Dietro le quinte di “Minority report” si nasconde un inedito Aristotele, la sua morale rinnovata e un’umanità sempre più legata alle proprie antiche radici.
Immaginate uno stato ideale in cui il numero di omicidi annui viene ridotto a zero, nel quale non esiste criminalità. È proprio lo scenario che ci si presenta nel film di cui parliamo oggi. Una realtà del futuro priva di killer, in cui ogni tipo di crimine viene addirittura previsto ed evitato con la massima certezza ed efficienza. Ora immaginate l’infinito dibattito pubblico sul reale funzionamento di un sistema di giustizia per così dire a priori, che punica l’intenzione invece che l’atto. Interviene così il nostro filosofo, ma che dico, il maestro dei maestri, l’highlander della nostra specie, Aristotele. Senza esitazione ci spiega per filo e per segno tutto quello che c’è da sapere sull’intenzionalità, su ciò che significa scegliere ed essere liberi e virtuosi. Ma soprattutto ci ricorda quanto poco siamo cambiati nell’arco di oltre due millenni.
“Minority report” ci presenta un futuro di estremismo giuridico
Siamo nel futuro. Accade qualcosa di mai visto. Nascono tre bambini, gemelli, dalle capacità semplicemente straordinarie. Vengono strappati alla propria infanzia e messi in una specie di coma. Sono i precognitivi, la cui attività cerebrale predice sostanzialmente l’avvenire. Si forma un organo di polizia estremamente particolare, che si occupa dei crimini che possono essere previsti ed evitati grazie ai tre precognitivi che vengono controllati appunto in questa sorta di coma. Si apre un dibattito pubblico inarrestabile tra i contrari all’arresto preventivo e i sostenitori di una civiltà senza omicidi. La faccenda si complica quando il responsabile di questo singolare organo di polizia, tra i più grandi promotori del nuovo sistema, viene coinvolto in un ipotetico futuro crimine di cui sarà, secondo i precognitivi, l’assassino. Il nostro protagonista fugge dai propri colleghi, convinto che mai e poi mai potrebbe commettere un gesto del genere. Il finale non ve lo spoilero, ma non c’è dubbio sul fatto che si apre a questo punto un enorme interrogativo. Provate a mettervi nei panni del nostro amico poliziotto. Riuscireste a concepire che le vostre azioni future siano così determinabili e irreversibili? È qui che entra in scena il maestro Aristotele.
Aristotele rivendica i diritti d’autore sul concetto di scelta
Il grande filosofo greco ci offre la soluzione al dilemma in una delle opere di filosofia morale più incredibili che siano mai state scritte. Aprite pure l’Etica nicomachea. Stiamo parlando di un discorso sulla felicità umana di livello assoluto. Aristotele però, in tutta la sua precisione di insegnante, non tralascia i dettagli. Se la felicità la si costruisce con azioni virtuose, quali azioni possono essere definite davvero virtuose? Quelle che sono frutto delle nostre scelte, semplice. È qui che il maestro tira fuori dal cappello una riflessione minuziosa su cosa significa scegliere, ma soprattutto su cosa sia l’intenzionalità. Ed è qui che ci soffermiamo. Nell’ottica aristotelica scegliere significa compiere un’azione in modo volontario, altrimenti si tratterebbe di una scelta non autonoma. Anche attraversare le strisce pedonali è un’azione volontaria, ma lo facciamo (se lo facciamo) perché ce lo dice una regola. Quindi non basta essere consapevoli del proprio agire, scegliere un’azione buona in modo totalmente libero e indipendente significa farlo a prescindere da qualunque causa esterna. E ciò avviene solo se ci serviamo di quella incredibile facoltà che è la nostra anima razionale. L’idea di fondo è che siamo effettivamente animaleschi nel nostro essere determinabili, condizionabili, ma non lo saremo mai abbastanza finché ci sarà quella particolare fonte di indipendenza che si chiama ragione.
La ragione resta una via di fuga per l’autodeterminazione
Ovviamente il finale del film non ve lo dico, ma è fuori dubbio che Aristotele una chiave di lettura ce la dà alla grande. Certo, stiamo parlando di una visione delle cose abbastanza antropocentrica come quella che ha caratterizzato la cultura greca antica, di fatto il nostro maestro, pragmatico e scientifico come pochi, pur consapevole del limite animale cui siamo sottoposti in quanto umani, ci eleva nella potenzialità della nostra ragione. Una prospettiva di questo tipo ha avuto in realtà un grande successo nella filosofia successiva, diventando un caposaldo dell’età moderna. Si pensi a Kant, ad esempio, che fa una ricerca dettagliata delle condizioni per cui sarebbe possibile essere liberi di scegliere la moralità o meno.
Quindi tranquilli, nessun precognitivo potrà mai sbattervi in galera, nemmeno nel terzo millennio. Grazie Aristotele.