Cuccuccurucù: 47 anni fa ci lasciava Aldo Palazzeschi, il poeta che voleva divertirsi

Nell’anniversario della morte di Aldo Palazzeschi, riscopriamo il divertimento dei suoi versi.

Il 7 agosto del 1974 si spegneva a Roma Aldo Palazzeschi, all’età di 89 anni e dopo una piuttosto varia carriera artistica che lo aveva visto alle prese con correnti diverse. Dal crepuscolarismo al neorealismo, passando per il futurismo e per il vocianesimo: il suo capolavoro è intrinseco di nostalgia, ma prima di esso si trova una poesia tutta volta al divertimento.

Aldo Palazzeschi

Aldo Giurlani – questo il vero nome di Palazzeschi – nasce a Firenze nel 1885 e si diploma come ragioniere nel 1902. Appassionatosi subito alla poesia, si avvicina al futurismo, movimento che nel Novecento si definiva d’avanguardia e che proponeva una nuova visione culturale aperta al futuro, e a Filippo Tommaso Marinetti, autore del celebre Manifesto del Futurismo, pubblicato nel 1909 a Parigi. Conosciuti grandissimi esponenti delle diverse Avanguardie europee, si trasferisce a Parigi e prima di essere chiamato alle armi si distacca da Marinetti. Conclusa la Grande Guerra l’autore, prima a Firenze e poi a Roma, si dedica alla scrittura fino alla morte.

Palazzeschi futurista

Nell’ambito della sua vicinanza al futurismo, l’originalità di Palazzeschi emerge piuttosto bene nell’opera L’incendiario, che risale al 1910 e nella quale l’autore si presenta come una figura semiseria che intende bruciare tutto il vecchiume del mondo. Intenzionato a vincere l’ipocrisia della morale borghese, l’incendiario esalta la leggerezza e il divertimento che offre la poesia: una poesia ludica, apparentemente semplice ma piuttosto curata, che si pone in polemica contro l’austerità dell’arte e degli scritti di alcuni autori a lui contemporanei. “Lasciatemi divertire!” chiede il poeta in un componimento della raccolta che appare come una dichiarazione poetica.

Tri tri tri,
fru fru fru,
ihu ihu ihu,
uhi uhi uhi.

Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente -!
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.

Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!

Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche.
Sono la mia passione.

Farafarafarafa,
tarataratarata,
paraparaparapa,
laralaralarala!

Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie.

Bubububu,
fufufufu,
Friu!
Friu!

[…]

La nostalgia di Palazzeschi

Intorno agli anni Trenta del Novecento, Aldo Palazzeschi si dedica maggiormente alla narrativa e in qualche modo cambia tono, sia anche in alcune raccolte poetiche minori. In un linguaggio più elegante, il tono delle opere di questo periodo è disincantato e fa emergere una visione della vita alquanto nostalgica. Al 1934 risale il romanzo Sorelle Materassi, ritenuto dai più come il capolavoro dell’autore. Le protagoniste sono Teresa e Carolina Materassi, ricamatrici di un paese nei pressi di Firenze che con la dovuta parsimonia hanno raggiunto una qualche agiatezza. La loro monotona esistenza sarà sconvolta dall’arrivo del nipote Remo, rimasto orfano, che le riempirà di gioia ma le lascerà in miseria per poi trasferirsi in America dopo aver sposato un’ereditiera. Malinconia e disillusione: questo resta alle sorelle Materassi, che sembrano davvero tanto lontane dal carattere dell’incendiario. Diverso è il protagonista del romanzo I fratelli Cuccoli, risalente al 1948: diversi ostacoli da affrontare si collocano nel suo cammino, ma lui li affronta tutti con un’incredibile voglia di vivere.

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