Il migrante è colui che vive in un Paese diverso da quello in cui è nato, è colui che ha lasciato il Paese di origine.
É difficile definire con esattezza la “categoria” dei migranti, perché non ne esiste un prototipo. La migrazione dipende da diversi fattori e può essere volontaria o forzata; ciò che accomuna i migranti è la partenza dalla Terra madre, il lasciare territorio e famiglia.
Diversi tipi di migrazione
Le migrazioni cambiano nel corso del tempo, si evolvono e subiscono l’influenza della globalizzazione. Gli individui si spostano per motivi di lavoro, di studio, per ragioni etniche, sociali e politiche, per problemi ambientali. La migrazione dipende, essenzialmente, dai fattori di attrazione (pull) da parte del Paese che il migrante ha intenzione di raggiungere e dai fattori di spinta (push) cioè da quei motivi che “spingono” il migrante a lasciare terra e famiglia.
L’origine, la durata e la destinazione della migrazione possono essere di diverso tipo: nell’ideale comune le migrazioni avvengono principalmente dal Sud del mondo verso il Nord, ma non è proprio così.
I flussi migratori coinvolgono circa 1 miliardo di persone e le migrazioni avvengono anche dal Nord verso il Sud ed esistono quelle S-S e N-N.
740 milioni sono migranti interni e “solo” 232 milioni travalicano i confini nazionali, tra questi 82 milioni migrano dal Sud verso il Nord, e altrettanti 82 riguardano le migrazione S-S. Questi dati -che risalgono al 2015- non tengono conto del numero di migranti irregolari: si tratta di individui entrati nel Paese di accoglienza senza un regolare controllo alla frontiera o individui a cui è scaduto il permesso di soggiorno.
L’immigrazione in Italia
L’Italia da terra di partenza è divenuta terra di accoglienza. Tra il 1860 e il 1960 circa 31 milioni di persone sono emigrati principalmente nel Nuovo Mondo, preferendo Usa, Brasile e Argentina.
Oggi, la situazione è ben diversa: sono pochi gli Italiani che si spostano all’estero in via definitiva, in genere per motivi di studio o per maggiori e più vantaggiose opportunità lavorative. Al contrario, l’Italia è divenuta terra di accoglienza, terra in cui si arriva e non da cui si parte. Molti migranti provengono dall’Europa dell’Est, dall’Asia o dall’Africa settentrionale.
Le migrazioni di cui, però, si sente parlare più spesso sono quelle che avvengono via mare, quelle che causano un ingente numero di vittime, quelle che -spesso- finiscono in tragedia.
Si tratta, quasi sempre, di migrazioni non previste, che -in una prima fase- sono difficili da controllare, da includere nelle statistiche; migrazioni che vengono gestite da criminali senza scrupoli che lucrano sulla vita di migliaia di persone.
Si stima che 3 000 persone muoiano ogni anno nel canale di Sicilia. Nel 2020 sono sbarcati in Italia più di 67 000 migranti, di questi quasi 10 000 erano minori non accompagnati.
La migrazione nel film “Terraferma”
Tra i molti film che trattano della delicata tematica della migrazione, vi è una pellicola italiana del 2011, “Terraferma”, diretta da Emanuele Crialese e candidata ai David di Donatello, vincitrice del Nastro d’argento e del Leone d’argento a Venezia. Il film, ambientato su un’isola siciliana, affronta la difficoltosa gestione dell’immigrazione da parte delle autorità governative.
Nonostante sia vietato recuperare gente in mare, i protagonisti soccorrono con il loro peschereccio alcuni profughi, destinati altrimenti a morte certa. I protagonisti verranno accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
Viene, poi, analizzato, attraverso un confronto tagliente il mondo dei turisti in vacanza sull’isola che arrivano su yacht e navi da crociera e il mondo degli immigrati stremati e vivi per miracolo a bordo di gommoni sovraffollati..
“Terraferma” è una straordinaria storia di amore, compassione, generosità, empatia, è incontro tra culture che non sono poi così diverse, è dare (e darsi) un’altra occasione, è scegliere la vita, è scegliere il bene, è scegliere il prossimo.
Affinché il migrante si senta al sicuro…
Come creare dei canali protetti per i migranti? É possibile mettere fine alle migrazioni irregolari e ridurre lo stigma intorno allo “straniero”?
Esistono numerose leggi a livello nazionale e internazionale che riguardano il cosiddetto programma mondiale delle migrazioni e numerose modifiche innovative sono state apportate rispetto alla Convenzione di Ginevra del 1951. Eppure, c’è qualcosa che non cambia: la costruzione di muri e barriere, l’irrigidimento di regole per “frenare” le migrazioni, per ostacolarle, una lista infinita di requisiti da dover soddisfare, la volontà – da parte di particolari partiti politici- di voler sottolineare la differenza tra le culture…
Qual è la soluzione (forse un po’ utopica)?
Innanzitutto, aprire le frontiere e controllarle, non costruendo muri. Se le frontiere sono aperte, i migranti circolano più facilmente e si riducono drasticamente il problema della migrazione irregolare e quello della gestione criminale della stessa. Aprire le frontiere dei Paesi di accoglienza, ma anche di quelli di partenza, perché spesso i migranti partono, ma poi non possono tornare.
Favorire l’integrazione linguistica e sociale, investire nella formazione per cercare di ridurre lo stigma sociale che, purtroppo è ancora tanto.