La Femme fatale può essere considerata uno dei primi moti di rivoluzione femminile come metodo di sottrazione dal controllo dell’uomo attraverso la sensualità.

La Femme fatale è un donna affascinante sensuale, di una bellezza disarmante, consapevole delle sue doti le usa a suo piacimento per ottenere ciò che vuole, piega la volontà dell’uomo per controllarlo. Tra arte, cinema e mito la Femme fatale nasce come grido di ribellione, ma oggi, forse, è un modello che sta stretto e che addirittura potrebbe limitare la vera emancipazione.
La Salomé di Oscar Wilde

Il mito di Salomè nasce dalla Bibbia, dove la troviamo nei panni di una ragazzina che per compiacere la madre danza difronte a Erode per poi chiedere in cambio la testa di Giovanni Battista, Salomè però nei secoli cambierà vesti più volte, attraverso i quadri di Leonardo, di Klimt, fino ad arrivare alla reinterpretazione di Oscar Wilde del 1891 in cui ci si scontra finalmente con quella che diventerà il simbolo della Femme fatale. Nellinterpretazione di Wilde Salomè la scopriamo essere un adolescente che pur mantenendo una purezza eterea, paragonata infatti alla luna, diventa poi crudele e malvagia.Salomè si innamora di Iokanaan ma, rifiutata, danza di sua spontanea volontà, e non costretta dalla madre, di fronte al suo padrino; e attraverso la persuasione pretende poi la testa del suo innamorato, per poterlo baciare quante volte vuole. La Salomè di Wilde incarna perfettamente la decadenza, è colei che ha perso l’ immacolata purezza ed è diventata una donna di illimitata crudeltà, spietata e lussuriosa, spinta da un desiderio solamente carnale ammalia con sicurezza per soddisfare il suo desiderio diventando così un’incarnazione crudele della bellezza.
Greta Garbo in “Mata Hari”
Negli anni 30 la figura della Femme fatale comincia ad interessare anche il cinema con i film polizieschi detti hard boiled.Nel 1931 esce Mata Hari, uno dei primi film in sonoro della stella di Hollywood Greta Garbo. Garbo è stato un personaggio misterioso e magnetico, incarna il ruolo della diva, di bellezza androgina, a causa anche della dieta ferrea che le venne imposta che annullò le sue forme femminili, dagli zigomi scolpiti e dallo sguardo magnetico fondamentale nel cinema muto, una donna misteriosa che a un certo punto della sua carriera sparisce dai riflettori, non rilascia più interviste e diventa così un simbolo di bellezza avvolto nel mistero.
Con il “Mata Hari” conosciamo un altro simbolo della Femme fatale, è un personaggio realmente esistito, si tratta di una ballerina affascinante che scandalizzò coprendo astutamente il seno e il resto del corpo coi gioielli durante le sue danze. Diventa una spia durante la prima guerra mondiale quando, cercando di avere notizie su suo marito arruolato nell’esercito e ferito in un ospedale francese viene riconosciuta e trasformata in un spia, presto scoperta dai tedeschi comincia un doppio gioco entrando in un intrigo internazionale, smascherata e condannata a morte Mata Hari diventa il simbolo della prima vera flemme fatale.
La Femme fatale è pericolosa per l’emancipazione?
La femme fatale nasce tra gli anni 30 come moto rivoluzionario della donna, la donna non più innocente che riesce ad ottenere ciò che vuole attraverso l’arma della seduzione, una dinamica che al tempo ha permesso alla donna di avere diritti ed emancipazione impensabile prima di allora. Adesso però questo modello è incompatibile perchè stravolge l’idea femminista di parità dei sessi. Quella della femme fatale è una prevaricazione e un controllo, la donna non si mette sullo stesso piano dell’uomo ma cerca di contrastarlo e sminuirlo.
L’idea della donna che raggiunge i suoi obbiettivi tramite la distorsione e la manipolazione è un’idea pericolosa oggi, in cui attraverso pubblicità e media si è tramutata in sessualizzazione e oggetificazione e rischia di mettere in luce la donna solo per fisicità e sensualità. Anche se nata come ribellione la figura della donna seducente è diventata un vestito ormai troppo stretto e dal quale la donna ancora fatica a liberarsi dovendo faticare il doppio per mostrarsi sotto un’altra luce.
La stella Garbo aveva già capito questa cosa mostrando allo schermo un corpo androgino e nelle interviste uno stile di vestire maschile, con camice e giacche eleganti, una donna che aveva tristemente capito che doveva rinunciare a scollature e vestitini per essere presa sul serio alla pari di un uomo.