Giosuè Carducci: l’unico poeta ancorato al classicismo in una società di romantici

Giosuè Carducci nasce nel 1835 a Valdicastello, vicino Lucca, dove vive fino al 1839. Quesi anni in Toscana con una natura incontaminata ispireranno la sua poetica e formeranno la sua sensibilità.

Carducci si laurea nel 1856 nella scuola Normale di Pisa, in filologia. Negli anni successivi alla laurea inizia a frequentare gli Amici Pedanti, coloro che si battevano per il ritorno del classicismo, contro le nuove idee del romanticismo. Questo dibattito è molto acceso in Italia in quegli anni.

Il pensiero e la carriera

Negli anni successivi cura varie edizioni dei classici italiani e sposa Elvira Menicucci, da cui ebbe 4 figli. Nel 1859 cade il Granducato di Toscana, questo evento suscita nel poeta un grande entusiasmo in vista dei moti risorgimentali. Fino agli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia insegna prima in un liceo di Pistoia, poi nell’università di Bologna (sarà docente di Pascoli). Dal 1860 si trasferisce a Bologna e si avvicina pericolosamente  alle idee repubblicane e giacobine: atteggiamenti che lo allontaneranno, fino a sospenderlo, dall’insegnamento. Nel 1870 gravi lutti lo colpiscono: perde suo figlio di 3 anni a cui dedicò la celebre poesia Pianto Antico. In questi anni escordisce come poeta pubblicando una raccolta di poesie e il suo atteggiamento giacobino si affievolisce e viene candidato come democratico alle elezioni parlamentari. Con il tempo inizia ad accettare i Savoia come garanti dell’Unità e, dopo l’incontro con la regina, si avvicina completamente agli ideali monarchici. Alla regina dedicò anche un’ode diventando un vate e, nel 1890, senatore del Regno. Nel 1904 ottiene il Nobel per la letteratura e muore a causa di una broncopolmonite nel 1909 a Bologna.

Il classicismo

In Italia, nonostante la diffusione di alcune delle idee romantiche circolanti in Europa nel corso dell’Ottocento, il classicismo non si è mai spento. L’educazione scolastica lo mantiene in vita e l’esempio di poeti come Monti, Foscolo e Leopardi garantiscono degli esempi a cui rifarsi per imitare il linguaggio aulico e latineggiante. A dispetto di questo, però, il classicismo ha assunto un aspetto stantio e chiuso. Il mondo latino è divenuto solo un repertorio di figure a cui attingere e un linguaggio da imitare in modo sterile. Carducci invece, ripropone un classicismo vitale ed energico che viene ad imporsi nella cultura italiana come un modello elevato di comunicazione poetica. La poesia deve, attraverso un linguaggio e tematiche riprese dal mondo greco e latino, raccontare la realtà contemporanea senza introdurre elementi surreali o inquietanti come quelli del romanticismo.

Le opere

Juvenilia è una raccolta di cento poesie giovanili, scritte tra il 1850 e il 1860. L’opera presenta reminiscenze di poeti del passato: da Dante a Foscolo. Tra le poesie più note: Omero, Dante, In Santa Croce. Levia Gravia contiene due volumetti, di 14 componimenti ciascuno, scritti fra il 1861 e il 1871. Conclude la raccolta l’Inno a Satana (pubblicato come opera a sé nel 1863), dove Satana appare come il simbolo del progresso umano. Fra le poesie più famose: Poeti di parte Bianca, Per Val d’Arno. Giambi ed Epodi comprende 31 poesie scritte fra il 1867 e il 1879. Il titolo si riferisce a due ritmi poetici usati dai poeti greco-latini per un tipo di poesia aspra e satirica: allude al contenuto polemico della raccolta. Rime Nuove è l’opera più intima del poeta contiene soprattutto ricordi giovanili e visioni storiche. Infine, Odi barbare contiene 57 poesie. Il titolo è spiegato dal poeta: “Queste odi le intitolai “barbare” perché tali sonerebbero agli orecchi e al giudizio dei greci e dei romani, se bene volute comporre nelle forme metriche della loro lirica“.

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