Durante “Il verde e blu Festival” svoltosi a Milano il 25 settembre, Assoambiente ha presentano un dossier con dati allarmanti sulla situazione dei rifiuti in Italia: quanto siamo lontani dalla piena realizzazione di una corretta e funzionale Economia Circolare?
Tutti ne parlano, ma pochi si applicano davvero nella buona riuscita. Alcuni forse non sanno neanche bene di cosa si tratti: cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sull’Economia Circolare e su come dovrebbe funzionare
Cos’è l’Economia Circolare
In tempi moderni una delle più innovative e funzionali soluzioni che sono state ideate per contrastare il degrado ambientale e il collasso dell’economia è la cosiddetta “Green Economy”, un modello economico che ha l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale mediante tecniche per lo sviluppo sostenibile, come le energie rinnovabili e il riciclaggio di materiali. È qui che si colloca l’Economia Circolare, quella parte della Green Economy dedicata alla gestione sostenibile delle risorse, dove il rifiuto può e deve diventare risorsa.
Alla base del concetto di economia circolare c’è dunque l’idea che ciò che produciamo come rifiuto (organico, tecnologico, industriale, urbano ecc..), invece di essere smaltito come tale nelle discariche ormai stracolme, possa essere recuperato per dargli una nuova vita. Il modello si presenta circolare proprio perché illustra bene l’idea dell’auto-rigenerazione, ovvero che un oggetto prodotto, usato e consumato, ritorna ad essere un oggetto nuovo che verrà riutilizzato e riconsumato, potenzialmente, all’infinito. Questo schema è ovviamente in contrasto con il solito schema lineare a cui siamo abituati, ovvero che un oggetto prodotto da risorse nuove, una volta usato diventa inevitabilmente rifiuto non più utilizzabile. È una convinzione che ci ha accompagnato in tutti questi anni, ma che non è assolutamente più gestibile, sia perché le risorse sono sempre meno disponibili, sia perché la produzione di rifiuti, al contrario, è aumentata oltre qualsiasi limite. E allora, per prendere due piccioni con una fava, perché non risolvere entrambe le problematiche facendo diventare i rifiuti una risorsa?
Realizzazione dell’economia circolare: il caso italiano
L’idea è rivoluzionaria e a livello mondiale risolverebbe problematiche di estrema importanza, a cominciare dallo smaltimento di rifiuti e dalla riduzione dell’impatto che abbiamo sugli ecosistemi. L’idea è semplice, ma la realizzazione un po’ meno. Non basta prendere qualsiasi tipo di rifiuto e riutilizzarlo, perché deve essere già a monte prodotto e pensato per il riutilizzo: questo prevede dunque che si debbano rivedere tutte le varie fasi del ciclo produttivo, compresa la progettazione e il consumo, che siano in grado di evitare il più possibile gli impatti, adottando un approccio ecosistemico.
L’Italia purtroppo ancora non vede un piano regolamentato e funzionale perché i costi per iniziare questo investimento solo elevati e manca una politica industriale che supporti la realizzazione di impianti. Nonostante diversi successi (e insuccessi) nei progetti di raccolta differenziata dei rifiuti, e qualche tentativo di messa al bando di prodotti usa e getta, iniziative comunque di provenienza e imposizione europea, l’economia circolare vera e propria è davvero lontana dalla realizzazione.
Il dossier presentato da Assoambiente a Milano, realizzato dal Laboratorio Ref ricerche, mostra una drammatica situazione in peggioramento: nell’ultimo anno e mezzo la produzione di rifiuti urbani è aumentata del +2% (+600mila ton) e sono invece diminuiti gli impianti di gestone e smaltimento anche per rifiuti speciali, costringendo un aumento dell’export internazionale di oltre +30% di rifiuti urbani, e +14% di rifiuti speciali. L’aumento dei costi di smaltimento totale è del +40%.
È dunque evidente la necessità di un Piano nazionale di gestione di rifiuti che possa basarsi sulle nascenti direttive europee, una delle quali recepita in questi ultimi mesi. Le direttive UE per l’economia circolare, che hanno un costo per l’Italia stimato di 10 milioni di euro, prevedono che si debbano riciclare il 65% dei rifiuti entro il 2035, l’80% dei quali proveniente da raccolta differenziata (ad oggi siamo al 45%) mentre solo il 10% dovrà riempire le discariche. E il restante 25%? Da utilizzare per la produzione di energie: in che senso?
Prospettive sostenibili: il rifiuto come risorsa energetica
Una delle più grandi preoccupazioni dello sviluppo sostenibile è la produzione di energia, ancora molto impattante. All’interno di un panorama devastante quale quello ambientale, è diventato ormai chiaro quanto sia importante procedere verso una svolta sostenibile per poter continuare a far sì che questo pianeta continui a offrirci i servizi di cui noi abbiamo bisogno, prima di evitare un totale collasso dell’economia e prima di venire sommersi, se possibile, dai nostri stessi rifiuti.
L’utilizzo dei rifiuti come fonte di energia (al posto dei combustibili fossili, per esempio) potrebbe essere una grande svolta ambientale ed economica, perché ridurrebbe la mole di scarti agricoli/organici e abbatterebbe i costi non solo dello smaltimento dei rifiuti stessi, ma anche i costi della produzione di energia negli impianti industriali. Chi sceglie di adottare la valorizzazione energetica delle biomasse di scarto, decide, in pratica, di produrre da sé la propria energia utilizzando i suoi stessi rifiuti. Per fare questo serve un impianto chiamato Digestore Anaerobico nel quale la sostanza di scarto organica (letame, scarti agricoli, scarti caseari ecc..) viene “digerita” da comunità microbiche di decompositori anaerobi che trasforma le biomasse organiche in Biogas (energia), prevalentemente sottoforma di metano.
Le potenzialità sono altissime e il settore dei digestori è in crescente avanzamento, anche se i costi di costruzioni di questi impianti è ancora elevato e il funzionamento non è ancora ottimale perché c’è bisogno di perfezionare ancora la conoscenza ecologica dei microrganismi per sfruttare al meglio il loro potenziale. Nonostante ciò, diversi privati hanno già adottato questo sistema, che non solo alleggerisce i costi generali, ma valorizza l’utilizzo di tecniche che hanno un bassissimo impatto ambientale, cogliendo a pieno lo spirito dell’Economia Circolare.