Ecco come Elivis e Martin Luther King ci hanno insegnato a sognare

In un’America divisa, un giovane del Mississippi e un pastore della Georgia hanno ricordato al mondo che, nonostante tutto, la forza di reagire si trova in ognuno di noi e si costruisce su una tanto semplice quanto non tanto banale attività: sognare.

Attraverso il brano di Elvis “If i can dream” e il celebre discorso di Martin Luther King, vediamo in che modo sia stata restituita la speranza a chi, ormai, non l’aveva più.

GLI USA NEGLI ANNI SESSANTA

Il fatto che gli Stati Uniti siano la Nazione dei paradossi non è una novità: parlano di pace per poi bombardare, parlano di amore per poi uccidere, parlano di uguaglianza per poi dividere. Tutti questi termini assieme ai loro contrari, hanno dato vita nel tempo ad un cocktail letale che ha sempre più alimentato l’ego dei cittadini americani che hanno avvertito l’urgenza di combattere contro un nemico interno, diverso da loro solo per un motivo: il colore della pelle. Si perchè alla base dell’odio razziale che ha dominato gli Stati Uniti fin oltre gli anni Sessanta, vigeva un’ideologia di superiorità bianca che ha portato alla classificazione dei cittadini (ugualmente americani) in alcuni di serie A ed altri di serie Z. Gli anni Sessanta sono il punto di svolta. Dalla capitale Washington si inizia a respirare un vento di novità, soffiato da Martin Luther King che ha consegnato agli americani la propria voce e quella dei suoi fratelli, sotto il segno di amore, uguaglianza e sogni.

ELVIS PRESLEY

Nato forse da una stella che già portava il suo nome, Elvis Presley è stato il primo “bianco” a parlare la lingua del rock in un modo così incredibilmente travolgente e innovativo, da rendere impossibile distogliere lo sguardo da quel giovane predestinato. Come molti ha iniziato a muovere i primi passi nella musica cantando per un coro gospel, esperienza che influenzerà molto il suo stile successivo, anche se il vero motore della sua arte era un altro. Data la bassa condizione economica della sua famiglia, Elvis visse nei pressi del quartiere nero di Tupelo, che divenne un suo grande punto di riferimento: fu proprio lì che entrò in contatto con il blues e rock, costruendo la propria arte sul modello di coloro che, purtroppo, non potevano farlo. Chi lo avrebbe mai detto che il mito degli americani alle prese con l’odio razziale, fosse proprio un giovane cresciuto assieme ai “diversi”. Eppure dietro a quel bel viso si nascondeva un mondo, il suo mondo, fatto sì di lustrini e gel per capelli, ma anche speranza, ideali e un sogno che ha sempre sperato potesse divenire realtà.

YES, YOU CAN DREAM

Cosa hanno in comune un pastore di Atlanta e il re del rock? Un sogno , un sogno di pace, di amore e fratellanza. Entrambi, seppur attraverso canali differenti, si sono fatti portavoce di un messaggio di speranza che certamente era ispirato dalla terribile condizione che erano costretti a vivere gli afroamericani, ma che si può applicare a tutti i campi dell’essere. La straordinaria potenza delle loro parole è frutto di due anime che hanno scelto la pace fino alla fine, portatrici di un messaggio che si costruisce sulla non violenza e la vicinanza umana, rivolgendosi al popolo indossandone gli abiti. È in questo modo che in un’America devastata dal dramma della guerra del Vietnam, si innalza un grido di libertà e fratellanza destinato a lasciare nella storia e nelle menti di tutti un’importante lezione: la bellezza di poter sognare. Con questo semplice ed apparentemente banale termine, per la prima volta le persone di ogni razza, lingua e sesso si sono trovate ad essere insieme, ugualmente parte di un abbraccio che si è fatto universale.

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