E tu che animale sei? Platone, Aristotele e Beastars ci insegnano l’importanza dell’istinto

L’istinto è la fervida bestia in attesa dentro di noi, le cui zanne e artigli sono pronte a dilaniare la nostra indifesa ragione.

 

Beastars ci fa comprendere come il nostro essere sia un io continuamente sospeso tra istinto e ragione, bestialità e intelletto. Con l’aiuto di Platone e Aristotele, esperti esploratori dell’animo umano, si approfondirà questo argomento.

Un lupo travestito da agnello

Il mondo di Beastars è tanto folle quanto simile al nostro. Il realismo sociale si fonde con un mondo sopra le righe, dove il surreale diventa normalità. Gli animali, divisi per natura tra carnivori ed erbivori, hanno plasmato una società simile alla nostra, vivendo apparentemente in armonia tra loro. Il protagonista, Legoshi, è un giovane lupo timido e introverso, abituato a nascondere la sua natura di predatore per essere accettato dagli altri. Il suo istinto è totalmente schiacciato da una ragione che lo sovrasta con un apatico comando, indifferente a emozioni ed esigenze della parte più animale di Legoshi. Tuttavia, tutto cambierà. L’assassinio di un erbivoro, avvenuto alla sua scuola, scatenerà una serie di eventi che metteranno in dubbio l’autocontrollo di Legoshi, e la stabilità sociale che si pensava il mondo animale avesse ottenuto. Razzismo e cattiveria cominciano a dilagare, aumentando sempre di più la tensione tra carnivori ed erbivori. Non resta che mostrare le zanne, o sottomettersi agli eventi! Cosa sceglierà Legoshi?

L’anima, campo di battaglia

”La forza è il diritto delle bestie”   Cicerone

Legoshi è una bestia, e tuttavia la sua ragione riesce a sopprimere i suoi istinti più voraci. Malgrado ciò, nel giovane si causano forti turbamenti.I suoi istinti infatti, sono sempre in agguato, in attesa di tranciare le sbarre erette dalla sua mente. In diversi momenti presenti nella serie, essi prenderanno il sopravvento, talvolta per aiutare, e talvolta per ostacolare Legoshi. Questa divisione tra razionalità e animalità era già presente nella filosofia degli antichi, in particolare in Platone e Aristotele. Questa incrinatura dell’anima, divisa, e fautrice di un eterna battaglia interiore, non rappresentava per essi soltanto una limitazione, ma anche un eccezionale potenziale. Se in ognuno di noi è in atto una battaglia, essa darà ogni volta esiti diversi, facendo così emergere la nostra soggettività e individualità. La nostra società, basata sulle nostre competenze soggettive, è così eretta sulla nostra diversità. Tuttavia, ci sono alcune volte in cui la battaglia interiore ha esiti tremendamente spiacevoli, e antisociali. Se l’istinto annienta completamente la ragione, annichilendo il nostro intelletto, potrebbe dare origine ad un mostro, il cui bestiale asservimento agli istinti più reconditi del nostro io diverrebbe la causa di comportamenti fortemente antisociali, per non dire sanguinari.

Allo stesso modo però, la battaglia può avere esiti molto positivi. Essi non consistono nell’annientamento totale degli istinti, come penserebbe Legoshi, perché essi sono parte integrante della nostra natura. Se ingabbiati, come animali in cattività, diventerebbero ancora più feroci e bestiali, per poi scatenarsi in vortici incontrollabili, una volta liberati. Il vero esito positivo della battaglia, sarebbe una durevole pace, data solo dall’accettamento reciproco. Istinto e ragione non sono altro che parti del tutto, tasselli della nostra personalità. Essi trovano il loro vero potenziale solo nell’equilibrio, dove nessuno prevale, e ognuno esegue il suo compito.

 

 

L’ira, lo slancio bestiale

”Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile.” Aristotele

L’ira diviene per Aristotele il testimone di ciò che la ragione e l’istinto possono creare assieme. Essa può essere giusta, oppure sbagliata. Se governata totalmente dalla bestialità, può diventare una mina vagante senza scopo ne obbiettivo, apparte quello di danneggiare l’altro. Tuttavia, la ragione può indirizzarla verso il giusto fine. Come una freccia che ha bisogno di un’abile arciere, per essere scagliata fino al bersaglio. Ma qual’è il bersaglio giusto? Per Aristotele è chiaro.L’ira diviene il simbolo dell’ingiustizia, e il risolutore di qualsiasi sua manifestazione. L’ira giusta diviene il risultato dell’istinto e la ragione, uniti per punire l’ingiusto. Per Legoshi, l’ira diviene il primo segnale di un equilibrio ritrovato. Si manifesta in lui di fronte a delle ingiustizie, permettendogli di capire l’importanza dell’istinto e della ragione, se unite sotto un unico scopo. Sarà questo il primo segnale di ciò che Legoshi potrà diventare: il campione di ciò che è giusto, posto nel mezzo tra carnivori ed erbivori, mediatore tra bestialità e docilità, tra individualità e branco, protettore dell’equilibrio.

 

 

 

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