Akakij Akakievič e il vivere piano
Nikolaj Gogol è stato uno scrittore e uomo di cultura russo, punto di riferimento per la letteratura del suo paese e, in toto, europea. Svariate volte ha inserito il tema onirico all’interno dei suoi lavori, trattando in varie sfaccettature la morte, non con toni scarni, bensì enfatici. In uno dei suoi testi più importanti, ovvero “Il cappotto” (o “La mantella”) ha rappresentato uno stereotipo (rifacendosi a Puskin) di un uomo che svolge un lavoro ripetitivo, che non fornisce sbocchi di originalità nonchè estro e, fra le altre cose, viene deriso dai suoi colleghi che utilizzano ogni occasione per schernire il particolare protagonista di nome Akakij Akakievič. Gogol presenta per tutto il racconto la vita di Akakij come monotona, finchè, rendendosi conto che il cappotto acquistato parecchi anni prima dovesse essere necessariamente cambiato in quanto palesemente usurato, decide di comprarne uno nuovo. Questo sarà il fulcro portante durante l’intero racconto della psicologia del protagonista.
Il colpo di scena gogoliano
Akakij si comporta come se godesse di nuova linfa vitale grazie al suo nuovo cappotto, che, pur illusoriamente, lo inoltra al dialogo con i suoi colleghi che lo avevano fino a quel momento disprezzato. Egli allora, viene invitato ad una festa a casa di uno dei suoi colleghi in una serata molto fredda, per fare in modo che potessero bere e riscaldarsi insieme , passando quella che doveva essere una delle poche serate in compagnia di Akakij. Qui vi è il punto di svolta dell’opera, in quanto qualcuno ruba il cappotto del povero protagonista, che, obbligato a tornare a casa senza che nessuno si interessi del suo disagio attraversando il gelo di Pietroburgo, si ammala gravemente e successivamente muore per il troppo freddo e in preda a deliri (si parla specificatamente di una febbre).
La seconda vita di Akakij
Dopo la sua morte, Akakij ritorna dirompente nel romanzo gogoliano nelle sembianze di un fantasma. Il protagonista aveva vissuto l’intera esistenza essendo in molti sensi sottomesso al giudizio altrui e aveva assunto sempre comportamenti rigorosamente nei limiti, anche nelle relazioni sociali, svolgendo una vita sofferente e passiva. Il nuovo Akakij, invece, mostra sete di vendetta e si rende attivo rubando i cappotti a parecchie persone, intimorendole e sentendosi finalmente importante. Il punto più alto della sua parabola arriva quando riesce a rubare il cappotto proprio al personaggio che aveva più volte rifiutato di aiutarlo in vita, così che finalmente sembra pacarsi la sua ira e si ritrova soddisfatto del suo operato e felice di essere uscito dal cupo conformismo che nella sua persona era diventato retorico. Per assurdo, la morte era diventata la sua seconda opportunità per realizzarsi.
Sally Mckenna e la ricerca di riscatto
American Horror Story è una serie horror-psicologica partorita dalle menti creative di Ryan Murphy e Brad Falchuck, con parecchi sostenitori in tutto il mondo. Ad una analisi poco approfondita, può sembrare che essa sia una serie fra le tante, per coinvolgere appassionati del genere nelle più classiche avventure horror (tutte le stagioni rappresentano stereotipi del genere), ma ad una analisi più attenta, risaltano alcuni personaggi rappresentativi , con una storia ben definita e molto articolata nei minuziosi dettagli. Uno di questi personaggi, nella stagione “Hotel”, è di certo Sally McKenna (interpretata da una eclettica Sarah Paulson), una artista rock-grunge tossicodipendente che in vita soffriva terribilmente la mancanza di veri obbiettivi e affogava le sue delusioni artistiche e, genericamente, interpersonali, nella droga. In un tratto della sua vita incontra Donovan, un ragazzo affascinante, frustrato dai comportamenti della madre, che cerca da uscire dagli schemi di una esistenza che non gli porta più stimoli. Sally fornisce una quantità elevata di eroina a Donovan, tanto da portarlo in fin di vita, senza impressionare minimamente la ragazza che esce dalla stanza di Hotel in cui si erano appartati e si appresta a osservare i dettagli delle pareti ricamate. A questo punto entra in scena la madre del ragazzo, che, in preda alla rabbia, uccide Sally.
Nuovi orizzonti ultraterreni
Sally, in vita, aveva sempre cercato un qualcosa che andasse fuori da qualsiasi limite, senza capire con certezza il fine della sua ricerca. La verità è che semplicemente voleva colmare i suoi vuoti interiori, uscendo fuori da schemi che lei ha sempre desiderato ci fossero nel suo percorso, sognava stabilità e comprensione. Dopo la morte, inizia a trovare soddisfazione, nelle sembianze di un fantasma, ad intraprendere rapporti di amore/odio con gli ospiti dell’Hotel che la credevano viva, finendo poi quasi sempre per ucciderli, quasi per lei non fosse una maledizione l’esser divenuta un’anima intrappolata nel mondo sensibile, bensì una nuova opportunità di avere finalmente finalità, di poter godere, anche se goticamente (come è sviluppato tutto il filone AHS), delle sofferenze altrui: ha trovato un equilibrio, pur strambo, che precedentemente invano aveva ricercato.