ANCHE SE È REALE NON SI VEDE: SCOPRIAMO I PIÙ FAMOSI MOSTRI MARINI DELLA STORIA

Grossi, imponenti, mitologici mostri marini. Lontani dalle acque tutti coloro che vogliono sfuggire a queste terribili leggende. Ma quali sono i mostri marini più famosi?

Per definizione un “mostro marino” è una creatura mitologica che, tendenzialmente, domina il mare. La loro presenza è attestata nelle antiche carte marittime utilizzate prima dell’avvento della moderna cartografia. Erano rappresentati principalmente dai viaggiatori, i quali affermavano spesso di averne assolutamente visto uno. A parte qualche caso, come il megalodonte, che si è rivelato un dinosauro estinto, si parla di tanta fantasia, ma è un dato di fatto che molti di questi mostri siano rimasti impressi nella memoria collettiva, entrando a far parte della storia.

IL KRAKEN

Come non partire dal famigerato kraken. Questo enorme mostro ha fatto tremare le ginocchia colme di rum di parecchi marinai. Le cronache nordiche lo descrivono come una creatura grande come un’isola, narrato nella saga di Oddr come un mostro in grado di inghiottire senza problemi navi, uomini e “persino balene”.  Anche Plinio il Vecchio diceva di aver avvistato una piovra gigante sulle coste spagnole, capace niente poco di meno che di uscire dall’acqua e arrampicarsi sugli alberi. Nei secoli non solo Plinio affermò convinto di averne visto uno. Molti sostengono di averlo scorto nelle acque, descrivendolo accuratamente come una bestia lunga più di un miglio, appostata sui fondali, smossa verso la superficie dal fuoco dell’inferno, intenta a sputare strane sostanze nere che scuriscono le acque. Ad alimentare la leggenda furono sicuramente i marinai, che, tornando dalle loro spedizioni raccontavano di un “diavolo rosso” che afferrava i poveri malcapitati per mangiarseli. Nonostante molti fossero increduli rispetto questa leggenda, gli avvistamenti non si fermarono, anzi. Il baleniere Frank Bullen riferì di aver visto un kraken battersi con una balena, mentre il capitano Frédéric Bouyer giurò di averlo visto scappare via dal fuoco dei suoi fucili. Fu la letteratura, infine, a consacrare la presenza del kraken nei mari del nord e di tutto il mondo. Julies Verne, ad esempio, nella sua opera “Ventimila leghe sotto i mari” descrive l’attacco di una piovra gigante ai danni del sottomarino Nautilus. Basandosi sulla descrizione che ne fu data nei secoli, per gli scienziati moderni il kraken altro non è che un esemplare di calamaro gigante, della famiglia degli Architeuthidae. Questo esemplare, avvistato poche volte, può raggiungere, per le femmine, una lunghezza di 14 metri.

“LIBERATE IL KRAKEN”

“Scontro tra titani”, film, 2010.

Locandina del film “Ventimila leghe sotto i mari”, tratto dall’omonimo romanzo (Walt Disney Productions, 1954).

SCILLA E CARIDDI

Senza dubbio anche Scilla e Cariddi si sono assicurate un posto nell’Olimpo dei mostri marini. Secondo la leggenda Scilla era una naiade, rivendicata come amante da Poseidone. Divenne mostro quando la gelosa moglie del dio, Anfitrite, per levarsela di mezzo, decise di trasformarla in un orribile essere, usando una pozione versata in una pozza d’acqua dove Scilla faceva il bagno. La versione di Ovidio racconta che Scilla fu invece una ninfa, solita recarsi sulla spiaggia di Zancle. Qui la ninfa attirò le attenzioni di Glauco, che, vistosi rifiutato, chiese a Circe consigli sull’amore. Glauco voleva un filtro d’amore, ma Circe voleva Glauco. Il dio non voleva tradire il suo amore per Scilla, e la maga, furiosa, trasformò Scilla in un mostro. Insomma, la storia finisce sempre nello stesso modo. Mostro marino. Il suo aspetto è quello di un essere con sei lunghe teste di cane e gambe di serpente, e per l’orrore della sua stessa figura, secondo il mito, Scilla si rifugiò su uno scoglio dello stretto di Messina, davanti alla sua collega, Cariddi. Quest’altro mostro vanta purtroppo la stessa sfiga. Era conosciuta come una naiade ladra e vorace, figlia di Poseidone e Gea. Un giorno decise di rubare ad Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni. Zeus la fulminò per punirla, poi la spedì in mare dove venne tramutata in un mostro. Secondo le rappresentazioni Cariddi sarebbe simile ad una lampreda, con grandi file di denti, occupata a risucchiare e rigettare acqua, creando così vortici mortali. Sono entrambe citate nel XII libro dell’Odissea, quando il protagonista Odisseo le incontra mentre attraversa lo stretto di Messina percorrendo il giro (quello “breve e veloce”) per tornare ad Itaca. Circe aveva suggerito ad Odisseo di passare vicino a Scilla, in quanto sarebbe stato più difficile per lui evitare Cariddi. Nonostante ciò Scilla non manca di sgranocchiare sei compagni di Odisseo in un momento di distrazione. Anche Virgilio ne “l’Eneide” cita i due mostri, così come fa l’l’opera le “Argonautiche”, narrando di come gli Argonauti aggirarono i due mostri aiutati da Teti.

Scilla e Cariddi attaccano la nave di Odisseo.

LE SIRENE

Ebbene sì. Storicamente le sirene erano tutt’altro che ribelli adolescenti con i capelli rossi impegnate a farsi notare dal principe belloccio di turno. Sempre secondo l’Odissea, le Sirene erano creature pericolose, crudeli e assolutamente da evitare. Abitavano un isolotto vicino Scilla e Cariddi e il loro compito era quello di ammaliare e uccidere gli sfortunati marinai che avevano l’ardire di passargli accanto. Ma Odisseo non era un marinaio come gli altri. Era ansioso di sentire il canto delle Sirene, e la sua sete di conoscenza lo obbligò ad ignorare le avvertenze della maga Circe pur di soddisfare la sua curiosità. Nel poema le Sirene tentano Odisseo, e gli promettono di fargli apprendere tutto ciò che vuole. Lo invitano a lasciar andare qualsiasi legame familiare ed emotivo al fine di raggiungere la conoscenza “onnisciente”. L’isola disseminata dai cadaveri non spaventa l’eroe, il quale, dopo aver chiuso le orecchie dei suoi compagni con l’ovatta per proteggerli, si fa legare all’albero della nave per evitare di gettarsi in acqua e raggiungere i mostri. Le Sirene, secondo la tradizione, erano tre: Partenope, Leucosia e Ligea. Disperate poiché Odisseo rifiutava di cedere, si uccisero, e la più famosa, Partenope, si arenò sulle coste dell’attuale città di Napoli. Anche nelle “Argonautiche” sono citate le Sirene. Qui è Orfeo a salvare i suoi compagni Argonauti, distraendoli dal canto delle Sirene suonando una canzone allegra con la sua cetra. La rappresentazione delle Sirene di Odisseo non è quella universalmente conosciuta. Erano infatti esseri femminili, con testa umana e artigli e il corpo a forma di uccello, maestre nel canto, nell’arte di suonare la lira e il flauto. Il mezzo uomo mezzo pesce è infatti prerogativa di Tritone. Egli era figlio di Poseidone e Anfitrite, e da lui sarebbe nata una schiera di suoi simili chiamati appunto Tritoni. Il loro compito era difendere il palazzo dorato di Poseidone posto in fondo al mare e scarrozzare in giro lui e le altre divinità su carri trainati da loro stessi.

Odisseo e le Sirene.

IL MOSTRO DI LOCH NESS

È lui. L’unico e l’inimitabile. The one and only. Talmente pericoloso da avere un nome minacciosissimo: Nessie. Ma chi è davvero? La storia inizia nel medioevo, con un discepolo di San Colombano, Adamnano di Iona. Egli narra nella sua opera “Vitae Sancti Colombae”, la vita del monaco irlandese San Colombano, il quale, recatosi in Scozia per cristianizzare i residenti, si ritrovò ad assistere al funerale di un uomo, attaccato nel fiume Ness da una strana figura subacquea. Si tornò a parlare di Loch Ness secoli dopo, negli anni ’30 del 1900, quando alcune persone giurarono col mignolino di aver visto un mostro sguazzare nel lago. Nel 1933 Hugh Gray scattò le prime foto, sventagliando ai quattro venti quella che per i più era solo la foto fatta male del suo labrador. Purtroppo, mannaggia, il negativo andò perduto, quindi non si poté dire se fossero foto autentiche. L’immagine più famosa risale però al ’34, e questa, scattata dal chirurgo Robert Wilson, ritraeva una specie di dinosauro dal collo lungo che nuotava nel lago. Da quel momento tutti affermarono di aver visto Nessie almeno una volta, tra chi era sicuro di averlo intravisto tra le onde, e chi giurò di averlo visto passare di qui un attimo fa. Un ragazzo raccontò di averlo quasi investito con la moto, e per la prima volta venne fuori anche la fisionomia di Nessie. Egli la descrisse come un’enorme foca preistorica. Disse che aveva pinne posteriori, collo serpentino e occhi larghi e subito fu chiaro che si trattasse di una banale lontra. Il ragazzo ammise poi di aver, come accade fin troppo spesso, esagerato nel riportare le dimensioni. Anche la foto del chirurgo fu smentita. In realtà nell’obbiettivo era ripreso un sottomarino giocattolo con sopra attaccata una testa di serpente. Negli anni si tentò anche di effettuare delle analisi nei fondali del lago, ma non fu rivelato, sorprendentemente, un bel niente. Crollarono così definitivamente le ultime teorie che ritenevano in realtà Nessie un plesiosauro scampato all’estinzione. Oggi sul fondo del lago Loch Ness riposano solo i resti abbandonati di un sottomarino meccanico usato nel film “Vita privata di Sherlock Holmes” (1970).

La foto vera verissima di Nessie scattata nel 1934.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.