Dilemma del carrello ferroviario: lasceresti morire cinque persone o ne uccideresti una?

Questo è il dilemma del carrello ferroviario (o “trolley problem”), un esperimento mentale di filosofia etica concepito da Philippa Foot nel 1967. Si tratta di uno dei più celebri problemi morali, una vera e propria situazione limite in cui l’uomo è posto di fronte a una scelta paralizzante: declinare le proprie responsabilità lasciando che il treno prosegua sul primo binario, oppure scegliere di agire, azionare lo scambio e assumersi l’incombenza delle proprie azioni? In un sondaggio, il 90% degli intervistati afferma che azionerebbe lo scambio senza alcun dubbio, ma esiste una grande differenza tra ciò che gli individui pensano di poter fare e quello che realmente fanno quando sono coinvolti emotivamente in una situazione del genere. Il dilemma del carrello, infatti, mette a nudo la fragilità e la complessità della natura umana, esplorando i limiti sottili che esistono tra riflessione e istinto. Tu come reagiresti sotto la pressione della responsabilità?

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Visione utilitaristica: cinque vite valgono più di una?

Se sei d’accordo con il 90% degli intervistati sostieni inconsapevolmente il principio filosofico dell’utilitarismo per cui la scelta morale corretta è quella che massimizza il benessere per il maggior numero di persone. L’utilitarismo, infatti, è una dottrina filosofica di natura etica per la quale è bene ciò che contribuisce ad aumentare la felicità di tutti. In concreto quindi: cinque vite valgono più di una. Gli esseri umani, provando istintivamente un’avversione a far del male agli altri, reagiscono in modo razionale secondo la legge del “male minore”. Perciò se hai deciso di azionare lo scambio è perché, assecondando uno spiccato senso di pragmatismo che è in te, hai notato che da ben cinque esistenze, a rigor di logica, potrebbe dipendere il destino di un numero maggiore di persone rispetto a quelle legate ad una sola persona. Ma non sempre riusciamo ad agire in vista del “bene comune”, non sempre siamo in grado di “vedere l’insieme”. Proviamo per esempio a cambiare il dilemma del carrello offrendo un’altra variante: questa volta siete su un ponte sopra il binario, mentre il treno in movimento si avvicina. Non c’è un secondo binario, ma sul ponte vicino a voi c’è un uomo che per qualche ragione pesa abbastanza da fermare il treno. Se lo spingete giù, il corpo fermerà il treno salvando i cinque operai, ma uccidete l’uomo. In questo caso, solo il 10% circa dice che va bene spingere l’uomo sui binari. Questo perché causare intenzionalmente e volutamente la morte di qualcuno è diverso dal lasciarlo morire come effetto collaterale, implica una maggiore imputabilità delle proprie azioni e il fardello della responsabilità è inevitabilmente maggiore. Questa intersezione tra etica e psicologia è la cosa interessante del problema del carrello ferroviario. Si tratta di una forma di deresponsabilizzazione? O semplicemente è naturale paralizzarsi di fronte a una scelta del genere? Risultati immagini per trolley problem

…ma fino a che punto?

Oppure vediamo un altro caso, riprendendo la versione originale del dilemma. Sul secondo binario questa volta non c’è un operaio, ma una bambina. Per gli utilitaristi la decisione è esattamente la stessa: perdere una vita per salvarne cinque. Ma in questo frangente la quasi totalità degli intervistati sceglie di salvare la bambina. Forse perché vengono messi di fronte all’immagine dell’infanzia, della sua innocenza e del suo diritto di diventare grande. Ma come si fa a stabilire se una vita è più importante di un’altra? Questa stessa prospettiva è presa in considerazione nel film del 2015 “Il diritto di uccidere”. Protagonista è il colonnello inglese Katherine Powell che dirige un’operazione contro un gruppo di terroristi a Nairobi. Quando il colonnello e un suo giovane ufficiale stanno per attaccare la cellula terroristica (che nel frattempo sta organizzando un attentato che potrebbe uccidere migliaia di civili) realizzano che nel mirino rientra anche una bambina innocente. Nessun politico vuole prendersi la responsabilità di tale azione: è giusto sacrificare una vita innocente o è meglio correre il rischio della possibile morte di molte più persone? Il dilemma rivela che quello che pensiamo essere giusto o sbagliato dipende da fattori diversi. Si tratta di un grande problema perché ci obbliga a pensare a come scegliere quando non ci sono scelte giuste. Scegliamo la soluzione con il migliore risultato o ci atteniamo a una legge morale che vieta di causare morti? Risultati immagini per il diritto di uccidere trailer

Trailer del film: https://youtu.be/WcMag8Lgu68

 

Coloro che non azionerebbero lo scambio esprimono, al contrario, un giudizio di tipo deontologico, non riescono cioè a prendere una decisione che tenga conto dell’insieme. Il modello deontologico fonda l’etica nel rigore logico, diventando la scienza delle motivazioni della condotta umana: secondo questa visione è sbagliato uccidere sempre e in ogni caso. Il massimo esponente dell’etica deontologica (un’etica del dovere per il dovere) è Immanuel Kant che, nella Critica della ragion pratica, ha elaborato un sistema etico valido e universale, nelle quali le azioni vengono giudicate in base al loro ossequio al dovere, in vista e per il rispetto della legge etica e morale.

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