Ecco cosa sta succedendo al leader della Lega Matteo Salvini
Matteo Salvini finirà davanti ai giudici? Questo ancora non si sa. Quello che è certo, è che molti sono i dubbi sulla vicenda che ormai da più di un anno vede protagonista l’ex ministro dell’intero Matteo Salvini, che, durante l’esercizio delle proprie funzioni, decise di negare lo sbarco ad una nave di migranti giunta nei mari italiani, scelta che probabilmente porterà il leader del partito a rispondere dell’accusa di sequestro di persona. O forse no. Vediamo perché.
Il fatto
Il 27 luglio del 2019, la nave della marina militare Gregoretti soccorreva circa 130 migranti arrivati nelle acque italiane: quando si parla di immigrazione si avverte subito un velo a protezione dell’argomento, bisogna avvicinarsi piano e sfiorarlo con delicatezza per non rischiare di squarciarlo. Questo perché, parlare di immigrazione significa raccontare storie di persone, di donne, uomini e bambini disposti ad affrontare un viaggio, alla ricerca di un futuro, non migliore, ma semplicemente speranzosi di conquistare la certezza dell’esistenza di un domani, e questo, a prescindere dal colore politico che rappresenta ogni cittadino, è innegabile. Forse per tale ragione la vicenda che ha coinvolto l’ex ministro dell’interno Matteo Salvini ha scosso e interessato tanto l’opinione pubblica e lo fa tutt’ora: l’allora capo del Viminale infatti, dopo il soccorso prestato da parte della nave, decise di bloccare lo sbarco dei migranti nei porti italiani, in attesa che i Paesi Europei, come da accordi stabiliti, si rendessero disponibili ad accogliere i migranti. Questo però avvenne solo 3 giorni dopo, e , solo allora il leader politico autorizzò lo sbarco nel porto di Augusta. Questa decisione, probabilmente considerata da Salvini il tentativo di alzare la voce verso gli altri Paesi europei,a volte poco sensibili alle problematiche relative all’immigrazione, non piacque al Tribunale dei ministri di Catania (competente per i reati commessi dal Presidente del Consiglio dei ministri e ministri). Esso, nonostante la richiesta di archiviazione da parte della Procura della Repubblica, inoltrò la richiesta al Senato (camera di appartenenza del ministro imputato) di autorizzazione a procedere al processo, su cui torneremo più avanti, con l’accusa di sequestro di persona aggravato non solo dall’abuso dei poteri, ma anche dal fatto che all’interno della nave Gregoretti, in quel luglio caldo e movimentato, aspettavano di sbarcare anche minori.
Il precedente e le sorti
Non era certo la prima volta che Matteo Salvini finiva nel mirino delle accuse perché qualcosa di molto simile era successo infatti nell’estate del 2018: era agosto e la nave giunta in salvo dei 150 migranti giunte nelle acque italiane era la nave Diciotti, da cui deriverà il nome del caso con protagonista ancora l’ex ministro che aveva negato lo sbarco, seppur , almeno questa volta, appoggiato dai colleghi di governo. Il caso Diciotti però, aveva visto una sorta di morte prematura, perché a salvare Salvini dal giudizio del tribunale era stato il Senato, che interpellato come da prassi, aveva negato l’autorizzazione a procedere al processo sempre per la medesima accusa. Sarà forse per questo che nell’ultima vicenda è stato lo stesso leader politico a incoraggiare i senatori a concedere l’autorizzazione a procedere in quanto , a suo dire, assolutamente privo di qualsiasi timore e completamente fiducioso nella magistratura. Ad oggi, il processo è ancora fermo ad una fase molto delicata di qualsiasi procedimento penale: l’udienza preliminare in cui è il giudice ad avere il coltello dalla parte del manico. Il gup infatti può in questo, come in tutti gli altri procedimenti, aprire tre possibili scenari: in caso di non luogo a procedere ritiene che non ci siano le prove e gli estremi per sostenere la colpevolezza dell’imputato e dunque rimanda tutto al mittente, nell’eventualità invece di apprezzamento delle prove fornite e di possibilità di ritenere l’imputato colpevole rinvia a giudizio. La decisione presa in queste circostanze dal giudice dell’udienza preliminare è invece più sottile e interessante: quello che ha constato è una sorta di insufficienza delle prove, chiedendo dunque di ascoltare alcuni colleghi di governo dell’ex ministro dell’interno Matteo Salvini nella prossima udienza, soggetti che si ritengono del tutto estranei e contrari alla scelta. Il dato interessante e da tenere in considerazione necessariamente è che sottoporre il leader della Lega a un procedimento penale non significherà , nel caso, esprimere un’opinione personale circa il suo operato o concordare o meno con il suo modo di rapportarsi con la vicenda dell’immigrazione: questa valutazione sarebbe inevitabilmente influenzata da propensioni, ideali, visioni tutte politiche, di cui tutta questa vicenda è in realtà profondamente intrisa. Quello che, nel caso di specie si andrà a valutare sarà piuttosto la sussistenza del reato di sequestro di persona, che, ex art.605 del nostro codice penale, viene definito puntualmente come privazione della libertà personale.
Il processo non è uguale per tutti
Andare a processo per un privato cittadino è molto diverso rispetto a quello che potrebbe succedere ad un ministro in caso di reato compiuto nell’esercizio delle proprie funzioni. La nostra Costituzione pone infatti una serie di garanzie sia per i ministri che per i parlamentari, con delle variazioni negli ultimi tempi. I reati ministeriali sono dunque solo quelli commessi dal Presidente del consiglio dei ministri e dai ministri stessi nell’esercizio delle proprie funzioni: questo significa che se un ministro ruba un pacco di pasta dal supermercato, il furto non rientrerà in questa tipologia, sarà un reato ministeriale solo se lo stesso ministro si renderà colpevole di un furto, ad esempio, ai danni delle casse dello Stato in qualità di membro del Governo. In realtà prima del 1989 si prevedeva che per i reati ministeriali fosse competente a giudicare la Corte Costituzionale in primis, ma a causa dello scandalo Lockheed in Italia che vide coinvolti due ministri e arenò il lavoro della Corte per molto tempo, si cercò una soluzione alternativa. Per questo l’attuale art.96 della nostra Costituzione stabilisce che il Presidente e i ministri sono sottoposti alla magistratura ordinaria, ma che prima di questa fase è necessaria un’autorizzazione a procedere da parte del Parlamento, solo dopo la valutazione all’esito delle indagini del Tribunale dei ministri (proprio come è successo nel caso Gregoretti e Diciotti). Ad alcuni questa previsione appare come un privilegio per i membri dell’esecutivo, ma , è necessario specificare che sarebbe stato impensabile eliminare una tale garanzia e assimilare un ministro ad un privato cittadino proprio per le circostanze delicate e talvolta difficili in cui opera, che portano a scelte talvolta importanti. Proprio per le ombre gettate da alcuni su questo istituto, esso è stato abrogato in caso di reato compiuto da un parlamentare, in particolare dopo la sfiducia cresciuta in seno al corpo elettorale dopo lo scandalo Tangentopoli: oggi l’art. 68 della Costituzione infatti, seppur sostiene l’immunità del parlamentare per i voti e le opinioni espresse nell’esercizio delle proprie funzioni, rende necessaria l’autorizzazione a procedere solo in caso di perquisizione personale o domiciliare, arresto, privazione della libertà personale, detenzione.
E tu, cosa ne pensi? E’ giusto che sussistano tali garanzie per ministri e parlamentari?Ma soprattutto, Matteo Salvini è colpevole?