E se vi dicessi che nella Commedia non ci sono solo perifrasi, svenimenti e insulti a Bonifacio VIII? Ecco a voi 5 espressioni coniate dal poeta fiorentino che usiamo ancora oggi.
Avete presente tutti quei motti proverbiali o modi di dire che sentiamo da quando siamo piccoli, che leggiamo nelle didascalie di instagram o che i boomer postano incessantemente (ahimé) su Facebook? Almeno 5 di esse sono state coniate dal caro vecchio Dante nella sua Commedia.
1. Non ti curar di loro ma guarda e passa
Cominiciamo con questa frase fatta che sicuramente avrete già sentito (vi avverto già che questa è una forma storpiata dell’originale) e che oggi si usa per indicare una situazione o una persona di cui non dovremmo curarci vista la sua insignificanza. Ma da dove ha origine questo motto? Siamo nel canto III dell’Inferno e Virgilio rivolgendosi a Dante lo esorta a non considerare gli ignavi con queste parole ( v. 51 e seguenti) :
«Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa.»
Insomma ci bastano questi tre versi per capire che Dante non stima molto gli ignavi, ovvero, coloro che in vita non hanno avuto il coraggio di prendere delle decisioni ( non è che il nostro fiorentino avesse in simpatia poi tante persone eh visto il sovraffollamento dell’Inferno dantesco)

2. Galeotto fu…
Quest’espressione, che viene usata per indicare qualcuno o qualcosa che ha favorito la nascita di una relazione tra due persone, si trova in uno dei canti piu celebri dell Inferno dantesco: il canto V ( conosciuto anche come il canto di Paolo e Francesca). È Francesca da Rimini che pronuncia ai versi 133-138 le seguenti parole per spiegare come ebbe inizio la sua relazione adulterina con Paolo Malatesta (suo cognato) :
«Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.»
In poche parole i due giovani, mentre leggono del bacio adultero tra Lancillotto e Ginevra, si sentono spinti a fare la stessa cosa: il libro diventa allora Galeotto ovvero diviene come Galehaut, siniscalco di Ginevra, che nel ciclo arturiano aveva favorito la relazione tra la regina e il cavaliere della tavola rotonda.
3. Fatti non foste a viver come bruti
«Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza. »
Con queste parole Ulisse nel canto XXVI dell’Inferno (vv. 119-121) conclude la sua «orazion picciola», il discorso che pronuncia per incoraggiare i suoi compagni a seguirlo nel viaggio che poi si sarebbe rivelato fatale ( ecco perché lo troviamo nel girone dei consiglieri fraudolenti). Questi versi vengono spesso usati come esortazione a distinguersi dagli animali coltivando l’amore per la conoscenza e il sapere.
4. Lasciate ogni speranza voi che entrate
Quante volte abbiamo sentito quest’espressione pronunciata con tono scherzoso prima che qualcuno si imbarcasse in un’avventura difficile o mentre si trovava in una situazione ostica? Ebbene, è sempre opera della penna di Dante che nel canto III dell’Inferno riporta l’incisione sulla porta del regno di Lucifero (v. 9): « Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate»
5. Senza infamia e senza lode
Sempre nel canto III dell’Inferno Dante si riferisce di nuovo agli ignavi definendoli come: « coloro/ che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo»
Insomma abbiamo capito che Dante disprezzava proprio quelli che in vita erano rimasti neutrali e non avevano avuto il coraggio di definire la loro posizione. Oggi quest’espressione viene utlizizzata per indicare qualcosa di mediocre, che non si distingue ma non è nemmeno così terribile.