Tre espressioni della cultura greca di cui (forse) non conoscevi l’origine

Vi è nel nostro linguaggio quotidiano una serie di espressioni che abbiamo preso in prestito dalla lingua greca, spesso senza conoscerne il valore letterario e filosofico. 

La cultura occidentale mantiene un saldo legame con il mondo dell’Antica Grecia, a cui deve le sue basi storiche, linguistiche, sociali, organizzative e filosofiche.
La nostra lingua ha pertanto ereditato numerosi termini di origine greca e possiamo trovare persino più somiglianze nei dialetti delle aree un tempo appartenute alla Magna Grecia.
In virtù di tale legame, è inevitabile che la lingua italiana si serva ancora di espressioni celebri tratte dalla cultura greca classica, partorite dalle menti più eccelse del sapere antico, di filosofi e scienziati geniali e lungimiranti, le cui osservazioni sono ancora attualissime malgrado il tempo trascorso.
Capita spesso di riutilizzare alcune locuzioni specifiche senza conoscerne a fondo l’origine o quanto meno il cncetto di base. Vediamone, di seguito, tre delle più diffuse.

1) πάντα ῥεῖ ovvero “tutto scorre”

La frase è attribuita al filosofo Eraclito che però non l’aveva mai scritta. Tale locuzione è infatti solo una sintesi delle osservazioni del filosofo a proposito delle considerazioni Parmenidee sull’Essere, che si presenta come un ente perfetto che non può mutare nel tempo e nello spazio. Eraclito invece sosteneva che ogni elemento naturale fosse soggetto a continue mutazioni, in modo lento ma inesorabile; sosteneva che un uomo non potesse bagnarsi nello stesso fiume due volte perché, anche considerando un arco di tempo molto ristretto, l’acqua del fiume, scorrendo, non sarebbe stata più la stessa e l’uomo sarebbe mutato nel profondo. Da qui, pertanto, “tutto scorre”.

 

2) γνῶθι σαυτόν ovvero “conosci te stesso”

Malgrado anche questa sia un’espressione molto utilizzata nella lingua italiana, si tratta di un enunciato che non appartiene a nessun grande pensatore del mondo classico.
Si tratta infatti di una massima incisa sul frontone del Tempio di Apollo a Delfi e invita l’uomo a riconoscere la propria fallibilità dinnanzi alle divinità che tutto possono. Chi infatti non rispettava la superiorità degli dei veniva considerato empio ed ogni trasgressione a danno delle leggi celesti veniva punita, talvolta anche attraverso dei processi veri e propri (come il caso di Lisia, che mosse l’accusa di empietà ad Andocide per non aver rispettato la sospensione del culto normale durante i misteri eleusini). L’incisione recita «Conosci te stesso e abbi la consapevolezza di essere inferiore a Zeus».

3) Έτσι, δεν γνωρίζω ovvero “so di non sapere”

Quest’ultima è di certo un’espressione ancora molto attuale nella cultura occidentale e ancora oggi conserva un interessante concetto di saggezza. É infatti attribuita al filosofo Socrate che, come ci racconta Platone, seppe dall’oracolo di Delfi di essere l’uomo più saggio di tutti e non riusciva ad accettarlo, incredulo. Cercò quindi i più grandi saggi e oratori del tempo e scoprì che erano uomini pieni di superbia e arroganza. Capì solo in quel momento di essere davvero il più saggio di tutti, ma solo perché egli possedeva la consapevolezza di non conoscenza e “so di non sapere” è pertanto l’invito a mettere da parte ogni convinzione.

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