Arriva il mandato d’arresto per Netanyahu dalla Corte Penale Internazionale: cosa significa?

Nelle ultime si parla tantissimo della notizia del mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale nei confronti di Netanyahu, ma cosa significa?

Una notizia che molti di noi si aspettavano arrivasse ben prima di questo inoltrato maggio 2024, ma che è finalmente giunta. La Corte Penale Internazionale ha pronto un mandato d’arresto per il premier israeliano Netanyahu e per i quattro capi di Hamas. Certamente questo fa capire a oggi la portata delle azioni compiute nella cornice del conflitto israelo-palestinese, che si è riacceso con gli attacchi del 7 ottobre 2023. Si parla di crimini di guerra, compiuti sia da una parte, che dall’altra.

Il mandato d’arresto

La notizia dell’emissione del mandato d’arresto è arrivata nella giornata del 20 maggio, scuotendo il clima mondiale. Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale ha infatti chiesto alla Camera preliminare del tribunale dell’Aja di emettere mandati di arresto per ben sei persone coinvolte nella crisi della striscia di Gaza. Per quanto riguarda Israele, si parla non solo del Primo Ministro Benyamin Netanyahu, ma anche del ministro della Difesa Yoav Gallant; per la Palestina, i capi di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masri. Le accuse sono quelle di aver compiuto crimini di guerra e crimini contro l’umanità nella striscia di Gaza.

Deumanizzazione nel conflitto

La domanda a cui tutte le persone con un minimo di senso etico hanno pensato almeno una volta vedendo i footage delle notizie della striscia di Gaza è:”ma com’è possibile che degli esseri umani possano infliggere tanta sofferenza a dei propri simili?”. A questa domanda hanno provato a rispondere moltissimi sociologi, criminologi e vittimologi, soprattutto a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Kelman è il primo che ha dato una risposta importante: attraverso la deumanizzazione è possibile portare avanti un genocidio. La deumanizzazione è un processo attraverso cui un gruppo sociale toglie consapevolmente o non, dei tratti tipicamente umani a un altro gruppo sociale, da esso considerato inferiore, nemico, cattivo. Così facendo, il cosiddetto outgroup viene effettivamente dipinto come meno umano e percepito come tale. Per questo è possibile abusare dei membri del gruppo, escluderli, marginalizzarli o addirittura sterminarli.

Il genocidio palestinese

Riprendendo il pensiero di Kelman, la deumanizzazione dei palestinesi, considerati come insetti infestanti malefici, è l’ultimo step di una catena di morte. Il primo step che prepara il terreno al genocidio palestinese è infatti quello dell’autorizzazione: lo Stato e i suoi rappresentanti istituzionali affermano ufficialmente che fare azioni ai danni dei palestinesi è totalmente normale e ok, anche con leggi e provvedimenti amministrativi. Dopo ciò, è necessaria una fase di routinizzazione, nel quale i membri della società non si pongono più domande sulla marginalizzazione di un gruppo: semplicemente è una cosa normale. Solo qui arriva la fase della deumanizzazione, in cui i crimini più spietati possono avvenire ai danni di un sottogruppo. Questo apre le porte a un genocidio, ossia all’eliminazione violenta da parte di una società o di uno Stato di un gruppo sociale, religioso, culturale, etnico. E cosa sta succedendo da 70 anni in Palestina se non questo?

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