Quante scienziate conosci? Grandi donne, pioniere di grandi lavori, spesso non hanno la notorietà che meritano. Eccone alcuni volti che dovresti assolutamente conoscere
Sappiamo bene quanto il contributo femminile nella scienza sia stato da sempre un importante ed essenziale tassello nella storia delle più grandi scoperte scientifiche. Capita però che molte donne vengano memorabilmente ricordate e ad oggi conosciute quasi da tutti, mentre altre, che restano ancora poco note ai più, meriterebbero molta più notorietà per la grandezza dei loro studi.
Rosalind Franklin
Forse l’hai già sentita citata in passato, magari di sfuggita, mentre si parlava della scoperta della struttura del DNA, per il quale Watson e Crick, insieme anche a Wilkins, ricevettero il premio Nobel nel 1962. Non tutti sanno però che le immagini a raggi X su cui Watson e Crick basarono le loro teorie, furono elaborate proprio da Rosalind Franklin durante i suoi studi di cristallografia, con la quale però, i rapporti erano molto tesi. Tralasciando le varie antipatie tra colleghi, il contributo fondamentale che diede il lavoro di questa donna alla scoperta della struttura del DNA non le fu mai riconosciuto. Tristemente morì giovane, prima di veder consegnato il famoso Nobel per la medicina ai sue tre colleghi, un premio che forse avrebbe davvero meritato.
Rachel Carson
Biologa statunitense, la sua notorietà è principalmente legata al suo libro “Primavera silenziosa” del 1962 nel quale denunciava la pericolosità dei fitofarmaci utilizzati nell’agricoltura, focalizzandosi sul DDT. È da questo suo lavoro che iniziarono i primi movimenti ambientalisti in America. È stata una delle prime a dimostrare la pericolosità delle sostanze chimiche e industriali che l’uomo immetteva nell’ambiente: la sua tesi, poi confermata dalle evidenze, era che l’utilizzo di fitofarmaci e pesticidi potesse non solo interferire con i normali processi biogeochimici e avvelenare animali non pericolosi e non infestanti, ma risalire le catene alimentari fino ad arrivare all’uomo, con effetti altrettanto preoccupanti.
«Più riusciamo a focalizzare la nostra attenzione sulle meraviglie e le realtà dell’universo attorno a noi, meno dovremmo trovare gusto nel distruggerlo.»
(Rachel Carson)
Il libro non fu apprezzato da molti e fu attaccato su diversi aspetti, cercando di smentire tutte le testimonianze che la Carson aveva riportato nel suo libro, definendola non professionale, addirittura anche pazza. Ma questo non bastò a fermare la potenza delle sue scoperte, e nel giro di pochi anni il libro divenne finalmente un best seller in America, che cominciò a guardare questa realtà con occhi diversi, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Dian Fossey
Fu una zoologa primatologa statunitense che lavorò per gran parte della sua vita con i gorilla. L’obiettivo dei suoi studi era cercare di capire la vita, i sentimenti, la socialità e l’intelligenza di questi animali, vivendo insieme a loro, nei loro habitat naturali. Il suo nome è spesso associato ad altre due grandi primatologhe, Jane Goodall e Birutè Galdikas, che studiarono il comportamento rispettivamente degli scimpanzè e degli oranghi. Dian dedicò sé stessa a questi animali e riuscì ad avvicinare gli uomini ai primati, dimostrando quanta sensibilità li caratterizzava e quanto fosse pericolosa la situazione delle popolazioni di gorilla di montagna che venivano cacciati. È stata soprattutto questa sua forte opposizione all’uccisione dei gorilla, ai tentativi di boicottare i bracconieri e la caccia illegale, che ha portato alla sua morte nel 1985 nella sua stessa dimora nella natura. Il suo omicidio è ancora avvolto nel mistero e non si sa bene chi siano i colpevoli di questo gesto, né quali siano i moventi, anche se possiamo ben immaginarli.
Anche se era una persona molto riservata, è ricordata come una donna tenace e agguerrita che ha lottato fino all’ultimo per proteggere gli animali e per cercare di farli sentire più vicini all’uomo, tutt’ora riconosciuta e apprezzata dalla comunità scientifica.

Barbara McClintock
Biologa statunitense molto nota negli anni ’50, è stata colei che, lavorando sul DNA del granturco, scoprì l’esistenza dei trasposoni. I trasposoni sono elementi genici che sono in grado di spostarsi all’interno del genoma, creando nuova variabilità. In uno scenario scientifico in cui non si sapevano ancora molte cose sul DNA e i geni si ritenevano entità fisse, la scoperta di pezzetti che potessero liberamente spostarsi non fu vista di buon occhio dalla comunità scientifica, che tra l’altro ancora sottostimava il lavoro delle donne. Barbara lavorò per tantissimi anni sugli elementi trasponibili e anche dopo l’annuncio della loro scoperta continuò a lavorare per convincere i più scettici della validità della sua teoria, che avrebbe poi cambiato il modo di vedere la variabilità genetica. Dovette aspettare gli anni ‘70 per poter vedere riconosciuto il merito del suo lavoro e ricevere poi il Nobel nel 1983.