento bellico americano durante la Prima Guerra Mondiale.
Forse questo Premio Nobel sarebbe da dare all’orsacchiotto, di sicuro più innocuo!

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Theodore Roosevelt (a destra) interpretato da Robin Williams

Il premio Nobel per la pace 1919: Woodrow Wilson

L’amicizia è l’unico cemento che terrà sempre insieme il mondo”

Questa è la famosa frase attribuitasi al presidente americano Woodrow Wilson. Celebre millantatore di saggezza, il visionario democratico fu una pedina fondamentale nella nuova stabilità europea. Favorì la creazione della Società delle Nazioni alla Conferenza di Parigi nel 1919, e la compilazione dei cosiddetti 14 punti al Congresso americano. Quest’ultimi promossero una pace senza vincitori e quello che nel diritto internazionale chiameremo principio di autodeterminazione dei popoli. Wilson in poche parole fu il primo presidente americano a sedersi al tavolo dei potenti europei!
Tuttavia il presidente democratico conserva tra gli studiosi anche dei giudizi piuttosto negativi. Suprematista bianco convinto, Wilson fu a favore della segregazione razziale negli Stati Uniti, tant’è che nel suo mandato si discusse animatamente su un suo favoreggiamento al Ku Klux Klan. Quest’ultimo effettivamente risorse nel 1915, dopo che si sciolse nel 1871 per mano di Ulysses Grant.
A Wilson gli si diede la colpa anche di aver espanso incontrollatamente l’imperialismo americano. Gli Stati Uniti durante il suo mandato controllarono indirettamente nazioni del Centro e del Sud America, sia economicamente che militarmente. L’imposizione dello “Zio Sam” sugli stati (soprattutto Haiti e Cuba) fu oppressivo, e non di certo un evento da ‘vincitore di Nobel’.

Woodrow Wilson | Biography, Presidency, & Accomplishments | Britannica

Il premio Nobel per la pace 1978: Menachem Begin

L’ex-presidente israeliano Menachem Begin non diventò famoso di certo per essere stato un uomo di pace. E se personaggi come Albert Einstein ed Hannah Arendt confermarono tutto ciò, ci sarà sicuramente un motivo.
L’uomo che cooperò con il premier egiziano Sadat negli Accordi di Camp David del 1978, diede una valorosa impronta sionista ad una nazione ‘sbiadita’ ideologicamente. Fondatore di Likud, il partito che oggi è guidato da Benjamin Netanyahu, Begin governò Israele utilizzando una politica interventista ed economicamente populista. Durante il suo mandato avvenne l’invasione del Libano, cominciata nel 1982, al fine di cacciare l’OLP ed Arafat stesso dalla nazione. Ma questo non fu l’unico conflitto che il premier favorì.
Dopo la vittoria del premio Nobel, Begin ordinò un bombardamento ad un reattore nucleare in Iraq. La così denominata Operazione Babilonia, provocò 10 morti tra i soldati iracheni. L’ONU condannò pesantemente l’attacco, ma per il primo ministro israeliano i consensi aumentarono, soprattutto tra i sionisti di stampo conservatore. Da allora si susseguirono una serie di attacchi militari tra Israele e Palestina, andando sempre più a rimarcare le loro ostilità. Uno di questi fu il massacro di Sabra e Shatila, avvenuta nel campo profughi di Beirut. Si stima che morirono circa 3500 profughi palestinesi! Nonostante la responsabilità venne data al ministro della difesa Ariel Sharon, fonti autoritarie affermano ancora una volta il coinvolgimento di Begin.
Siamo ben lontani dal concetto di pace!

Camp David e i rapporti israelo-egiziani - Metropolitan Magazine
Accordi di Camp David. La famosa stretta di mano tra Begin (a destra) e Sadat (a sinistra). Il moderatore fu Jimmy Carter (al centro)

Il premio Nobel per la pace 1990: Michail Gorbaciov.

Può risultare strano che nella classifica entra l’uomo che portò alla dissoluzione dell’URSS e all’unificazione tedesca. Ma se guardiamo da un altra prospettiva, si nota che il leader sovietico desta ancora numerose critiche nel proprio paese! A partire dall’ex-presidente Boris Eltsin, promotore del Putsch di agosto, che lo accusò di aver radicalizzato la perestrojka a proprio favore e di rifiutare una svolta economicamente liberale. Fino agli stessi russi, che lo considerano come l’artefice delle ripercussioni economiche, conseguite dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, attraverso riforme legate alla già citata perestrojka e alla glasnost, quest’ultima volta a dare più trasparenza nelle istituzioni.
A lui si deve anche l’incoraggiamento dei moti insurrezionali, in particolare in Armenia e nell’intero Caucaso. Liberò gli indipendentisti incarcerati ed intervenne militarmente a Baku, durante lo stato di emergenza. L’intervento fu disastroso, e costarono quasi 100 morti! E inoltre non portò alla tanta voluta cessazione dei pogrom (le sommosse antireligiose).
Ed è proprio Gorbaciov che ha criticato pesantemente Vladimir Putin nel suo ultimo libro, accusandolo di tirannia e di gestione autocratico del potere nelle élite. Ormai non è più un segreto il fatto che l’ultimo presidente dell’URSS sia scomodo a molti.

 

Gorbaciov commenta i propositi di Trump per uscire dal trattato sugli euromissili - Sputnik Italia
Gorbaciov (a sinistra) che stringe la mano a Reagan (a destra) dopo la stipulazione del Trattato INF

Il premio Nobel per la pace 1991: Aung San Suu Kyi

La leader birmana è da tempo nell’occhio del ciclone per le sue posizioni neutre sulla violenza contro la minoranza musulmana dei Rohingya. Tant’è che si è attirata le critiche persino da un altro premio Nobel, la pakistana Malala Yousafzai, e da esponenti come l’attuale premier inglese Boris Johnson ed il frontman degli U2, Bono Vox. Nonostante ciò, la figura di Aung San Suu Kyi è ancora oggi ben vista in tutto il mondo occidentale. I liberali la elevano come simbolo di pace, in quanto vittima di una dittatura militare. Arrestata e successivamente messa in una condizione di semilibertà, la vicenda fece talmente tanto clamore che persino l’intervento di Papa Wojtyla servì a poco. La paladina venne liberata nel 2010 e diventò consigliere di stato nel 2016, tra la gioia dei media. Ma sembra che ultimamente, la sua ideologia pacifista si stia man mano dissolvendo, in quanto come già citato prima, Aung San Suu Kyi verrebbe indicata come responsabile delle stragi dei Rohingya. Ed il suo silenzio non è di protesta e sicuramente non le fa onore.

Aung San Suu Kyi e le parole negate sui Rohingya — L'Indro

Il premio Nobel per la pace 2009: Barack Obama

Di sicuro non è da tutti avere lo stesso carisma di Barack Obama alla guida della nazione più potente al mondo. Ma ancora non si riesce a spiegare la sua vittoria al Nobel. La motivazione sarebbe questa:

per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”

Certo che se per ‘cooperazione’ e ‘rafforzamento della diplomazia’ si intendono il mancato ritiro delle truppe americane in Iraq, o l’aumento di esse in Afghanistan, la situazione non potrebbe avere dei buoni auspici. Entrambi i punti sono stati promessi dallo stesso Obama. Promesse che poi avrebbero costruito intorno a lui una valente campagna elettorale. La sua contrarietà alla guerra iniziò però pian piano ad attenuarsi.
Il suo mandato è stato caratterizzato da un rapporto quasi morboso con gli stati europei, e da un impegno massivo sui diritti civili e sull’economia, soprattutto in ambito sanitario con l’Obamacare. A tutte queste belle cose, Obama ne contrappone altre sicuramente più controverse. Tra cui il pieno sostegno ad Israele e l’azione militare di dubbia legittimità su Libia e quasi tutto il Medio Oriente. Su quest’ultimo punto, Obama fu molto duro sia con la Siria di Assad, accusato di favorire le politiche filo-palestinesi, sia con la stessa Russia, sanzionando più volte Putin per quanto riguarda la politica di appoggio ai paesi arabi.
Inoltre il presidente americano viene criticato anche aspramente per il suo favoreggiamento alle Big-Pharma, capitalizzando sempre di più aziende farmaceutiche. E non sempre le sue attività di liberalizzazione dell’economia ha portato ad una riduzione del divario sociale. Lo stesso Obamacare lo possiamo definire come una ‘vittoria’ per le assicurazioni, nonostante lo sforzo nel cercare di rendere la sanità accessibile a tutti.

 

 

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