Il 30 Marzo di 206 anni fa raccontato da Murat e da Manzoni

Il 30 del 1815 è la data in cui si ricorda la pubblicazione del Proclama di Rimini: siamo nel regno di Napoli e sul trono troviamo Gioacchino Murat. Egli si appella agli italiani e li invita a ribellarsi al potere straniero. La stessa data è però il titolo di un’opera incompiuta di Manzoni…

Presa dal sito vibonesiamo.it

Sicuramente conosciuto per i Promessi Sposi e per il V Maggio, di Manzoni ci rimane ben più di questi due grandi capolavori. Grazie alla lettura del Manzoni politico è infatti possibile assaporare ancora oggi l’amarezza e la delusione di molti letterati e studiosi italiani che sognavano un’Italia unita e libera dal potere straniero.

Gioacchino Murat

Siamo nel 1815 e uno dei protagonisti indiscussi di questi anni è sicuramente Napoleone Bonaparte. Nato ad Ajaccio, diventa in giovane età generale dell’esercito francese e, a seguito delle sue conquiste, spodestò i sovrani regnanti, rimpiazzandoli con i membri della sua famiglia. Fu così che il fortunato cognato di Napoleone, Gioacchino Murat, si trovò seduto sul trono del regno di Napoli. Per la sua personalità molto forte e per il suo discreto operato in veste di re, egli era ben voluto dalla popolazione. A poco a poco si allontanò dal progetto napoleonico e non deluse le aspettative di coloro che vedevano in lui una sorta di liberatore. Quando il potere di Napoleone inizia a vacillare, egli si allea con l’Austria, sperando di poter mantenere il suo regno. Questo non accadde ma egli non rimase con le mani in mano. Tuttavia la sorte non gli fu favorevole e l’ultima volta che schierò in campo il suo esercito era il 12 maggio 1815. Questa è la data della sconfitta di Tolentino, a seguito della quale egli fu costretto alla fuga in Corsica che si concluse con la sua fucilazione.

Il Proclama di Rimini

Dopo la sconfitta di Tolentino e prima della partenza per la Corsica, Murat scrisse il Proclama di Rimini. Questo documento, falsamente retrodatato al 30 marzo 1815, parlava direttamente agli italiani. Gioacchino infatti esortava il popolo a ribellarsi al governo degli stranieri. Sotto il nome di Proclama di Rimini vi è però anche un’ode politica incompiuta di Manzoni. Il poeta appoggiava il progetto di Murat ma, a causa della sconfitta di Tolentino, non concluse l’opera. Prima Napoleone (di cui però scriverà più tardi) e poi Murat, sono due personalità importanti in cui il poeta aveva riposto la propria fiducia. Murat è definito infatti signor […] che tante etadi invano Italia attese: Manzoni non parla solo a nome suo, ma a nome dell’intero popolo.

Qualche passo dell’ode

L’ode inizia con un chiaro riferimento alla contemporaneità e alla situazione in cui verteva la Penisola. Infatti, uno dei dolori più grandi del poeta era quello di vedere la sua Italia divisa da genti che non vorrian toccarla unita / e da lor scissa la pascean d’offese. Nella figura di Murat, Manzoni vede sol uno un raggio / di nostra speme: Sonava intanto d’ogni parte un grido /
libertà delle genti e gloria e pace 
ma questa antica, gentil, donna pugnace /degna non la tenean dell’alto invito. La delusione più grande del poeta è infatti che dovunque in Europa si celebrasse la libertà, ma l’Italia non era degna di tale invito: la penisola occupava una posizione troppo strategica ed era troppo ricca per non attirare le attenzioni delle grandi potenze europee. Anche qui poi, come in Marzo 1821, vi è la consapevolezza che per vincere gli oppressori è necessario che il popolo italiano sia unito: liberi non sarem se non siam uni / ai men forti di noi gregge dispetto. Serve però una personalità forte che raduni gli italiani sotto una sola bandiera: fin che non sorga un uom che ci raduni. E così gli ultimi versi sono dedicati ancora a Murat, Egli è sorto per Dio! nel quale Manzoni riponeva grandi speranze: Con Lui, signor, dell’Itala fortuna / le sparse verghe raccorrai da terra / e un fascio ne farai nella tua mano. Ancora una volta, però, questo sogno non si realizza e l’ode rimane incompiuta.

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