“Eutanasia e suicidio assistito sono la stessa cosa?” e altre domande a cui (forse) non sapresti rispondere

La parola “Eutanasia” proviene dal greco e significa “buona morte”. Purtroppo, in Italia, come in molti altri paesi, questa pratica è ancora considerata come un vero e proprio tabù. 

La parola eutanasia è stata storicamente usata per indicare l’uccisione dei bambini deformi, dei malati mentali e degli anziani. In senso più ristretto, che è poi quello a cui fanno riferimento le leggi e le proposte di leggi permissive, per eutanasia può intendersi “l’uccisione indolore, direttamente voluta e medicalmente attuata in malati ritenuti destinati a una vita irrecuperabilmente inutile e sofferente”.

Eutanasia e suicidio assistito sono la stessa cosa?

La risposta è no. Con il termine eutanasia viene indicato il percorso che porta alla morte di un paziente la cui qualità di vita è gravemente compromessa da particolari patologie e menomazioni. Il paziente decide così di porre fine al suo stato doloroso prediligendo l’intervento, generalmente da parte di un medico, attraverso un’iniezione di un farmaco definito letale che pone fine alla sua agonia. Si definisce invece suicidio assistito un tipo di intervento passivo che coadiuva il paziente verso la sua scelta, in quanto, in questo caso, il medico collabora con il paziente malato. È quest’ultimo che decide di porre fine alla sua vita a causa di gravi patologie, menomazioni fisiche e psicologiche. Nel caso dei suicidi assistiti la decisione finale di morire spetta al paziente stesso, in quanto è lui che chiede al medico di prescrivergli il giusto mix di farmaci letali che pongono fine alla sua esistenza e non si ricorre all’aiuto di soggetti terzi. Occorre comunque specificare che, nei casi più gravi, come i malati che presentano patologie quali la SLA (sclerosi laterale amiotrofica) o impossibilitati a bere, è il paziente stesso che usa i limitati movimenti che il proprio corpo gli permette: per quanto limitato, si fa in modo che riesca a innescare un meccanismo capace di comandare la siringa che inietta nel sondino il fatidico mix di sostanze letali che lo inducono a terminare le sue sofferenze.

Qual è la procedura da seguire nel caso del suicidio assistito?

Il primo passo prevede l’attivazione dei contatti con la apposita struttura e l’invio della documentazione medica che attesti la patologia da cui la persona è affetta. Dopo l’accettazione da parte della struttura, è previsto un colloquio con il medico che accompagnerà alla fine il soggetto. Per legge, il medico è tenuto a far desistere il paziente che lo ha richiesto dall’atto finale e, quindi, reiteratamente chiederà alla persona se vuole terminare i suoi giorni oppure vuole rimandare il tutto ad un altro momento. Il soggetto può sempre cambiare idea e potrà fare ritorno a casa. Se si vuol proseguire nell’intento, il medico incontrerà nuovamente il paziente e ripeterà la richiesta se davvero si vuole procedere. L’atto di accompagnamento alla “dolce morte”, come detto prima, consiste nella preparazione di una dose letale a base di pentobarbital di sodio. Precedentemente, al paziente vengono somministrate due pastiglie anti-vomito in modo da poter assorbire meglio il composto chimico. A questo punto, il medico, ancora una volta, chiederà di desistere, ma nel caso in cui la persona voglia procedere, verserà la dose letale in un bicchiere di acqua per poterla sciogliere. È assolutamente indispensabile essere in grado di intendere e volere in quel momento e soprattutto poter essere in grado di prendere il bicchiere in mano e poter bere il composto. In pochi minuti il paziente si addormenta profondamente, in quanto tale composto contiene una forte dose di sonnifero. Nei minuti successivi, con il paziente addormentato e che non può percepire più nulla, interverrà l’arresto cardiaco, in quanto la dose letale è composta anche dal cloruro di potassio, che fa in modo che il cuore si fermi.

Viene violato il Giuramento di Ippocrate?

Sì, perché nel testo del Giuramento di Ippocrate viene sottolineato che il medico non deve mettere in atto atti finalizzati a dare o favorire la morte del paziente. Però bisogna notare come il codice deontologico sia già stato modificato dopo l’approvazione della legge per la interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in quanto, prima del 1978, il codice deontologico vietata l’IVG.

In Italia è legale?

Legato al tema dell’eutanasia e del suicidio assistito, c’è anche quello del testamento biologico. La legge sul testamento biologico, in Italia, è entrata in vigore il 31 gennaio 2018. In sintesi, la norma permette di stabilire in anticipo a quali esami, scelte terapeutiche o singoli trattamenti sanitari (inclusi anche la nutrizione e l’idratazione artificiale) dare o non dare il proprio consenso, nel caso di una futura incapacità a decidere o a comunicare. Con questa legge, dunque, è possibile per un paziente rifiutare determinate cure e lasciarsi morire, chiedendo allo stesso tempo di essere sedato o comunque di ricevere una terapia del dolore per evitare sofferenze fisiche e psicologiche. Secondo la legge sul testamento biologico non è invece possibile per un paziente che sia gravemente malato e sofferente, chiedere al medico o ad altri soggetti di aiutarlo a suicidarsi senza far loro commettere un reato. Recentemente, però, in base a quanto stabilito dai giudici e in attesa di un intervento del Parlamento, sarà possibile per il paziente “tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli” chiedere, con le condizioni viste sopra, di essere aiutato a suicidarsi senza indurre nessuno a commettere un reato. In sintesi, in Italia non è stata legalizzata l’Eutanasia ma, con certe condizioni, il suicidio assistito. I Paesi in cui è legale l’eutanasia sono solo 3: OlandaBelgio e Lussemburgo e in questi Stati, è legale anche il suicidio assistito. In GermaniaAustria e Finlandia – oltre che in Svizzera, che non fa dell’Ue – è legale il suicidio assistito ma non l’Eutanasia.

Quante persone si sottopongono a eutanasia/suicidio assistito e quali sono i prezzi?

È difficile raccogliere le cifre su scala globale. Statistiche relative alla Svizzera, mostrano che il numero delle persone che vivono nel paese e si sono sottoposte a suicidio assistito sono salite da 187 del 2003 a 965 del 2015. Secondo i Regional Euthanasia Review Committees del 2017, nei Paesi Bassi ci sono stati 6.585 casi di eutanasia volontaria o suicidio assistito, ovvero il 4,4% del numero totale di decessi. Circa il 96% dei casi è legato all’eutanasia, con meno del 4% di suicidi assistiti. Per quanto riguarda i prezzi, in Svizzera l’iter per un suicidio assistito si aggira intorno ai 10-13 mila euro.

Cosa ne pensa la gente?

Dipende da come viene posta la domanda. Secondo un sondaggio condotto dal Centro Nazionale per la Ricerca Sociale per conto dell’associazione My death dy decision, il 93% delle persone, nel Regno Unito, approva, o non è contrario a priori, al suicidio assistito per i malati terminali. Il sondaggio getta anche luce sulle opinioni relative all’eutanasia volontaria, e mostra che le persone sono generalmente favorevoli all’idea che i medici mettano fine alla vita di un malato terminale che ne faccia richiesta (78%), ma in misura minore qualora sia un parente stretto a occuparsene (39 per cento). Mostra, inoltre, che il deciso sostegno all’eutanasia volontaria è meno alto se la persona in questione è affetta da malattie non terminali.

Cosa ne pensano i medici?

L’eutanasia e il suicidio assistito si sono dimostrati una questione controversa tra i medici. Alcuni ritengono che il sostegno a tali idee sia in conflitto con il principio medico “non fare del male”. Tuttavia, alcuni medici sono favorevoli, almeno per circostanze specifiche come le malattie terminali, e sostengono che possa trattarsi di un atto di umanità, e che alle persone dovrebbe essere garantita l’autonomia di decidere quando morire. In un sondaggio rivolto a settemila medici ospedalieri britannici, il 43,4% si è schierato contro la morte assistita e il 31,6% si è dichiarato favorevole. Nei Paesi Bassi, un sondaggio rivolto a quasi 1.500 medici e pubblicato nel 2015, ha rilevato che più del 90% dei medici di base e l’87% dei geriatri erano favorevoli all’approccio progressista del loro paese nei confronti di eutanasia e suicidio assistito. Questo è forse dovuto al fatto che lo sviluppo delle leggi in vigore è avvenuto accogliendo anche i pareri del personale medico.

Ci sono preoccupazioni?

Alcune associazioni che si occupano di disabilità hanno espresso la propria preoccupazione dicendo che, a mano a mano che l’eutanasia e il suicidio assistito diventano pratiche più diffuse, potrebbe aumentare la pressione, per quanti sono affetti da malattie non terminali, a porre fine alla propria vita. Tuttavia, i medici, nei Paesi Bassi e in Svizzera, sono molto scrupolosi nel trattare le richieste dei pazienti e nell’assicurarsi che la loro situazione rientri in requisiti molto severi, rifiutandoli in caso contrario. Tuttavia, sicuramente, gli sviluppi delle leggi che permettono l’eutanasia o la morte assistita vanno gestiti con grande cura, soprattutto in quanto tali decisioni andranno contro i principi ecclesiastici, e apriranno ulteriori dibattiti in ambito etico e filosofico.

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