Attraverso i secoli le metodologie per raccontare delle storie si sono evolute in base all’avanzamento culturale e tecnologico della nostra società. Partendo dalla tramandazione orale, alla messa per iscritto, siamo infine arrivati alla comunicazione visiva del cinema e, oggi più che mai, ad un nuovo tipo di messa in scena data dalle piattaforme di streaming online, ovvero le serie Tv. Ma tutto ciò che esiste oggigiorno non potrebbe aver avuto vita senza dare sempre uno sguardo al passato, d’altronde le serie Tv moderne si rifanno per struttura all’epica cavalleresca del secolo XV che a sua volta si rifà ai cantares de gestas dei secoli precedenti, un perenne sguardo all’indietro per poter progettare quello che è il futuro.
Senza tergiversare in altro modo, in questo articolo vorrei far partecipi i nostri lettori di una riflessione che mi è balenata nell’anticamera del pensiero dopo aver goduto del discutibile finale di una delle serie televisive forse più famose degli ultimi anni: Game of Thrones. Per chi di voi non dovesse conoscere la serie sarebbe troppo lungo e logorante scrivere un riassunto dettagliato e completo della trama sviluppatasi negli anni proveniente dalla mente di George R.R. Martin, autore statunitense che con il ciclo “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”, ha dato vita a questo strabiliante mondo fantasy/medievale che è diventato di culto, spopolando in gran parte del mondo grazie appunto alla sua rappresentazione televisiva e grazie quindi a HBO, emittente statunitense, che ne ha permesso la realizzazione.
Game of Thrones: breve sinossi per capire il contesto
Game of Thrones è la rappresentazione di un mondo fantasy medievale al cui interno vigono lotte di potere fra casate rivali, non in senso stretto, le quali tentano di rivendicare la propria supremazia o la propria indipendenza rispetto alle altre. Centro focale dell’epica creata da Martin è, per l’appunto, il trono di spade (da cui il titolo italiano) che è simbolo di potere e di supremazia sui regni che compongono questo mondo immaginario, su di esso vengono a succedere molti regnanti degni e non, i quali conferiscono una determinata direttiva alla società che popola questo vasto mondo, in particolare vorrei focalizzarmi sulla caratterizzazione di uno degli ultimi pretendenti al trono: la regina Daenerys Targaryen. Questo personaggio, all’interno delle vicende mostrateci dalla serie di HBO, ci viene mostrato dagli albori e sviluppato attraverso la lunga narrativa, le stagioni che compongono l’opera sono otto, culminando con la trasformazione definitiva nell’ultima stagione in cui vediamo l’eroina, la quale una volta conquistato il trono, assumere sfumature caratteriali che di primo acchito mi hanno portato a pensare alle figure di potere rappresentate all’interno della sfera del teatro elisabettiano, in particolare quello shakespeariano.
Macbeth: di cosa parla?
Tra le numerose opere scritte da Shakespeare voglio prendere in considerazione una tra le tragedie più famose per nomea, ma al contempo non veramente conosciuta dai più, il Macbeth. In questa opera il nostro protagonista, Macbeth per l’appunto, è un nobile scozzese, valoroso generale al servizio del re Duncan contro i ribelli norvegesi. Un giorno, tornando vittorioso da un’importante battaglia insieme all’amico Banquo, incontra tre streghe. Queste gli predicono il futuro: egli diventerà Barone di Cawdor e re al posto di Duncan, ma i figli di Banquo regneranno dopo di lui. Subito dopo, Macbeth viene a sapere che il re l’ha nominato Barone di Cawdor e si convince che le profezie delle streghe siano veritiere. Con l’inganno, aiutato dalla moglie, la perfida Lady Macbeth, uccide il re Duncan e ne prende il posto. Incarica poi alcuni sicari di uccidere Banquo e i suoi figli, ma uno di questi ultimi sfugge all’attentato. Dopo qualche giorno, durante un banchetto, gli appare il fantasma dell’amico Banquo. Macbeth viene assalito allora da timori e sensi di colpa e inizia a comportarsi in maniera irragionevole e tirannica.
Cosa li accomuna?
Già dall’incipit delle vicende cominciamo a trovare delle similitudini di tipo strutturale tra l’eroina di Got e il protagonista tragico, entrambi partono la loro scalata al potere da un elemento profetico e magico, nel caso di Daenerys abbiamo la nascita dei suoi draghi e la sempre più forte profezia che la acclama a diventare la regina liberatrice, la quale unirà i sette regni e porterà pace all’interno di essi, nel caso di Macbeth abbiamo la profezia propinatagli dalle streghe, elemento magico che ricorre dai tempi antichi. Nel percorso di ascesa al potere entrambi i personaggi si macchiano con il sangue, interessante notare come più ci si avvicini alla vetta e più si perda il senno, Daenerys inizia la sua scalata in maniera pura, lotta contro i soprusi, si erge a liberatrice di schiavi e raduna a se molti sostenitori, tra questi spiccano le figure dei consiglieri reali i quali, seppur involontariamente, spingono la donna a dover prendere delle decisioni che mano a mano le corrompono l’animo e la trasformano in quello che vedremo essere il tragico finale per lei. Molto similmente questa funzione di corruzione dello spirito la ritroviamo in Lady Macbeth che convince il proprio compagno ad assassinare re Duncan e succederlo sul trono, ma l’evento chiave che scatena la follia e il conseguente comportamento tirannico di Macbeth è l’assassino dell’amico Banquo il quale gli riapparirà sottoforma di fantasma instillandogli il senso di colpa e scatenando la sua furia. Daenerys inesorabilmente si trasforma anch’essa in un tiranno spietato sfruttando la sua convinzione di salvatrice e sterminando chiunque le si pari davanti, senza alcuna pietà, folle come il suo antenato. Lei non accetta più consigli, come il Macbeth shakespeariano è diventata vanitosa, ricolma d’odio per chi siede sul trono al posto suo e capace di sacrificare vite innocenti pur di giungere al potere.
Questo secondo me è il focus: Daenerys e Macbeth, come i grandi criminali vanno al di là dell’odio. Hanno il potere di lusinga, d’inganno, di sommovimento e di fascino della dea Persuasione, un uomo e una donna di passione, di vanità, di desiderio: facendo leva sulla propria tracotanza entrambi si innalzano sul palco tragico dei re, ma solo per esser tratti in inganno, per conquistare la vittoria e poi togliergli tutto. Daenerys è capace di essere inumana sterminando una città di innocenti e di essere umana lasciandosi trasportare dal sentimento dell’amore, pagando tragicamente a caro prezzo questo suo lato, malinconica è la sua fine e a tratti assurda, colei che voleva liberare il mondo dal male è stata ella stessa liberata da esso pagando con la vita e perdendo la possibilità di vedere quello per cui tanto ha lottato. Macbeth come lei è simbolo della condizione umana, egli è inumano e troppo umano, pieno della malinconia dell’età non più guidata dagli dei e della delusione dell’uomo d’azione che una volta raggiunti i suoi traguardi vede il vuoto, il prezzo esoso e coglie una delle molteplici facce della realtà: la vita come assurdo.
Elia Scudellaro