Black friday: compro ergo sum, identità e consumismo

La corsa all’affare è ufficialmente iniziata: è arrivato il Black Friday. L’indomani del giorno del ringraziamento è la data in cui, secondo una tradizione che si è consolidata negli anni Sessanta, i negozianti americani propongono sconti speciali per incentivare lo shopping e dare il via alle spese natalizie. Il consumismo sfrenato indotto da occasioni di questo genere induce a pensare a qual è il ruolo che oggetti e beni di consumo, soprattutto non necessari, rivestono nelle nostre vite. Il consumismo è forse diventato fonte di rassicurazione all’interno di una realtà sempre più instabile e in cui l’individuo fatica ad orientarsi?

Black friday: da fenomeno locale a fenomeno globale

Fino a pochi anni fa eravamo soliti osservare con curiosità l’abitudine diffusa negli States di trascorrere il giorno successivo al Thanksgiving in coda fuori dai grandi centri commerciali, l’abitudine che trasformava persone apparentemente normali in soldati d’assalto alla ricerca dell’offerta per accaparrarsi l’oggetto dei desideri. Nel giro di pochi anni eccoci qua: animali da shopping, ne più ne meno come gli uomini e le donne d’oltreoceano.

Fonte: skuola.net

La diffusuone di usanze, abitudini, costumi è incredibilmente velocizzata a causa del fenomeno della globalizzazione che tende ad accorciare le distanze ed annullare i confini. Le forme di espressione di un dato popolo non sono più legate alla dimensione locale ma viaggiano su una rete, tecnologica e non solo, che avvolge tutti i continenti, creando una cultura collettiva e globale costituita da flussi di significato che fluttuano intorno a noi come sostiene Clifford Geertz. La globalizzazione ha dunque creato una riformulazione culturale attraverso fenomeni transnazionali e pervasivi, il mondo é dinamico ed interconnesso e tra la tensione di omogeneizzazione è quella di eterogeneizzazione nascono i problemi che Arjun Appadurai individua nella post modernità. Egli evidenzia come ciò che spesso definiamo omogeneizzazione, in altre parole americanizzazione, ha un significato troppo generico: la dimensione culturale è molto più complessa e il rapporto tra locale e globale ed il ruolo che questo gioca nella costruzione identitaria della comunità e del singolo non è facilmente descrivibile.

La crisi d’identità e la rassicurazione del consumismo

I processi globali come l’accelerazione della storia ed il restringimento del pianeta descritti da Marc Augè provocano nel singolo un gran senso di incertezza. La liquefazione della societá descritta da Bauman investe tutti gli ambiti del reale: l’amore è liquido, la paura è liquida, e così via. L’insicurezza provocata dallo sgretolamento della società solida fa sì che si creino sempre più spesso crisi identitarie che sono diventate cifra connotativa e condizione esistenziale degli appartenenti ai Paesi ricchi. È facile che le incertezze per il presente e le ansie per il futuro si manifestino in comportamenti tesi a rassicurare, almeno apparentemente, le proprie più grandi paure, come le pratiche di consumo, volte a creare consumatori desideranti e mai soddisfatti.

Compro ergo sum: l’oggetto fonte fonte di formazione identitaria

La reinterpretazione del motto cartesiano in Compro ergo sum può ben descrivere la situazione legata al consumo nel mondo globalizzato. Le pratiche di consumo hanno assunto sempre più importanza e centralità nella vita quotidiana ed hanno portato alla formazione di individui saturi, definizione degli appartenenti alle società avanzate occidentali.

Fonte: Dagospia

L’atto del consumo diventa una pratica rassicurante, un modo per creare un legame con il proprio self fluttuante e non definibile, formatosi con l’altrettanto fluttuante cultura definita fan Geertz di cui si parlava prima. L’oggetto acquistato diventa l’espressione materiale di ciò che pensiamo ci definisca, la manifestazione concreta di un’identitá che fatica a formarsi e definirsi.

Le nostre identità, una volta ben delimitate localizzate entro precisi e concreti confini geografici, etnici, di classe e ideologia sono ormai in balia di riferimenti mutevoli o del tutto inesistenti. Proviamo sulla nostra pelle il segno delle società globali e della loro trasformazione, provocata dalla diffusione di tecnologie e forme di contatto e comunicazione sempre più flessibili e  decentrate.

Saturazione ed identitá relazionale

La saturazione dell’individuo è il fenomeno che indica il passaggio dalla modernità alla post modernità. Con l’accrescimento della complessità sociale per l’individuo diventa sempre più complicato scegliere ed individuare le fonti di significato, le relazioni intersoggettive che portano ad una definizione certa del sè. La saturazione, presupposto di base della creazione di una situazione di questo tipo, aumenta così sempre di più, generando un circolo vizioso di incertezze e assenze di riferimenti. Il soggetto è dunque portato a cercare la propria identità nelle relazioni con gli altri piuttosto che in se stesso, provocando ancora più confusione a causa dei differenti habitus, definiti da Bordieu, con cui di volta in volta ci mostriamo agli altri, in base ai diversi contesti e alle occasioni.

Fonte: Google sites

Privo di percorsi certi e prestabiliti, l’individuo viene attraversato dai dilemmi identitari: la ricerca di identità diventa un processo continuo di sperimentazione, di relazioni simboliche  all’interno del quale il consumo assume uno spazio privilegiato. Il semplice scambio di merci, per far fronte alle necessità primarie dell’esistenza, diventa così un processo di manipolazione di significati agganciati ai beni di consumo, che l’individuo fruisce per far fronte all’incertezza della sua esistenza.

L’evoluzione del consumismo: coca cola e jeans

La rivoluzione industriale ha fatto emergere la borghesia come nuova classe cosiate, in grado di consumare prodotti simbolici e non solo quelli necessari. Nella categoria sociale nascente emerge la necessità di definirsi attraverso la selezione di pratiche educative e formazione di spirito. Nel corso dell’Ottocento e del Novecento si conferma questo stile di vita che è portato alle estreme conseguenze grazie al boom economico, alla nascita del welfare e dall’individuazione dei giovani come categoria sociale rilevante per il consumo.

Fonte: romatg24.it

Negli anni Sessanta il consumo è diventato in definitiva legato al significato dei beni che si acquistano e non al loro scopo materiale, diventa così il messo di costruzione dell’identità che si delinea sempre più a livello internazionale:coca cola e jeans diventano gli emblemi del consumo giovanile. Negli anni Ottanta assistiamo alla frammentazione di diverse subculture che si rafforza ulteriormente negli anni Novanta. Il consumatore costruisce la propria identità comprando e conai dividendo il prodotto che diviene collante sociale: chi non lo possiede rischia l’escluzione.

L’ultimo decennio è legato alla personalizzazione del consumo: la chiave interpretativa della fluidità offerta da Bauman si palesa in tutti gli aspetti del quotidiano: lavoro, consumi, esperienze, identità, relazioni.

Maria Letizia Morotti

 

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