Voglio raccontarvi di Marina Abramovic e del suo Rhythm 0, un allegro esperimento di dissociazione e violenza degno della bambola di Bandura. Non adatto a chi ancora caccia unicorni e crede che Rousseau fosse un valido conoscitore dell’animo umano. Maneggiare con cura.
Esiste un dogma nella violenza?
Ne esistono tanti, a partire dallo stratificato bisogno di appartenenza in una società che ha sempre privilegiato la violenza come forma di affermazione. Albert Bandura sostenne nel 1960 che la stessa aggressività poteva essere appresa in modo imitativo; dunque perché limitarsi all’immaginario di genitori o caregiver che ne adoperino l’uso? Ci pensa la cultura della nostra società ad insegnarci il prezzo del male con la legge del taglione. E se anche Cesare Beccaria non sarebbe stato d’accordo come molti di noi, su una società in cui il male non è che una medesima virtù, ci avrebbero pensato anni di violenza e depravazione impunita a mostrarci il vero volto ipocrita della società moderna.
L’esperimento della Bambola Bobo
Trattasi di una ricerca sperimentale sull’aggressività condotta da Albert Bandura nel 1961, volta a dimostrare che vi è un’aggressività latente anche nei bambini e che quest’ultima può facilmente essere tirata fuori mediante meccanismi di imitazione.
Bandura creò tre diversi gruppi di bambini in età prescolare:
- un primo gruppo vide uno dei suoi collaboratori picchiare ripetutamente una bambola a colpi di martello dinanzi ai bambini, urlando frasi intimidatorie all’indirizzo di quest’ultima come fosse una persona.
- un secondo gruppo venne invece accompagnato da un collaboratore che giocava con le costruzioni e ignorava completamente la bambola Bobo.
- un terzo gruppo, invece, vide i bambini in assenza totale di caregiver o figure di accompagnamento, lasciandoli liberi di giocare in presenza della bambola.
Tutti questi gruppi vennero mandati in un secondo momento in un’altra stanza dove erano presenti giocattoli più disparati; da modellini e costruzioni a fionde e fucili.
Parve evidente da subito che i bambini che avevano trascorso le prime ore con l’accompagnatore violento, avevano tendenze più aggressive verso oggetti e verso i loro coetanei; rispetto, invece, agli altri due gruppi che mantenevano un comportamento più socievole e meno incline alla violenza.
Anni dopo, Bandura poté ripetere lo stesso procedimento anche su gruppi formati da adolescenti, tentando anche di capire se l’etnia avesse un’effettiva incidenza. Ancora una volta gli adolescenti più violenti provenivano dal gruppo in cui era presente l’accompagnatore violento e i successivi rilievi sull’incidenza etnica risultarono invece nulli.
La forma d’arte di Marina Abramovic
Napoli, 1974; anni di un’Italia zeppa di violenza politica e di un’umanità sempre più rara. Un’artista nota per essere tra le righe, Marina Abramovic decise di rielaborare i test di Bandura diventando la nuova Bambola Bobo. Marina scelse di allestire un tavolo con numerosi oggetti tra cui; una piuma, una forbice, del pane, una rosa, catene e una pistola con un proiettile. Allegò insieme agli stessi un biglietto che recitava;
- Ci sono 72 oggetti disposti sul tavolo alle mie spalle. Potete usarle su di me nel modo che preferite.
- Io sono l’oggetto.
- Mi assumo completamente la responsabilità di quello che faccio.
- Durata; 6 ore (dalle 20.00 alle 02.00)
Marina dichiarò che avrebbero potuto ucciderla e si mise nelle mani delle persone presenti, lasciandole libere di scegliere come interagire con lei e se farlo, accettando passivamente qualunque cosa avrebbero potuto farle.
Il pubblico trascorse le prime ore osservando Marina con curiosità, ma con il passare del tempo, presa nota della sua totale accondiscendenza, alcuni cominciarono a punzecchiarla tagliandole via parti dei vestiti, altri iniziarono a toccarla e con il passare delle restanti ore, molti di loro iniziarono concretamente a ferirla. Le bruciarono la pelle con una candela, usarono le lame per infliggerle dolore, qualcuno le ruppe il naso con un pugno, alcuni tra gli altri iniziarono a deriderla e insultarla annichilendola psicologicamente. La performance si interruppe poco prima dello scadere delle sei ore, quando alla Abramovic venne data in mano e posizionato il dito sul grilletto della pistola carica; intervenne il gallerista con alcuni collaboratori buttando l’arma dalla finestra ed evitando che la situazione finisse in tragedia.
Marina avrebbe dichiarato poche ore dopo;
“Quello che ho imparato è che se ti affidi e ti abbandoni al pubblico loro possono arrivare ad ucciderti. Mi sono sentita davvero violata; qualcuno ha iniziato conficcandomi le spine della rosa nello stomaco e l’aria è diventata rapidamente aggressiva. Poco prima della fine ho cominciato a camminare verso di loro, cercando un contatto diretto. Quasi tutti hanno evitato un confronto e hanno abbassato gli occhi.”
Considerazioni finali
Il riflesso della cultura moderna è fatto di tanto “pubblico” in cerca di tante Bambole Bobo su cui sfogare odio e frustrazione. Le norme sociali ci insegnano da sempre il confine ideologico demarcato dal senso pratico di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; ma la cultura da cui siamo indottrinati giorno per giorno ci racconta una realtà diversa. Ci racconta della violenza che primeggia sul bene e su come la medesima debba essere più grande per abbattere il male; ci mostra una realtà narcisista dove fin da giovani non si accettano le sconfitte; non si accetta di arrivare secondi e si è disposti a tutto pur di ristabilire un contorto senso di giustizia.
Oggigiorno la violenza è “il” mezzo più grande di legittimazione sociale e poco importa che essa sia solo all’apparenza una dinamica antisociale. Ciò che condanniamo non è poi così lontano da ciò realmente saremmo disposti a fare. Il perché attendere che lo faccia qualcun altro serve solo a deresponsabilizzarci. Se vediamo il male intorno a noi, se del bene non rimane solo che la parvenza, allora non rimane più niente da proteggere. Tantomeno la coscienza.