E se vivere nel passato non fosse poi così sbagliato? Ecco che ne pensano Márai e Nietzsche

Le braci di Sándor Márai e La gaia scienza di Friedrich Nietzsche sono antitesi dello stesso pensiero: quale valore attribuire al passato?

”Rinnovamento” è la parola che meglio descrive la nostra attualità, ma è necessario dare importanza al nostro trascorso. La società infatti è multiforme, composta da persone disposte a cambiare e persone troppo stanche e disilluse che non ne hanno la minima intenzione: la convivenza di queste due correnti, e non la prevaricazione dell’una sull’altra, è la soluzione migliore per uno stato democratico. La lettura ci permette di focalizzare i diversi punti di vista e di immedesimarci nell’altro, ovunque esso stia.

Le braci o il romanzo mitteleuropeo

Sándor Márai (1900-1989) è stato uno scrittore ungherese naturalizzato statunitense, tra i più controversi ed affascinanti che hanno caratterizzato l’antico ambiente culturale della Mitteleuropa, l’Europa dell’ex Impero Asburgico, dalla fine del suddetto fino alla caduta dell’Unione Sovietica. 

Le braci è uno dei romanzi che lo hanno reso famoso nel panorama internazionale: edito nel 1942, descrive con violenta delicatezza lo sfarzo e il declino dell’Impero Austro-Ungarico attraverso gli occhi di due amici legati dalle tradizioni del loro Paese e dell’amore profondo per una donna. 

“Il mondo è di nuovo in fiamme, gli esseri umani periscono a milioni, ma in questo mondo impazzito tu, che vieni dalla sponda opposta, sei riuscito a trovare la strada che ti ha riportato in patria per sistemare con me tutto quello che non siamo stati capaci di risolvere quarantun anni fa. […] può darsi che le forme di vita che ci hanno trasmesso i nostri genitori, e questa casa, questa cena, persino le parole con cui discutiamo stasera delle questioni più importanti appartengano tutte al passato. C’è troppa tensione nel cuore degli uomini, troppa animosità, troppa sete di vendetta. Guardiamo in fondo ai nostri cuori: che cosa ci troviamo? Una passione che il tempo ha soltanto attutito senza estinguerne le braci”.

Dopo quasi cinquant’anni, Konrad ritorna nella casa dell’amico d’infanzia Henrik: questi lo ha aspettato serbando un rancore ininterrotto mentre il mondo, che i due avevano conosciuto e per i quali avevano giurato fedeltà, moriva lentamente e inesorabilmente. L’incontro tra i due diventa un’occasione per Henrik di ricordare il passato e di legittimarsi la sua condotta, che sa essere nel profondo completamente avulsa dalla dimensione della vita. Entrambi infatti, in modi diversi, non riescono a lasciar andare il travagliato e luccicante passato che gli ha visti amare e vivere insieme: la scelta è quella di reprimere l’evidenza della realtà per continuare a vivere nel sogno, nella vendetta e nella rivalsa di un tempo che non tornerà mai più.

La gaia scienza o l’opera filosofica del secolo

“Aforisma 359: La vendetta sullo spirito e altri sfondi della morale – La morale… dove mai credete che abbia i suoi avvocati più pericolosi e maliziosi?… Ecco là un uomo fallito, che non possiede spirito abbastanza per rallegrarsi di quello che ha, e ha avuto proprio quel tanto d’educazione che gli serve per saperlo; è un annoiato, un disgustato, un disprezzatore di se stesso – per colmo di disgrazia un piccolo patrimonio ereditario lo ha privato dell’ultimo conforto, la «benedizione del lavoro», l’oblio di sé nel «compito quotidiano»; un essere che in fondo si vergogna della sua esistenza – forse cela per giunta qualche viziarello – e d’altra parte non può fare a meno di corrompersi sempre più e di diventar sempre più vanitoso e irritabile per opera di libri, sui quali non ha nessun diritto, o di compagnie troppo intelligenti per il suo cervello: un tal uomo avvelenato fino alle midolla – poiché per un tal fallito l’intelligenza diventa veleno, la cultura veleno, la proprietà veleno, la solitudine veleno – cade finalmente in uno stato abituale di vendetta, di volontà di vendetta… E di che cosa credete che abbia bisogno, assoluto bisogno per darsi un’apparenza di superiorità sugli uomini più intelligenti di lui, per crearsi, almeno per la propria illusione, la volontà della vendetta compiuta?[…]  Paura dell’intelligenza, vendetta sull’intelligenza – ahimè, quanto spesso questi vizi energici divennero sorgenti di virtù! Sì, sì, virtù! E, detto fra noi, la pretesa dei filosofi alla saggezza che apparve di tempo in tempo sulla terra, la più folle, la più impertinente di tutte, non fu sempre, e in India e in Grecia, innanzi tutto un nascondersi? Talvolta forse, riguardandola dall’educazione, che è un punto di vista che santifica tante menzogne, quasi un delicato rispetto degli esseri in divenire e in formazione, dei giovani, i quali spesso debbono venir difesi contro loro stessi con la fede in una persona (dunque con un errore)… Ma nei casi più frequenti è un paravento per i filosofi, dietro il quale si riparano dalla fatica, dall’età, dal raffreddamento, dalla sclerosi, quasi intuizione della prossima fine, simile all’istinto prudente degli animali che presentono la morte, che si appartano, ammutoliscono, scelgono luoghi remoti, strisciano entro caverne, diventan saggi… O dunque? La saggezza sarebbe il nascondiglio dei filosofi di fronte… allo spirito?”

Come far dialogare il personaggio di Henrik con “l’uomo fallito” di Nietzsche? Il giudizio del filosofo è una vera spada di Damocle, che non permette alcun margine.

La disillusione è proprio la consapevolezza della propria gabbia di cristallo, e il non voler uscire dalla stessa, starci dentro e starci bene. È possibile poter biasimare un uomo che sceglie di vivere nel passato? E ancora: la costrizione nel volerlo riportare al presente non è essa stessa un atto di violenza, quella stessa che lui opera su di sé?

Credo fermamente che la nostra società manchi di una “cultura del rispetto”, che sappia far valere le rimostranze dell’una e dell’altra parte, senza inferire o demonizzare. La letteratura permette e obbliga ad aprire gli occhi anche su idee completamente lontane dalle proprie: è la disillusione regina nella quale ogni dimensione è accettata e ritenuta valida. E Márai l’ha realizzato egregiamente. 

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