Germinale: il capolavoro di Emile Zolà può dirci molto sulla attuale situazione di Amazon

Nonostante un 2019 all’insegna delle rivendicazioni sindacali Amazon non frena, presto in Italia un nuovo stabilimento in quel di Santarcangelo di Romagna.

Il motivo del divario tra occidente e resto del mondo ha un nome e un cognome: rivoluzione industriale. Fin dalla prima volta che la studiamo essa ci viene presentata in tutte le sue contraddizioni: se da un lato è innegabile quanto essa sia alla base del benessere di noi contemporanei, è altrettanto innegabile che l’industrializzazione abbia, quantomeno, aggravato il problema della disparità sociale e della questione ecologica.

Certo, dalle prime trade union ad oggi la situazione è migliorata, la condizione del lavoratore salariato si è arricchita di diverse garanzie e i moderni Welfare State spesso permettono una vita dignitosa a tutti, a chi nel 2019 parla di “borghesia” e di “proletariato” viene dato dell’anacronistico, eppure possiamo davvero dire che “i padroni” sono acqua passata?

Prima Rivoluzione Industriale

Il 2019 di Amazon

Amazon è la più importante impresa del mondo, Alcuni suoi dipendenti sono in sciopero, principalmente negli States, ma anche in Italia (nello stabilimento di Piacenza) e in Germania.

Le manifestazioni si sono spalmate lugo tutto il 2019, il picco più alto è stato certamente registrato il 15 luglio in occasione dell’inizio dei Prime Day. Molto numeroso fu il corteo di Seattle (sede legale del colosso), e a Manhattan, a pochi passi dalla residenza di Jeff Bazos, fu presentata una petizione che raccolse circa 250 mila firme.

Gli scioperanti statunitensi chiedono un adeguamento dei salari in relazione alla produttività aziendale (nel primo semestre del 2019 Amazon ha fatturato 3,2 miliardi di Euro). Gli scioperi si sono poi arricchite delle rimostranze degli impiegati extracomunitari, i quali chiedono l’interruzione dei rapporti tra la loro azienda e le agenzie governative che si occupano di individuare i clandestini.

Dicembre 2018: manifestazione del Ver.di allo stabilimento di Bad Hersfeld

La posizione dei manifestanti è chiara: il lavoro salariato è parte integrante del successo di un’impresa, e un immigrato che lavora andrebbe tutelato al pari di un lavoratore autoctono invece di essere “scovato”. Osservando questi dati è difficile sostenere che i Padroni non esistano più.

A giorni il colosso dell’E-Commerce aprirà in Italia un nuovo stabilimento: il deposito di smistamento di Santarcangelo di Romagna, della grandezza di 7700 metri, sembra essere stato accolto con moderato entusiasmo dalla cittadinanza, almeno stando alle interviste raccolte dalla stampa locale.

Naturalmente, come già accaduto a Piacenza, anche in questo caso ci troveremo davanti le contraddizioni dell’industria 4.0.

Germinale

Copertina dell’edizione Feltrinelli di Germinale

Uno delle immagini più belle riguardo gli scioperi che ci lascia la letteratura è quella di Germinale di Emile Zola. La trama del romanzo è quasi un archetipo del naturalismo: Etienne Lantier è costretto ad abbandonare il suo luogo d’origine per migrare a nord della Francia, trova lavoro come manovale nelle miniere di Montsou, lì avrà modo di confrontarsi tanto con ideali diversi dai suoi (l’anarchia) quanto con le misere condizione di vita degli operai contrapposte all’egoismo e alla miopia della classe capitalista. I minatori, fomentati dallo stesso Etienne entreranno in sciopero, uno sciopero destinato ad inasprirsi in quanto la compagnia mineraria rifiuterà ogni trattativa, interverrà l’esercito francese e lo sciopero sarà sedato nel sangue, gli operai torneranno a lavoro per morire durante un sabotaggio da parte dell’anarchico Souvarine.

In questo breve brano vediamo riassunte le condizioni dei minatori:

Eh già, – ammetteva Maheu, – certo che se si avesse più denaro si abiterebbe più allargo! Comunque, è ben vero che vivere pigiati come salacche non giova a nessuno. Si sa come va a finire: uomini bevuti e ragazze gravide. Prendendo lo spunto di qui, ciascuno diceva la sua; e nel tanfo di petrolio che appestava la stanza, già ammorbata da quello di soffritto, la conversazione si protraeva. No, ben certo, non era allegro vivere. Si faticava come bruti in un lavoro al quale un tempo condannavano i galeotti; vi si lasciava spesso la pelle prima della nostra ora; e tutto questo per non rimediare neanche un po’ di lesso a cena. Certo, come i polli il becchime,lo stretto necessario per far tacere la fame si aveva; si mangiava, ma appena quel tanto che permetteva di stare in vita e di seguitare a patire; o carichi di debiti, perseguitati dai creditori quasiché il pane si rubasse. Quando arrivava la domenica, si era così stracchi che si passava il tempo a dormire. I soli piaceri che restavano, quello di sborniarsi e d’ingravidare la moglie. Per di più la birra ti fa metter pancia e la pancia ti fa mancar di rispetto dai figli. Ah no; in quelle condizioni vivere non era per nulla allegro.

Qui possiamo invece notare il confronto tra il protagonista del romanzo e l’anarchico Souvarine:

Smanioso di istruirsi, di comprendere quel culto della distruzione sul quale il russo non lasciava cadere che qualche vaga frase quasi volesse tener per sé il segreto, Stefano pendeva ora dalle sue labbra. – Ma insomma spiegami… Quale scopo vi proponete?– La distruzione di tutto… Non più nazioni, non più governi, non più proprietà, non più Dio, non più culto.– Sì, capisco… Soltanto a che vi porterà questo?– Alla comunità primitiva, informe; a un mondo nuovo, al ricominciamento di tutto.– E i mezzi? Come contate di arrivare a questa distruzione integrale?– Col fuoco, col veleno, col pugnale. Il brigante è il vero eroe, il vendicatore del popolo,il rivoluzionario in atto, che non sa di frasi attinte nei libri. Occorre che una serie di spaventosi attentati atterrisca i potenti e svegli il popolo. Parlando, il viso di Souvarine diventava spaventoso; gli occhi chiari s’accendevano d’un ardore mistico, le mani femminee si contraevano sull’orlo del tavolo quasi volessero spezzarlo; una specie di estasi pareva sollevarlo dalla sedia. Sconcertato, l’altro lo guardava; e il pensiero gli andava alle rade confidenze che il russo gli aveva fatto: di mine caricate sotto il palazzo dello zar, di capi di polizia scannati come cinghiali; d’una compagna di fede, la sola donna che Souvarine avesse amato, impiccata a Mosca un mattino di pioggia, mentre, perduto nella folla, lui le inviava l’ultimo saluto. Scartando da sé tutte quelle visioni atroci: – No, no! – Stefano protestò. – Non s’era ancora arrivati a questo, da noi! L’assassinio, l’incendio, no, no! È iniquo, è mostruoso. Da noi tutti insorgerebbero e farebbero giustizia sommaria del colpevole!E poi lui seguitava a non capire; contro l’abominevole proposito di sterminare l’umanità alla radice, come si falcia raso terra un campo di segale, tutto in lui si ribellava. E dopo? Che si farebbe, dopo? Da un simile salasso come risorgerebbe l’umanità? – Spiegami meglio! Qual è il vostro programma? Per metterci in cammino noi francesi abbiamo bisogno di conoscere la meta. L’altro, senza uscire dalla sua trasognata impassibilità: – Tutti i ragionamenti sono cri-minali, perché impediscono la distruzione pura e semplice e ostacolano la marcia della rivoluzione.

I padroni esistono ancora?

Le condizioni dei salariati del 2019 sono certamente diverse rispetto a quelle descritte da Zola, e l’autore nella sua visione dell’anarchia sembra voler suggerire – per quanto un romanziere naturalista possa “suggerire” – una condanna dei metodi “anti-sistema”. La domanda è, a questo punto: possiamo dire che ad un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita dei salariati corrisponda un altrettanto miglioramento negli ideali? Gli operai non lavorano più 15 ore al giorno, ma la borghesia ha smesso di essere miope?

Fabio Cirillo

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