“How to get away with murder” ci insegna le regole del giusto processo

Una delle serie tv che più ha creato scalpore negli ultimi anni è How to get away with murder. Ogni causa è una battaglia senza esclusioni di colpi. Ma è davvero così?Ansiogeno, pieno di suspence e colpi di scena: tutto questo è la serie televisiva statunitense How to get away with murder. Indubbiamente, è uno dei prodotti migliori degli ultimi anni, tanto da conoscere un chiaro successo globale. Le vicende che riguardano omicidi, misteri e casi da risolvere sono sempre molto apprezzati, diciamocelo. Ma questo bene culturale si spinge ancora più in là, aggiungendo plot-twist del tutto imprevedibili per tutte le sei stagioni del programma. Ma siamo sicuri che un processo si svolga esattamente come ci viene mostrato?

How to get away with murder: un ritratto della giustizia americana

Sebbene non sia un’esatta immagine del sistema giudiziario statunitense, sicuramente è molto più vicino a quello, rispetto che al nostrano. Tutta la serie vede i protagonisti avvicendarsi fra le aule della facoltà di legge di un prestigioso college americano e fra quelle di tribunale. La professoressa di diritto penale, Annalise Keating, famosissima e talentuosa avvocata, prende sotto la sua ala protettrice i cinque studenti più promettenti. Oltre che superare gli esami, questi dovranno lavorare con lei, già dai primissimi tempi, a casi tutt’altro che semplici, sconfinando nei tribunali fin quasi dal primo giorno. I processi sono, ovviamente, l’elemento più bello e tipico della serie, visti i numerosi colpi di scena e la genialità delle arringhe ideate dai Keating five e dalla professoressa.

Il giusto processo in Italia

Fin dalla nostra Costituzione, il procedimento giudiziario è visto come un qualcosa di fondamentale da tutelare per vivere in un Paese veramente democratico. Dopo il ventennio fascista, dove l’amministrazione della giustizia era tutt’altro che imparziale, infatti, i nostri Padri e Madri Costituenti decidono di mettere nero su bianco come dovrebbe essere un giusto processo. Questo viene sancito dall’art.111 della Costituzione: è un contraddittorio fra due parti davanti ad un giudice terzo, imparziale e super partes, esaurito in un tempo ragionevole. Con l’ultima parte della definizione, il Belpaese ha sempre avuto problemi: notori sono i ritardi della giustizia all’italiana, per cui siamo stati ripresi (e multati) più volte dalla Corte Europea dei Diritti Umani.

Come si fa veramente un giusto processo?

La Costituzione, in realtà, riserva molti articoli a questo argomento, L’art. 24, per esempio, sancisce i diritti di azione e di difesa: ogni cittadino può agire in giudizio e la difesa deve essere sempre garantita, a ogni grado di giudizio (impugnando anche le decisioni di altri giudici). L’art. 25, invece, enuncia la garanzia del giudice naturale precostituito per legge e la legalità della pena. La presunzione d’innocenza fino a condanna definitiva è assicurata dall’art. 27. L’art. 112 ci dice, invece, quando inizia un processo: ogni qualvolta (ma non solo) il pubblico ministero (ossia il magistrato che fa le parti degli interessi dello Stato) ha notizia di reato. Il processo, inoltre, ha risoluzione triadica: le parti interessate sono, infatti tre. Da un lato, sta il cittadino, dall’altro il pm (ossia la pubblica accusa), mentre sopra di loro, a prendere una decisione imparziale, sta il giudice stabilito dalla legge.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.