Attraverso la filosofia del pensatore David Hume, il manga e anime giapponese Death Note s’impone con la visione di una giustizia distorta, volta all’utilità sociale e generata da quei sentimenti e sensazioni ritenuti fondamentali per il filosofo britannico.
Hume nella storia della filosofia
David Hume è considerato uno dei tre grandi ‘empiristi britannici’, assieme a John Locke e George Berkeley. Probabilmente il più radicale dei tre, Hume muove una critica nei confronti dello strumento della ragione, secondo lui non così efficace come si riteneva. La corrente di pensiero filosofico che caratterizza questo pensatore è quella dello scetticismo, ovvero una forma di consapevolezza che si convince che la conoscenza non può giungere alla verità assoluta delle cose, vi è sempre una parte celata che rimane avvolta nel mistero, della quale non possiamo conoscere ogni dettaglio. In virtù di questo atteggiamento, Hume cerca di ricercare i limiti del sapere della ragione, ne traccia i confini, definendo ciò che non è di sua competenza come qualcosa legato al cosiddetto ‘sentimento’ o ‘impressione’. Nella sua opera più importante, il Trattato sulla natura umana, il filosofo britannico riporta l’attenzione sulla natura dell’uomo, applicando il metodo sperimentale per tentare di conoscerla e svelarla, ampliando i campi d’interesse della scienza non solo alla realtà fisica o ai moti degli astri. Egli si ritiene, quindi, un empirista proprio perché la conoscenza della natura umana va effettuata per mezzo dell’esperienza, va affidata all’analisi del sentimento più che della ragione e la stessa morale, impregnata di ideali religiosi e astratti, deve poter essere studiata su basi naturalistiche.
La morale di Hume: la giustizia del sentimento
Per ciò che appunto riguarda la morale, Hume pensa che essa non sia frutto di artificiose macchinazioni della ragione, uscendo quindi dal suo campo d’indagine. La morale non ha nemmeno leggi immutabili ed eterne ma sorge sempre dalle impressioni, cioè i sentimenti, che generano la simpatia verso le persone appartenenti alla società in cui viviamo, sentendoci vicini a essi nei momenti felici e in quelli difficili. Per il filosofo britannico, quindi, la morale è una “questione di fatto e non una scienza astratta“, un problema di sensazioni e di passioni che costituiscono qualsiasi azione dell’uomo, al contrario di chi pensa che la ragione costituisca ogni meccanismo del nostro agire.
Inoltre, l’uomo è portato a provare il sentimento della benevolenza, nel contesto sociale, verso le azioni virtuose, mentre si allontana provando sdegno per le azioni moralmente cattive. Questa è la base su cui si poggia il concetto di morale e giustizia secondo Hume, poiché esse si fondano sempre sui sentimenti e, aggiunge in seguito, sull’utilità sociale, considerato come il criterio di fondo per ogni valutazione morale. Hume infatti afferma: “In tutte le determinazioni della moralità, questa circostanza della pubblica utilità è sempre quella che si considera come principale“, perché il sentimento della benevolenza è strettamente legato agli interessi umani e quindi la giustizia nasce dalla necessità di sostenere e favorire gli interessi utili alla società. Nel caso in cui non avessimo bisogno di null’altro che favorisca l’utile sociale, e se fossimo tutti dotati di benevolenza, la giustizia sarebbe del tutto inutile.
Death Note: la morale ambiziosa dell’utile
Giungiamo, infine, all’analisi dell’opera giapponese degli autori Tsugumi Oba e Takeshi Obata. Divenuta in seguito un’opera di culto, con la produzione dell’anime, Death Note ci catapulta in un mondo apparentemente molto vicino a noi ma con elementi decisamente soprannaturali. Light Yagami, studente modello e perennemente annoiato, vede cadere dal cielo un quaderno nero con su scritto ‘Death Note’, il quaderno della morte. Pensando inizialmente fosse uno scherzo, legge le regole al suo interno che affermano che scrivendo il nome di una persona di cui si conosce il volto, essa muore. Decide così di provarlo, senza crederci fino in fondo, scrive il nome di un uomo che tentava di violentare una ragazza, constatando che effettivamente funziona. In seguito, Light conosce una creatura, lo shinigami Ryuk, un ‘dio della morte’ nel folklore giapponese, che rivela di aver fatto cadere volutamente il quaderno sulla terra per smuovere la sua vita noiosa.
Light riconosce che il quaderno ha un potere inimmaginabile e decide di usarlo ‘a fin di bene’, diventando l’oscuro e occulto carnefice di ogni criminale sulla terra, chiamato, in seguito alle sue azioni, Kira. Inizia così una storia fatta di sotterfugi, bugie, astuzie e ambizione, tutto per evitare di essere scoperto dal suo arcinemico Elle, il miglior detective del mondo, chiamato a investigare sul caso Kira. Light entra in possesso di un potere molto più grande di lui ma decide comunque di usarlo perché si sente in dovere di farlo. La sua intenzione è quella di applicare una spietata giustizia per mezzo dell’omicidio, in modo da liberare il mondo dal male criminale e renderlo un posto perfetto in cui vivere. La concezione della giustizia di Light è di provenienza humeana, poiché si basa sulla mera utilità sociale: i criminali sono un male per la società, quindi meritano di essere estirpati a qualunque costo, venendo uccisi senza alcun processo o pena detentiva, perché danneggiano la società e ne compromettono il raggiungimento degli obbiettivi.
Oltre all’utilità sociale, Light è mosso da un senso morale vicino alle sue più profonde passioni e sentimenti: frustrato per la sua vita noiosa, nonostante sie eccellente nello studio e nello sport, ha una nuova fonte di divertimento che lo ispira a contribuire moralmente per cambiare il mondo, cosa che poi lo porterà a degenerare in una sfrenata ambizione senza compromessi, cercando di affermare la propria superiorità sugli uomini.
L’opera giapponese riserva in sé molte riflessioni filosofiche sulla giustizia e la morale, potenzialmente affini alla filosofia della natura umana di David Hume, portando a chiederci se la vera giustizia derivi dalla ragione o dai moti dei sentimenti e delle passioni e se l’utilità sociale sia il vero fondamento della morale sociale. A meno che non vi capiti tra le mani un quaderno della morte, lascio a voi lettori la parola.
Luca Vetrugno