Franco Arminio: un inno alla semplicità pura. L’importanza di ricercare la poesia nel mondo

E’ ancora possibile, nella nostra realtà tecnologica, parlare di poesia? Come e dove trovarla tramite gli insegnamenti di Franco Arminio.

Copertina di “Resteranno i canti” di Franco Arminio

“Siamo ancora capaci di guardare il mondo? Possiamo ancora emozionarci, meravigliarci davanti alla bellezza del mondo? Forse sì, forse accade ancora, ma sono accadimenti brevi, fugacissimi. È che siamo storditi. Anche la giornata più ordinaria porta con sé troppe cose. In un giorno incontriamo tante persone, gli incontri in rete comunque sono incontri e le parole sono parole e le emozioni sono emozioni: è tutto vero e tutto falso ed è tutto un ronzio che ci sfinisce.” (Franco Arminio, “Il mondo è diventato una nuvola” estratto dal blog “Comunità provvisorie”)

Franco Arminio e la sua poetica sensibile

“Lo sappiamo che esistono

persone che se parli di tramonti

e lune e fili d’erba e morti e case chiuse

pensano che sei un nostalgico

e pure astratto e poco politico.

Queste persone spesso immaginano

di essere estreme e di sinistra

e di essere pure dalla parte dei deboli

e della correttezza.

Hanno ragione, la poesia non è corretta,

la poesia non è di sinistra

e non deve difendere nessuno,

la poesia cade nel mondo da un altro mondo

e se non vi interessa non c’è problema,

ignoratela,

tanto voi sapete già tante cose

e siete sulla retta via,

non vi serve leggere negli occhi delle vacche

nei respiri delle formiche.

La poesia pensatela narcisa,

pensatela presuntuosa,

pensatela come volete.

Ci sono gli alberi, ci sono i morti,

ci sono gli abbracci,

c’è ancora qualcosa

per cui è bello vivere.

Io vivo per tutto quello che vi sfugge.” (Franco Arminio)

Leggere Franco Arminio è un po’ come entrare nel proprio corpo, farsi una passeggiata al suo interno, scorgerci difetti, brutture, storture ma anche forme armoniose e poi, semplicemente meravigliarsene. Le sue parole sono semplici, si potrebbero definire parole “fluide”: scorrono lentamente nell’anima, adattandosi al corpo e insinuandosi tra le pieghe di sentimenti discordi per arginarli e proteggerli. Franco Arminio è un’anima che si attacca alle cose, si attacca alle circostanze: al profumo di una pianta posta sul davanzale di una finestra che lo investe mentre sta camminando distrattamente per le vie di un paesino, allo sguardo di una donna anziana seduta su una sedia dinanzi al portone di casa sua intenta a cucire o a dialogare animatamente con le sue amiche; egli è un animo che si aggrappa alle urla di bambini che giocano per le strade a pallone, alla voce flebile di una donna e a quella rauca di un uomo che rincasa dopo una giornata di lavoro; si ancora all’aridità e alla magnifica floridezza della terra, al sapore delle stagioni e del tempo. E’ sensibilità che cammina, parla e interagisce con l’immensa totalità del reale. La poesia di Franco Arminio scaturisce dal tepore di un’intimità fremente e da un bisogno corporeo impellente che scalpita, vuole emergere e gridare a pieni polmoni: è una poesia viva, cruda, pregna di odori e sapori reali, concreti e caldi, mai intorpidita e sempre tremante ed energica. Egli scrive per sé, per placare un dolore che soffre dentro il suo corpo, scrive per scavare dentro i suoi mali, come un chirurgo opera il proprio paziente per non lasciare che il marcio si espanda nel suo corpo.

Franco Arminio

La “paesologia” di Franco Arminio

Al di là della comune definizione di poeta che solitamente viene collegata alla figura di Franco Arminio egli è, più profondamente, un “paesologo”. Chi è il paesologo? E’ colui che presta un’attenzione scrupolosa ai luoghi, alla loro conformazione per studiarli e cercare di comprendere coloro che ci vivono: espressione diretta di un terreno, figli delle piante, generati dalla robustezza delle pietre e dalla vanità della polvere. I luoghi sono sovente dimenticati, lasciati decadere come se non appartenessero a nessuno ma fossero entità autonome, preesistenti e indipendenti dalla propria comunità e, con loro, si dissolve la consapevolezza individuale di appartenere a qualcosa e di essere qualcosa. Spariscono le persone, scompare la loro identità e tutta l’esistenza penetra in una bizzarra nuvola grigia che non permette più di riconoscere le cose in maniera nitida: tutto è annebbiato, confuso, tutto è pervaso da un alone di scontentezza e di futile vanità. La missione di Franco Arminio è proprio quella di stroncare gli uomini dalla loro grigia sterilità e di ricondurli su un percorso tracciato da tenere e calde debolezze umane, fragilità che si stracciano per lasciar intravedere sprazzi indistinti di luce e purezza, barlumi di una speranza ardente che ha bisogno di essere coltivata, continuamente curata con la meraviglia e con l’ausilio della poesia: una medicina per l’anima, un argine nel quale ci si può rintanare per sentirsi compresi e protetti dalla vaga foschia che abbraccia le figure umane.

Percezione della poesia nel mondo moderno

Qual è, concretamente, l’impatto che ha la poesia nell’odierna società moderna sottomessa all’incanto di una tecnologia fredda e distaccata? In un’atmosfera così arsa ci si chiede se è ancora possibile far sopravvivere la delicata arte della poesia, simile ad una ginestra: fiore resiliente alle intemperie e all’asprezza di un mondo brullo, oscuro e spesso rigido. A proposito dell’opinione di Franco Arminio sulla scomparsa dei luoghi e alla conseguente sparizione delle individualità è rimarcabile il fatto che si è completamente indebolito il dibattito sociale fra gli uomini, conseguentemente vi è una progressiva svalutazione dell’interiorità individuale che si trasforma in piattume, qualcosa di avvizzito come un fiore secco destinato a morire. La poesia è pressoché divenuta un’arte concettuale: opera che si osserva e basta, che lascia una lieve sensazione effimera senza colpire nel profondo: entità fredda che non penetra ma che procura solo un debole stupore. L’arte, oggigiorno, è comunicata tramite i canali più disparati, tuttavia questo sovraffollamento di comunicazione non viene sempre recepito in modo produttivo: vi è, infatti, il rischio incombente che la cultura diventi un’immensa statua di ghiaccio da osservare con ammirazione poco sorpresa e basta. L’arte, la poesia, invece, dovrebbero essere la base di una forte cultura di riflessione che conducono l’uomo ad indagare dentro di sé, a scoprirsi vulnerabile, fluido e vivo: ricco di piccole luci sparse per tutto il corpo che si accendono ogni qual volta la sua anima si scontra con l’incanto. La poesia serve a ricordarci che siamo fatti di carne, di sangue, siamo calore: siamo mossi da piccoli fuochi che vorticano alla ricerca di qualcosa, siamo entità scintillanti con menti variopinte e creative. La poesia ci ricorda da quale terra proveniamo, ci riporta alla mente gli sguardi, gli odori, i sapori che ci hanno forgiato, le sensazioni che si sono attaccate sulla nostra pelle come grosse conchiglie agli scogli. La poesia ci richiama alla memoria la nostra essenza, la verità che ci appartiene e, soprattutto ci rammenta che nonostante le difformità dell’universo possiamo sfuggire dalla superficialità che regna incondizionata per ritrovare la capacità di meravigliarsi davanti ad un fiore che sboccia, dinanzi al pianto di un bambino appena nato, alla luce di un tramonto che scompare dietro le colline e al sorgere lento e incantevole di un nuovo mattino.

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