Durkheim e l’NFL ci spiegano perché la società ha bisogno dei gruppi e dei simboli

Da sempre, sin dai tempi antichi, la società e le collettività umane si sono divise in gruppi, dandosi dei simboli e dei totem per rappresentarsi.

Durkheim analizzava le collettività indigene dell’Australia, ma potremmo andare anche oltre oceano negli USA, per vedere che ciò che succede non è poi così diverso.

Breve storia della religione

Da sempre l’uomo si è interrogato sul soprannaturale, su Dio, o oppure sugli dei, sul trascendente, su tutto ciò che non può spiegare. Nell’antichità e nel medioevo era una continua ricerca dei segni del divino o di Dio. Un uccello che vola in un certo modo, nelle viscere degli animali, nel fondo dei bicchieri, c’era un ossessione nei confronti del religioso e di come questo poteva manifestarsi nel mondo. Bloch, uno storico medievista, dice che al confronto dei monaci medievali che analizzano i loro sogni alla ricerca di Dio e del diavolo i moderni psicanalisti giocherellano.

In epoca moderna le scienze umane hanno iniziato a interrogarsi sul c0ncetto del religioso e cosa serva. La prima spiegazione, più semplice e banale – ma che ancora oggi è in voga nel senso comune – è quella evoluzionistica. Ovvero si sostiene che lo scopo dell’essere umano sia quello di governare la natura e i suoi fenomeni, questo nella storia si è evoluto in diversi tentativi che sono principalmente tre:

  1. in una prima fase regnava il pensiero magico. Gli esseri umani credevano di poter controllare il mondo semplicemente con la magia.
  2. nella seconda fase si accorgono, come se non fosse evidente, che non possono farlo, di conseguenza creano un Dio al quale sottomettersi, credendo così che lui invece sia onnipotente. Questa è la fase religiosa.
  3. la terza e ultima fase è quella scientifica (e guarda il caso, quella attuale). L’essere umano si è evoluto ed ha inventato il sapere scientifico al fine di dominare la natura.

A cosa serve la religione?

Fortunatamente il pensiero evoluzionista, almeno in alcuni ambienti, ha avuto vita breve. Emile Durkheim, un sociologo le cui riflessioni occuparono anche il campo antropologico, propose un altro modo di intendere la religione. Ovvero non intendendola più come un tentativo dell’uomo di controllare il mondo esterno, superato dal pensiero scientifico, anche perché si accorse che nonostante il grandissimo progresso tecnico e scientifico le religioni continuavano ad esistere.

Durkheim studiò dai resoconti etnografici di seconda mano su delle popolazioni indigene australiane. Detto in altri termini alcuni ricercatori andavano in Australia a studiare le popolazioni chiamate all’epoca (e oggi dai positivisti) primitive e scrivevano quello che vedevano, Durkheim leggeva quegli scritti. Sostenne che la religione ha una funzione sociale, ha la funzione di tenere insieme la collettività, di integrarla, di creare dei miti e dei riti che appunto fungano da collante sociale.

Le religioni di oggi

La nostra è un epoca moderna, che appena sente puzza di religione si indigna più di quanto avrebbe fatto Mazzini se fosse stato accusato di essere monarchico e conservatore, eppure di solito c’è dietro molta ipocrisia. Infatti se prendiamo il concetto di religione di Durkheim, ovvero una credenza collettiva, fatta di riti e simboli, tutto diviene religione. Il progresso, l’economia, il capitale umano, tutto è religione e da senso alla nostra esistenza che in sè è priva di scopo.

Lo sport è un esempio più pratico e immediato, e che genera meno polemiche, di questo. Le nostre squadre di calcio, seguite da ultras accaniti che guardano alla Roma, al Napoli, al Milan o alla Juventus come il loro unico grande amore, e che spesso arrivano anche a scontrarsi tra di loro risponde proprio a questo.

Negli USA inoltre questa tendenza è presente allo stesso modo nel football, nel basket e nel baseball, anche se effettivamente con meno violenza rispetto al calcio europeo. Inoltre le squadre hanno la tendenza a darsi un logo che rappresenta un animale, allo stesso modo delle popolazioni indigene dell’Australia.

 

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