“Aspetto quindi amo”: l’importanza dell’attesa in chiamami col tuo nome e nei grandi romanzi

L’attesa è ciò che genera la suspance giusta per destare interesse in lettori o spettatori. L’attesa muove le scene e crea una scansione temporale e succede soprattutto nei romanzi, vediamo come.

Il film Chiamami col tuo nome (2017, L.Guadagnino) è stato definito da alcune recensioni una poesia sull’attesa. Questa acerrima nemica dell’animo umano è l’escamotage che gli autori di romanzi usano per scandire il tempo nelle loro opere, per crearne una dimensione non più ideale, ma capace di scorrere tra le righe.

L’attesa

Nelle più grandi e note storie raccontate da pagine di romanzi classici (e non), si crea un legame indissolubile tra l’aspettare e l’essere amato. Si vede come chi viene atteso diviene capace di manipolare ed assoggettare, in un certo senso, chi attende. Quest’ultimo si ritrova ad affrontare ogni tipo di sentimento, viaggiando anche con la fantasia, da momenti di dolce euforia alla tragedia. La nostra grande protagonista è diventata un topòs letterario vero e proprio ed è grazie a lei che viene scandito il tempo nelle storie che guardiamo da uno schermo o leggiamo. L’attesa accresce un desiderio che non riesce a trovare soddisfazione, rende immobili e inquieti tutti coloro che si trovando in sua compagnia

Chiamami col tuo nome è un film in attesa

Chiamami col tuo nome è un ottimo spunto per comprendere al meglio l’importanza dell’attesa, quasi come fosse un personaggio. 132 minuti con un andatura lenta della storia, con messaggi celati dietro le immagini, con azioni non viste ma risapute. Un racconto velato che scorre tra arte, musica e un caldo estivo negli anni ottanta. Oliver ed Elio Perlman si faranno travolgere dall’attrazione che provano l’uno per l’altro, un rincorrersi senza pensare a rischi. Dal loro primo incontro c’è attesa, quella che si dilata tra le scene e non lascia spazio, solo quella sensazione di fiato sospeso e quell’ingordigia di godersi la scena alla fine. Riflettendoci, ci sono momenti nelle nostre giornate che a volte sembra non finiscano mai, come se il tempo in quel momento si dilatasse e i minuti diventassero lunghissimi. Sarà stato forse anche questo lo scopo del regista, il voler dilatare il tempo in tutti quegli attimi per donarvi la giusta rilevanza.

È stata attesa che quell‘amicizia tra Oliver (il tirocinante ventiquattrenne americano) e Elio (diciassettenne confuso e alla ricerca dell’amore) diventasse amore; c’è stata attesa che Elio comprendesse la sua attrazione; c’è stata suspance con il ticchettio dell’orologio in quel lungo corridoio che scandiva i pensieri. Si aspetta è questa la verità, continuamente lo spettatore è fermo alla ricerca di un finale, nella speranza che nulla vada come si era già inteso. Tutti con il cuore nell’estate in cui abbiamo lasciato un pezzo di noi stessi e dove abbiamo vissuto la stessa impazienza e la stessa delusione di Elio davanti al camino.

Penelope e Ulisse, un’attesa dinamica

Dal noto poema epico, nasce ciò che è divenuto un vero e proprio topòs letterario: la donna che attende il ritorno dell’uomo amato. La tela di Penelope diventa il suo strumento per ingannare l’attesa. Grazie a questa viene scandito un tempo e creata un’operosità che riempie il vuoto lasciato dall’amato.

Finché il giorno splendea, tessea la tela
Superba; e poi la distessea la notte
Al complice chiaror di mute faci.
Così un triennio la sua frode ascose,
E deluse gli Achei.»
(OmeroOdissea II, 134-139.)

Ma cosa c’è dietro quest’azione? Il filare e disfare per tre anni, mille volte a comporre e disfare, rende l’attesa dinamica, mettendo anche al centro l’astuzia di Penelope che anche dopo essere stata scoperta sovverte ogni gerarchia. Attraverso l’attesa Penelope si evolve, mette in luce le sue abilità governative e di incantamento per aggirare le difficoltà arrecatele. Senza violenza si emancipa e si manifesta, scandendo il tempo e le sue giornate con riti e gesti ben precisi.

Didone attesa non attesa

L’abbandono che vive Didone per il distacco da Enea, la investe così tragicamente che l’attesa diventa tanto asfissiante da trasformarsi in angoscia, tragedia e morte. Davanti agli occhi di questo secondo topòs letterario (donna abbandonata), viene rivissuto un dolore passato. Questa donna con Enea, riscopre l’amore che credeva sepolto con il defunto marito Sicheo. In Enea si concentra tutto l’amore che provava per il marito, la paura di perderlo e di ricevere un nuovo dolore la incrudelisce e dopo molti scontri con la speranza di convincere Enea, ritorna il buio per la donna. Un dolore tale, in grado di avvolgere il suo presente e mescolarlo con il passato, riportando in luce il dolore del lutto. Sceglie di non aspettare, perché non vede via d’uscita e si toglie la vita.

Gatsby l’attesa dell’amore nasconde quella capitale

Fitzgerald con The great Gatsby rappresentò il legame tra amore e capitalismo. Ma anche qui, nonostante ciò, l’attesa è sfondo. Questa genera il binario su cui camminano parallele in tutto il romanzo l’interesse di Gatzby per il verde dollaro e Daisy. Ma il punto è che, l’attesa della conquista di Daisy Buchanan sia amore per lei o perché con lei raggiungerebbe l’apice del suo sogno capitalistico. Si può dire che intorno al ‘900, la letteratura ha creato con l’attesa altri topòs che ritroviamo ancor oggi, ad esempio l’attesa guardando l’orizzonte. Non è forse Gatsby descritto su di un pontile, “proteso, con le braccia tremanti verso le acque scure” guardando in direzione della luce verde? Tipica immagine di chi attende, questa ricorre in tutto il romanzo. Anche se a quanto pare, i personaggi del romanzo sembrano tutti in attesa, tutti colti in un momento di sospensione, di passaggio partendo da Nick Carraway al marito di Daisy, Tom. Ogni momento in cui l’attesa sembra essere giunta a termine, ci si ritrova sospesi di nuovo. Ogni personaggio attende, continuamente senza mai trovare soddisfazione, rendendo tutto confuso. Fitzgerald lascia tra le sue pagine questa nebbiolina di incomprensione forse proprio con lo scopo di lasciare a noi la scelta e di darci la libertà di abbracciare la chiave di lettura che più ci convince.

Piccolo off-topic: ma il verde non è il colore dei dollari?

L’amore ai tempi del colera

Nei grandi romanzi l’attesa è il moto dell’amore e Marquez in L’amore ai tempi del colera ce lo dimostra. 53 anni, 7 mesi e 11 giorni è il tempo che separa Florentino e Fermina. Ci sono coordinate ben precise e l’autore ci regala continuamente momenti in cui ci si cala nei panni di Florentino, come lui si diventa impazienti, come lui si assiste alla dilatazione temporale che abbraccia tutto il romanzo e che in questo caso ci fa assistere ad un’attesa vuota. L’attesa è la vera protagonista del romanzo in questo caso, che fa da scenario alla fedeltà dei sentimenti che Florentino prova per Fermina. Un amore testardo, come quello di Elio, tanto da contare i giorni e da farci rendere conto di quanto distruttivo possa essere avere sempre lo sguardo rivolto all’orizzonte con la speranza come unica compagnia.

Quando c’è attesa il tempo rallenta

Chi durante un momento di attesa non ha sentito il tempo rallentare? Lo scandire del tempo, delle ore e dei minuti è per l’uomo un esigenza anche di ordine mentale. Ma l’attesa in realtà condiziona le vite di noi tutti comunque, che noi ce ne accorgiamo o no. Ovviamente in  momenti come quelli amorosi sembra che essa prenda quasi possesso del tempo, pigiando sul tasto del rallentatore. Dietro molti autori risiede un motivo autobiografico (Marquez ad esempio) e quindi hanno provato a dimostrare la snervante lentezza del tempo in attesa. Si sono inevitabilmente creati dei topòs in cui si attende: la notte, il tramonto, l’orizzonte…

Kafka attese Milena e questo amore che non fu, Dino campana attese sibilla per godersi quell’amore di cui tanto avevano bisogno, Fitzgerald attese Zelda e una seconda possibilità di ricostruire. Insomma tutti aspettiamo, dobbiamo solo decidere come farlo.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.