Gender Gap: dal pensiero di De Beauvoir all’Agente Carter, eroina della Marvel

Gender Gap: per quanto oggi si voglia essere poliglotta e globalizzato, ancora non si comprende la realtà che c’è dietro questo concetto. Il gender gap costituisce tutte le differenze riscontrate a livello economico, lavorativo e di accesso all’istruzione che separa e diversifica l’uomo dalla donna. Si nota facilmente una penalizzazione per le donne rispetto agli uomini. Come mai la società è ancora ancorata a stereotipi e modelli culturali femminili che ormai non rispecchiano più la realtà attuale. Quando è stata davvero introdotta la questione del genere.

Oxfam ci racconta la povertà lavorativa delle donne

Il movimento globale Oxfam ha pubblicato nel mese di Settembre un documento che denuncia le condizioni di disparità per le donne nel mondo del lavoro. Il report dichiara che le donne sono vittime di un lavoro meno retribuito rispetto agli uomini nonostante le giornate lavorative siano le stesse. Sono più esposte, ma non intenzionalmente, a lavori precari o part-time. Le professioni occupate spesso non rispecchiano le loro capacità professionali o le qualifiche ottenute, in Italia la stima è di 1 su 4. Sempre in Italia si  riscontra uno dei tassi di occupazione femminile peggiori d’Europa.

Oxfam riporta dei dati raccolti nel 2017, che dichiarano che 1 donna su 2 non aveva lavoro, meno del 50% delle donne tra i 15 e i 64 anni aveva un’occupazione. Inoltre più del 10% delle donne occupate era a rischio di povertà, ovvero donne che pur lavorando vivono in un nucleo familiare con un reddito disponibile al di sotto della soglia del rischio povertà. Addirittura l’Italia si è posizionata al 118esimo posto su 142 Paesi nel Global Gender Gap Index, che realizza ogni anno un quadro che mostra l’ampiezza e la portata del divario di genere in tutto il mondo. A causa della mole di lavoro domestico e della cura che dedicano ai propri figli quasi il 70% delle donne è costretta ad accettare un lavoro part-time.Reggiseni assortiti stesi su un filo in mezzo alle colline

Queste condizioni gettano le donne in una situazione di stress che condiziona sia la loro vita privata che la loro carriera. Non si vuole dire che gli uomini non soffrano degli stessi problemi o che non abbiano il peso della famiglia sulle spalle, ma che gli uomini sono più agiati e meno penalizzati. Ad esempio durante i colloqui di lavoro è sovente che alle donne, venga fatto la fatidica domanda “vorrai avere dei figli?”, quasi fosse considerato uno svantaggio. La colpa è anche dei governi che non incentivano l’assunzione di donne giovani e non fornisce l’adeguato aiuto alle famiglie.

Quando è nato il problema del genere?

Durante gli anni ’70 si è sviluppato il femminismo di seconda generazione: un femminismo rinnovato rispetto a quello delle così dette suffragette. L’intenzione è di riconoscere un’uguaglianza molto più sostanziale e profonda tra uomini e donne. Il punto di partenza è che uomini e donne abbiano una stessa natura e che alla nascita la differenza sia solo anatomica. Le caratteristiche che si declinano nel novero della femminilità e maschilità sono differenze di genere, influenzate dalla società e dall’istruzione. Per tali motivi si parla di sesso e genere. Simbolo femminile con scritto sopra "mind the gap"

Simone De Beauvoir, filosofa del XX secolo, tratta nel suo libro “Il secondo sesso” della questione del “sex and gender”. Lei afferma che la donna si deve alienare da quei attributi secolarizzati. Le donne hanno di fatto raggiunto il pieno inserimento nella società, ma bisogna che la donna scenda nella sfera individuale e approfondisca la conoscenza di se stessa. Le donne devono ora raggiungere, per De Beauvoir, la stessa libertà degli uomini di poter fiorire e per farlo è necessario decostruire la struttura discriminatoria della società patriarcale.

La cura da parte delle donne

Nella società patriarcale, per lo meno fino al XX secolo e forse ancora oggi, è insita l’idea che le donne abbiano l’inclinazione a prendersi cura delle persone non autosufficienti, perciò c’è ancora oggi la supposizione che vogliano stare a casa ad accudire i propri figli.

Eva Feder Kittay, filosofa statunitense, nel suo libro “La cura dell’amore”,  analizza il problema della dipendenza, o meglio dell’interdipendenza sociale, passando per temi femministi. La tradizione occidentale non ha posto un’adeguata attenzione al problema della dipendenza e non solo per le persone diversamente dotate, ma per tutte gli esseri umani, in quanto sia all’inizio della vita umana che alla fine si ha bisogno dell’aiuto di altre persone per vivere. Ciò è dovuto alla persistenza dello stereotipo che ci siano delle donne che hanno la possibilità, o meglio l’attitudine a prendersi cura di coloro che non sono autosufficienti. La cecità di fronte a questo problema implica non vedere nemmeno la mole di lavoro che c’è dietro alla cura. Ed è così che si ricade nel circolo vizioso del lavoro delle donne non retribuito e della loro marginalizzazione.

Le eroine della Marvel che rispecchiano il gender gap

Oramai con Netflix e siti simili siamo inondati di serie televisive. Non ci si accorge a volte di quanto anche le più fantasiose possano riprodurre un fatto attuale. Ne è esempio la serie televisiva statunitense Agent Carter, basata sull’omonimo cortometraggio dei Marvel Studios. Hayley Atwell veste i panni dell’agente Carter, un’agente di un’organizzazione spionistica ed antiterroristica chiamata SSR (Strategic Scientific Reserve). La serie è ambientata dopo la Seconda Guerra Mondiale, alla quale la protagonista aveva partecipato grazie alle sue doti strategiche e di combattimento. Ciononostante nel dopoguerra venne messa da parte perché considerata una donna, le sue mansioni vennero ridimensionate ad attività di ufficio ed i suoi colleghi si rivolgevano a lei sempre o con troppa delicatezza o con tono di derisione. Alla fine riesce a condurre un’indagine molto importante per l’organizzazione senza l’aiuto dei suo colleghi e riceve i ringraziamenti meritati.Copertina della serie tv Agent Carter

Sebbene la seria si ispiri a dei fumetti ed abbia un lieto fine, racconta la realtà che subiscono le donne tutt’ora. Le donne, per quanto emancipato sia il nostro mondo, ancora si trovano discriminate, seppur velatamente. Le donne si sentono ancora con il peso sulle spalle di dover dimostrare qualcosa, a loro stesse innanzitutto e poi ai datori di lavoro ed alla società in generale.

Barbara Butucea

 

 

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