776 a.C. : gli antichi campioni si sfidano per la prima volta in onore degli Dei

Come si svolse la prima Olimpiade.

Le Olimpiadi sono il punto più alto a cui un’atleta possa arrivare, sia vincendo l’oro sia “solo” partecipandovi in rappresentanza del proprio paese. I giochi olimpici moderni sono stati inventanti dal barone Pierre de Coubertin e si sono svolti ad Atene nel 1896, per richiamare la tradizione greca dei giochi. Ma come si è svolta invece la prima Olimpiade della storia? Scopriamolo.

La mitologia

Dell’origine delle Olimpiadi antiche non abbiamo certezze, ma solo molte leggende. Nella prima metà del II millennio a.C. viene documentata all’interno della civiltà minoica un’attività intensiva finalizzata al culto del corpo, tra cui spicca la ginnastica parallela (il volteggio sopra i tori, la taurocatapsia), ma anche lotta e pugilato (questo di sicuro disputato nell’antico Egitto).

La prima menzione dei giochi sportivi nella letteratura greca risale a Omero, che descrive nel XXIII canto dell’Iliade dei giochi funebri organizzati da Achille per onorare la memoria di Patroclo, ucciso durante la guerra di Troia.

Poi abbiamo Pindaro, vissuto nel V secolo a.C. e autore di 14 odi olimpiche, che ci riferisce alcune delle origini mitiche dei giochi.

Una versione vuole che proprio all’interno del sacro recinto dove fu sepolto il grande Pelope (colui che diede il proprio nome all’intera penisola del Peloponneso), nella valle dell’Alfeo (fiume del Peloponneso), vennero istituiti i giochi in suo onore.

Una seconda versione pindarica vuole che il fondatore dei giochi sia stato Ercole dopo aver ripulito le stalle di Augia (quinta impresa delle celebri dodici fatiche): abbatté le pareti, vi deviò il corso del fiume Alfeo e, dopo aver ucciso il re che si era rifiutato di consegnargli la dovuta ricompensa, per ingraziarsi gli dei istituì i giochi stabilendo che il premio fosse un rametto d’ulivo proveniente dalle fonti dell’Istro. A quella prima edizione parteciparono gli stessi Apollo ed Ares.

Anche Pausania il Periegeta nella sua Periegesi della Grecia (V e VI libro) tramanda altri miti: sarebbero allora stati i Dattili, cinque fratelli custodi del neonato Zeus, che si cimentarono in una gara di corsa per intrattenere il futuro re degli dei; incoronarono inoltre il vincitore con una corona d’ulivo.

Versioni alternative vogliono che lo stesso designato re degli Dèi dopo aver sconfitto il padre ad Olimpia, ne volle celebrare il successo istituendone i giochi.

I modelli che emergono da questi miti sono che i greci credevano che i giochi avessero le loro radici nella religione, che la competizione atletica fosse legata al culto degli dei, e che il rispetto dei giochi antichi era inteso a portare pace, armonia e un richiamo alle origini della vita greca.

La statua di Zeus nel tempio ad Olimpia, alta 12 metri ed una delle sette meraviglie del mondo antico

Nella Storia

Durante la civiltà micenea (II secolo a.C.) pugilato e lotta si diffusero da Creta al continente, divenendo rapidamente discipline popolari. Omero nell’Iliade  descrive otto gare disputate per le celebrazioni funerarie di Patroclo; in queste sono presenti l’agòn, (competizione), un athlon (da cui “atleta”) ed un premio dato al vincitore per sottolinearne l’eccellenza, areté.

Le gare si aprivano nell’Ippodromo con le gare di corsa dei cavalli con cinque carri, seguiva il pugilato, mentre la terza era la lotta, poi veniva la corsa nei campi, la quinta era una battaglia in armi (che terminava alla prima ferita inferta all’avversario), a seguire il lancio di un oggetto pesante (il solos), il tiro con l’arco al bersaglio ed infine il giavellotto. Anche nell’Odissea sono descritte gare sportive che si svolgono nella mitica isola dei Feaci; si svolgono durante un banchetto e sono praticamente le stesse dell’Iliade, con l’unica differenza che il solos è divenuto un lancio del disco. La novità è invece costituita dall’halma (salto in lungo).

Il primo documento scritto che può riferirsi alla nascita delle Olimpiadi parla di una festa con una sola gara: lo stadion (gara di corsa). Successivamente altri sport si aggiunsero alla corsa con il numero delle gare che crebbe fino a venti, per durare sette giorni.

I vincitori delle gare erano oggetto di ammirazione e venivano immortalati in poemi e statue, e fregiati di una corona di ulivo. Per tutta la durata dei giochi venivano sospese le ostilità in tutta la Grecia. I Giochi si tenevano ogni quattro anni e lo spazio di tempo compreso tra le due celebrazioni divenne noto come “Olimpiade”, dopo essere stato adottato come elemento di computo cronologico dallo storico siciliano Timeo (IV-III sec. a.C.).

La partecipazione era riservata ai cittadini greci maschi liberi, erano esclusi invece gli schiavi, i barbari, gli assassini, i sacrileghi e le donne. La necessità di dedicare molto tempo agli allenamenti permetteva solo ai membri delle classi più facoltose di prendervi parte. Si consideravano giochi “internazionali” poiché i partecipanti provenivano dalle varie città stato della Grecia, ed anche dalle colonie.

Per tradizione i giochi erano fatti in onore di Zeus, nella città di Olimpia.

La fine

I Giochi persero gradualmente importanza con l’aumentare del potere romano in Grecia: all’inizio furono benvoluti e aperti anche a Romani, Fenici, Galli e altri popoli sottomessi e i romani stessi cercarono di replicarli; Nerone ad esempio, aprì un’enorme edizione dei giochi a Roma in cui tutti gli atleti dell’Impero Romano poterono partecipare, lui compreso. Ma malgrado continuassero a svolgersi anche nel periodo romano, le Olimpiadi non erano più prestigiose come prima: oltre a non parteciparvi più solo greci, sorsero anche problemi legati alla corruzione dei giudici e problemi legati alla sicurezza delle manifestazioni.

La rapida cristianizzazione dell’Impero a partire dal IV secolo ebbe poi un’influenza determinante nel definitivo declino dei Giochi e nella loro estinzione. Quando il cristianesimo divenne ufficialmente la religione di Stato dell’Impero Romano, i vescovi e gli scrittori cristiani espressero chiaramente sia la loro avversione per le celebrazioni e le festività pagane  sia la repulsione nei confronti dell’agonismo. I Padri della Chiesa in numerosi scritti esortano infatti i fedeli a resistere alle infatuazioni delle competizioni olimpiche: sant’Agostino ad esempio deprecò con toni aspri gli spettacoli atletici.  Fu così che nel 393 d.C., dietro l’influenza del vescovo di Milano Ambrogio, l’imperatore Teodosio soppresse questi giochi di natura religiosa, che secondo Ambrogio “non avevano più ragione di esistere”.

Per concludere l’opera nel 426 d.C. l’imperatore Teodosio II ordinò la distruzione di tutti i templi pagani, inclusi i luoghi delle Olimpiadi: la meravigliosa statua di Zeus ad Olimpia venne così fatta trasportare a Costantinopoli da un certo Lauso, che la incluse nella propria collezione privata. Oggi la statua non esiste più a causa di un incendio che dovrebbe averla distrutta verso la fine del V secolo circa.

 

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