Cosa si cela dietro un’opera: scopriamo come la chimica può porsi al servizio dell’arte

Cosa si cela dietro un’opera d’arte? Molte storie, cinematografiche e letterarie, hanno cercato di creare miti o misteri intorno a capolavori dell’arte antica. Quanto c’è di vero in queste teorie?

Spesso i grandi artisti del passato, in fase di realizzazione di un opera, si rendevano conto di piccoli errori o non erano soddisfatti pienamente dalla resa. Non era, ovviamente, possibile cancellare con una gomma come siamo abituati a fare. Stendevano semplicemente al di sopra dell’errore, degli strati di preparazione che andavano a coprirlo, per poi ridipingere al di sopra.
Non c’è da aspettarsi, quindi, enigmi irrisolvibili che ci conducano alla scoperta del Sacro Graal, ma tante piccole curiosità sui “ripensamenti” dei grandi maestri.

“Il Codice Da Vinci”

Uno dei più grandi capolavori di Dan Brown si basa proprio sul questo pensiero “cos’è nascosto in un’opera d’arte?”.
La storia inizia con il protagonista, Robert Langdon, implicato in un caso di omicidio alquanto singolare. A partire da alcuni individui lasciati dal defunto, Langdon e la figlia di quest’ultimo, Sophie, devono ricostruire un percorso tra l’arte e la storia che sembra essere antico tanto quanto l’oggetto che è posto alla sua fine.
I primi indizi sono celati all’interno del Louvre. La prima opera chiamata in causa è l’enigmatica “Monna Lisa” di Leonardo, subito a seguire un altro sarà ritrovato all’interno della “Vergine delle rocce”, per poi proseguire lungo un sentiero lasciato dagli antichi cavalieri Templari, alla scoperta del Santo Graal.

La chimica al servizio dell’arte

La prima, importantissima, traccia che ogni artista ci lascia, anche in maniera inconsapevole, è realizzata ancora prima dell’ideazione dell’opera.
I materiali che compongono ogni singolo pezzo d’arte sono fondamentali agli studiosi per ricomporre la sua storia, riconoscere la sua autenticità, capire come preservarlo per le epoche future.

Come si può andare ad analizzare ciò che è al di sotto dello strato pittorico senza rovinare l’opera? È difficile, ma con le moderne strumentazioni sono sufficienti campioni e sezioni stratigrafiche grandi poche decine di nm per avere delle risposte soddisfacenti.

In questi casi la chimica e la fisica diventano fondamentali, le apparecchiature più avanzate, infatti, basano il loro funzionamento proprio su principi chimici come la capacità di assorbimento ed emissione di radiazioni da parte di atomi e molecole!

Analisi con Spettroscopia Raman

“Nozze di Cana”

In un recente restauro dell’affresco di Luca Longhi, rappresentante le Nozze di Cana, sono state effettuate analisi approfondite con due particolari tecniche di indagine: Spettroscopia di assorbimento molecolare UV-Vis e spettroscopia Raman.

La prima tecnica si basa sulla capacità delle molecole del campione in esame, di assorbire radiazioni di lunghezza d’onda rientrante nella frazione dello spettro compresa tra UV e visibile.
Lo spettrometro genera un fascio luminoso che va ad incidere sul campione, opportunamente pretrattato. In seguito un rivelatore misura e quantifica l’intensità della radiazione non assorbita, andando a verificare la composizione chimica. Verificando, così, la quantità di un dato elemento presente nel campione.

La spettroscopia Raman, invece, sfrutta la riflessione anelastica della radiazione da parte delle molecole, che il rilevatore andrà a visualizzare sotto forma di spettro Raman. Questo spettro aiuterà a comprendere in maniera più dettagliata la composizione del campione, soprattutto se al suo interno sono presenti componenti minerali.

Proprio grazie a queste due tecniche è stato possibile distinguere materiali originari da quelli provenienti da restauri precedenti ed identificare il miglior metodo di trattamento che ha consentito di riportare questo capolavoro al suo splendore originale

“Nozze di Cana”, Luca Longhi

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