Un romanzo può cambiarci la vita? Scopriamolo con Zafón e Jane Austen

Il romanzo non è solo intrattenimento, è ben altro e non c’è niente di meglio che leggere “L’ombra del vento” e “L’abbazia di Northanger” per capirlo.

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È un dato di fatto: il romanzo ha perso prestigio, una delle espressioni dell’arte più profonde non viene considerato essenziale nella cultura generale della persona e nel suo processo di crescita, sono tanti gli scrittori che hanno portato il tema dell’importanza del romanzo al centro delle proprie trame, con Zafón e la Austen abbiamo modo di vederne due esempi tra i più significativi.

“L’ombra del vento” di Carlos Ruiz Zafón

Il romanzo si apre in una fredda mattinata nella misteriosa Barcellona. Daniel viene svegliato dal padre, che lo porta in segreto in un posto magico: il Cimitero dei Libri Dimenticati, una labirintica libreria che ha salvato migliaia di vecchi libri che altrimenti sarebbero stati persi per sempre. Daniel ha il compito di sceglierne uno e uno soltanto che dovrà custodire e proteggere per tutta la vita, ma è proprio questo libro che dominerà gli anni a venire; l’autore del libro è Julián Carax, uno scrittore di cui non è rimasto più alcun romanzo oltre quello che ora Daniel tiene fra le mani, gli altri sono stati bruciati e distrutti da un misterioso personaggio. Per tutto il romanzo Daniel vivrà attraverso le pagine di quel libro, i personaggi prenderanno vita e la soglia tra finzione e realtà diventerà sempre più labile, la sua vita comincerá a fondersi con quella del personaggio del suo romanzo. Il romanzo per Daniel è centrale, lo aiuta ad affrontare la morte della madre, è il mezzo attraverso il quale cresce l’amore per Clara, una bellissima ragazza cieca a cui farà visita ogni giorno per leggerle delle storie. Il romanzo è anche l’unico punto d’incontro con il padre (proprietario di una libreria); durante l’adolescenza di quest’ultimo è ciò che li tiene legati e ciò che sviluppa il loro rapporto. La crescita di Daniel avviene attraverso il romanzo che lo rende un adulto consapevole e sensibile, in grado di vivere la vita in modo profondo e curioso perché è questo che fa il romanzo, apre nuove visioni del mondo che non potevamo altrimenti immaginare, ci fa conoscere nuovi luoghi, nuove persone, accresce la fantasia, la creatività ed aiuta a romanticizzare la propria vita o, come in questo caso, a viverla come una vera e propria storia d’amore, di intrighi, di mistero e di irrisolti familiari.

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“L’abbazia di Northanger” di Jane Austen

Nell’abbazia di Northanger Jane Austen, maestra dell’ironia, ci porta tra i corridoi di un castello i cui segreti vogliono essere svelati da Catherine, la nostra protagonista, appassionata di romanzi gotici. La sua vuole essere una caricatura di quel genere che si stava affermando ma del libro è anche interessante la riflessione sul romanzo. In altre occasioni dall’autrice la questione era già stata posta, i suoi sono personaggi appassionati alla lettura, questa volta, però, il tutto è molto più diretto: viene fatta una vera e propria critica sulla visione del romanzo del suo tempo; quella della Austen è un’epoca in cui il romanzo è considerato per “donnette” un semplice intrattenimento adatto alle signorine. Vengono invece acclamati trattati scientifici, saggi riguardanti l’economia, la politica o la storia;

“-E che cosa leggete signorina? -Oh non è che un romanzo! Replica la giovinetta, lasciando cadere il libro con indifferenza ricercata o con momentanea vergogna.”

Diventa questa un’altra giusta occasione, per l’autrice, di mettere in luce la superficialità della borghesia del suo tempo legata all’apparenza che svaluta il romanzo che invece:

“Non è che un’opera nella quale sono prodigate le più belle facoltà dello spirito e che offre al mondo, in un linguaggio scelto, la più completa conoscenza della natura umana, la più felice descrizione delle sue varietà, le più vive manifestazioni di spirito e di brio”

La Austen, neanche in questo libro si trattiene dal considerare chi sdegna il romanzo per acclamare soltanto opere asettiche come un qualsiasi libro sulla storia d’Inghilterra o un qualche testo dello “Spectator” come “vanitosi ed ignoranti” spinti solo dalle mode e da ciò che più li fa apparire uomini e donne facoltosi.

Il potere della narrativa

È chiaro che questo sia un tema ancora attuale, nonostante il romanzo abbia riacquistato un po’ più di importanza rispetto all’epoca della Austen sicuramente esistono ancora stereotipi sulla narrativa che viene spesso considerata inutile, semplice intrattenimento, se si è alla ricerca di un insegnamento o di una crescita personale si va istintivamente a cercare fra gli scaffali dei saggi, non certo dei romanzi, mentre la narrativa è davvero il mezzo per indagare l’animo umano più potente che possa esistere, è ciò che più ci forma e più ci rende persone consapevoli e sensibili, ci rende grandi osservatori e per riprendere anche le parole di Umberto Eco

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”

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