Facciamoci domande, è arrivato il momento.
La violenza, in tutte le sue forme, è da sempre oggetto di climax, caratterizzazione del protagonista, happy ending rovesciati. È tutto così facile sullo schermo.
Lo stesso schema narrativo
È noto oramai a tutti gli italiani lo “schema narrativo” del fenomeno del femminicidio: la vittima è una donna in un’età compresa tra i 20 e i 35 anni, il carnefice è un maschio etero con manie di ossessione e controllo. Questo perde la testa, compie l’atto e si dichiara da subito colpevole; oppure nei casi più disperati decide di suicidarsi.
Perché uno “schema narrativo”? Ci sono i protagonisti, c’è una causa negativa, un atto violento e, in un ipotetico film, un finale che vuole racchiudere una sorta di giustizia per tutte le vittime di femminicidio.
Sono numerosi i lungometraggi in cui è presente il tema della violenza, anche sulle donne: per alcuni generi è diventato caratterizzante, come l’horror e i suoi sottogeneri più macabri. Per alcune storie è diventato motivo di denuncia della stessa tematica, come La sconosciuta (G. Tornatore – 2006), Il colore viola (S. Spielberg – 1985), oppure Monster (P. Jenkins – 2006) in cui la donna è vittima e colpevole allo stesso tempo. Per alcuni registi la violenza è addirittura un tratto spettacolarizzante e distintivo della loro arte, basti pensare ai film di Tarantino o Scorsese. Per altri registi è presente, assieme a tematiche correlate, in film che hanno svoltato la loro carriera, come nel caso di Velluto blu di Lynch. Per altre è la causa portante di una storia che racconta le epoche passate in cui la donna era presa in considerazione solo per procreare, o come un semplice oggetto di divertimento. Altre ancora è al centro di un racconto in si illustra il patriarcato con toni umoristici ma che aprono la mente dello spettatore, come nel primo film di Paola Cortellesi uscito nelle sale cinematografiche solo a fine ottobre, C’è ancora domani.
E nella realtà?
Cosa succede se queste storie, invece di essere finte, nate dalla mera creazione di uno scrittore, ci palesassero davanti? Se davvero fosse una donna vicino a noi, che sia nostra madre, nostra sorella, un’amica, una cugina, una zia, o la propria ragazza, a subire una violenza fisica o mentale, cosa succederebbe? Come ci comporteremmo? Saremmo in grado di difenderla in quanto donna? Di affrontare la situazione al suo fianco e aiutarla a denunciare? Come si fa?… I tanto amati personaggi di questi film sembra che già sappiamo come comportarsi! Digitiamo un numero d’emergenza, denunciamo alla polizia… Sarebbero queste le risposte più comuni.
Ma facciamoci un’altra domanda: perché deve succedere? Perché sempre questo schema narrativo tanto usato da scrittori e registi solo perché allo spettatore maschio etero potrebbe piacere e divertirlo. Oppure in altri casi è un buon movente per l’arco di trasformazione della protagonista.
La vera sensibilizzazione
Nonostante le dovute eccezioni di film in cui si punta alla sola sensibilizzazione del pubblico in merito al femminicidio, in questi ultimi giorni chi è riuscito a smuovere veramente il pubblico sono solo Giulia e Filippo. L’ennesima vittima e l’ennesimo “mostro”. Gli ennesimi ragazzi giovani, figli di una società patriarcale che è ancora incanalata dentro la mente dell’essere umano.
Con quanto appena letto, non si vuole svalutare un’arte dal grande potere mediatore di significanti portanti della società, tantomeno si vuole far passare registi e scrittori come “usurpatori” di una tematica forte quale la violenza in tutte le sue sfumature. Ma piuttosto, come ha portato di per sé l’ultima cronaca nera, si vuole invitare il/la lettore/lettrice a chiedersi il perché dell’evolversi di un fenomeno che sta demolendo la società, tanto da essere usato continuamente da ideatori di storie.
Perché la morte di Giulia, la centocinquesima vittima di femminicidio nell’anno corrente, ha smosso l’intera nazione? Perché doveva arrivare questo ennesimo schiaffo per sensibilizzare l’essere umano?
Parliamoci, parliamone… quella di Giulia non deve diventare un tratto da una storia vera.