“Tweeting through the pain” è così che Twitter saluta il 2020, e lo fa attraverso i tweet dei suoi utenti.
Negli ultimi giorni dell’anno assistiamo sempre all’uscita di nuove campagne pubblicitarie di svariate tipologie, dalle pubblicità sul Natale a quelle di Capodanno, da quelle più serie e sentimentali a quelle più simpatiche e leggere. Vediamo l’esempio di Twitter.
Come fanno le campagne pubblicitarie a coinvolgerci
Uno dei colossi del mondo dei social network si butta in strada affiggendo nelle vie americane i cartelloni pubblicitari della sua campagna “Tweeting through the pain” in cui vengono riportati i 28 tweet più divertenti e ironici che sono stati selezionati nella piattaforma e che salutano il 2020 con felicità e rammarico.
Naturalmente non è un’invenzione di Twitter, già da tempo le grandi imprese innovano le loro campagne per renderle sempre più attrattive e coinvolgenti. Però se prendiamo in considerazione aziende diverse, prodotti diversi, che hanno scopi diversi, viene da chiedersi quale sia il comune denominatore che permette la presa sul pubblico: il coinvolgimento emotivo.
L’utilizzo del coinvolgimento nelle pubblicità punta in particolare a evocare le emozioni di base che P. Ekman e il W. Freisen defìnirono essere sei:
- rabbia
- paura
- tristezza
- disgusto
- felicità
- sorpresa
Per emozioni di base si intende le emozioni che sono universalmente comprensibili e riconoscibili dall’uomo indipendentemente dalla cultura di provenienza.
Il caso specifico di Twitter comporta l’aver scelto di coinvolgere il proprio pubblico utilizzando l’ironia dei suoi stessi utenti in modo tale da strappare un sorriso ai lettori.
Consideriamo inoltre che gli utenti non si trovano solo all’interno della piattaforma ma anche nelle strade in cui possono osservare la pubblicità del loro social network, sentendosi partecipi nell’aver contribuito alla creazione della campagna che stanno guardando.
Cos’è l’ironia? è sempre efficace?
Innanzitutto quando parliamo di ironia parliamo precisamente di linguaggio ironico: un fenomeno comunicativo sociale che comporta la presenza di un mittente, un ricevente, un messaggio e un contesto. Il mittente infatti, inviando un messaggio ironico ad un ricevente intende fargli captare qualcosa che è implicito nella conversazione e che non può essere dedotto esclusivamente dalle parole utilizzate. Oltre al linguaggio parlato occorrono altre tre componenti: il contesto, il linguaggio, non verbale e paraverbale.
- Il contesto aiuta il ricevente a capire il messaggio implicito.
- Il linguaggio paraverbale invece è quella parte di linguaggio costituito dalle diverse tonalità di voce, il timbro e la velocità, i quali ci fanno capire l’intenzione del messaggio del mittente.
- Anche il linguaggio non verbale può dare segnali di ironia ( linguaggio del corpo).
Infine c’è un quarto elemento, per far sì che la comunicazione vada a buon fine e che sia efficace: è necessario che il ricevente capisca il messaggio e che abbia tutti gli elementi a disposizione per poterlo comprendere e partecipare al messaggio ironico in modo attivo.
Ed è qui che sta il problema della pubblicità aziendale che deve essere in grado di comunicare in modo comprensibile, mirando a quell’ effetto desiderato, tenendo in considerazione di non ferire la sensibilità pubblica, di rispettare le leggi ed evitare critiche demolitive che si possono ripercuotere a danno dell’azienda fisica. Risulta così efficace (quasi una facile scappatoia) pubblicizzare utilizzando il linguaggio emotivo che accomuna tutti gli esseri umani.
La mossa di Twitter è stata sfruttare l‘esasperazione che le persone hanno provato in quel tragico 2020 a causa della pandemia globale, alleggerita dal sollievo dell’inizio di un nuovo anno e della speranza che possa migliorare la quotidianità di tutti.
Vediamo ad esempio, in questa campagna di McDonald’s l’utilizzo di messaggi ironici volti a simpatizzarsi i passanti.
Perchè utilizzare le emozioni per le pubblicità
Essenziale è catturare l’attenzione di chi osserva e soprattutto fronteggiare la sfida pubblicitaria di creare qualcosa di davvero interessante che rimanga impresso nell’osservatore e che lo spinga ad attivarsi (tramite l’acquisto o una reazione emotiva).
Questa consapevolezza fa sì che nelle pubblicità si cerchi di evocare una o più emozioni in modo tale da invogliarlo ad avvicinarsi al prodotto. In particolare si mira a creare un elemento unificante che accomuni il consumatore con l’oggetto o l’ideologia aziendale. Ciò che ha fatto Twitter è stato proprio sfruttare l’emozione esasperata per far recepire all’osservatore di essere capito, di non essere il solo, di aver diritto a provare questa emozione. Pubblicando questi tweet, il social network è riuscito a rappresentarla e al tempo stesso ad alleggerire la tensione che ne deriva.
Assistiamo a una progressiva ricerca di campagne pubblicitarie sempre più sofisticate e studiate per attirare l’attenzione dell’individuo (ad esempio le billboard interattive), coinvolgendolo e facendolo sentire partecipe. L’individuo è complice e si immedesima in ciò che viene detto, rendendo l’azienda più piacevole ai suoi occhi.
Infine vediamo un ultimo esempio di pubblicità caratterizzata dall’ironia, volta a strappare un sorriso nei suoi osservatori, consumatori e non.