I tatuaggi nella storia
Passano gli anni, cambiano le mode, ma i tatuaggi non hanno mai goduto di una buona reputazione.
Nell’antichità, il tatuaggio rivestiva diverse funzioni, sia estetiche che curative (magiche). Indagini sulla mummia Ötzi – l’uomo del Similaun – hanno evidenziato la presenza di ben 61 tatuaggi, la maggior parte dei quali in corrispondenza delle articolazioni. L’ipotesi è che avessero uno scopo terapeutico.
Anche la mummia di Amunet, una sacerdotessa egizia, presenta diversi tatuaggi che simboleggiano la sessualità e la fertilità.
Ma già in epoca romana, i tatuaggi venivano utilizzati per marchiare gli schiavi con le iniziali del padrone, e si pensa che i primi cristiani ricorressero a tatuaggi sul volto per comunicare la propria fede: forse anche per questo motivo Costantino nel 235 d.C. ne abolì la pratica per i cristiani, in quanto rappresentava un’offesa verso l’opera di Dio (oltre a essere esplicitamente vietati nel Levitico).
Anche in epoca vittoriana i tatuaggi erano valutati negativamente, al punto da essere vietati in diversi luoghi, ma il loro fascino era comunque forte: la stessa regina Vittoria aveva il tatuaggio di una tigre che lotta con un pitone.
I tatuaggi oggi
Negli ultimi decenni la diffusione dei tatuaggi in qualche modo ha influito nei confronti dell’opinione della gente. I nuovi genitori sono più tatuati di quelli delle generazioni precedenti. Secondo le statistiche¹ infatti, il 47% dei millennials (18-45) ha uno o più tatuaggi.
Si è portati a pensare che ormai il pregiudizio nei confronti di chi è tatuato sia meno diffuso rispetto a un tempo.
Broussard e Harton (2017) hanno voluto verificare l’esistenza dello stigma sociale e della discriminazione nei confronti di chi porta un tatuaggio.
Lo studio
Gli sperimentatori hanno mostrato ai soggetti delle immagini.
Metà dei soggetti ha guardato foto di uomini e donne con braccia tatuate, l’altra metà ha guardato le stesse immagini in cui però i tatuaggi non c’erano, ma erano stati rimossi digitalmente. Ai soggetti è stato chiesto di valutare, sulla base di questionari, il possibile carattere, i tratti di personalità, le abitudini alcoliche, e le abilità cognitive delle persone rappresentate in foto.
Alcuni dei soggetti che hanno partecipato allo studio avevano a loro volta dei tatuaggi, e ciò offre la possibilità di mettere a confronto l’atteggiamento di chi è tatuato nei confronti di altre persone tatuate.
Dai risultati si è scoperto che i soggetti davano valutazioni più negative verso gli individui con i tatuaggi, rispetto alle foto degli stessi individui con i tatuaggi cancellati digitalmente.
In maniera interessante, le donne tatuate venivano considerate come più forti e indipendenti rispetto ai maschi non tatuati.
Invece, i soggetti che avevano dei tatuaggi, valutavano in maniera negativa le foto degli individui tatuati, al pari dei soggetti non tatuati. Ciò potrebbe essere dovuto a una dissociazione tra sé e gli altri per cui si tende a rivolgere giudizi più duri agli altri rispetto a quanto si farebbe per sé stessi. Inoltre, ciò potrebbe dimostrare come lo stereotipo sia interiorizzato anche dalle stesse persone tatuate.
I tempi cambiano, i pregiudizi restano
Gli stereotipi che vedono le persone tatuate come individui meno intelligenti, più ribelli, e che si assumono più rischi, risulta quindi falso. Ciononostante, persino i tatuati hanno pregiudizi verso i tatuati, quasi a conferma dell’effetto che la pressione sociale ha sull’individuo.
D’altronde, è verosimile ipotizzare che vedere sempre più persone tatuate, anche in modi estremi (come molti rapper attuali), possa pian piano modificare lo stereotipo. Basti pensare al pregiudizio riguardo all’AIDS e all’omosessualità, che nei primi anni ‘90 portò a discriminare gli omosessuali e i malati stessi, ma anche a sottovalutare una malattia che, di lì a poco, avrebbe tolto la vita a moltissime persone.
Note:
¹ http://shoulditattoo.com/2016/09/03/tattoo-facts-statistics/
Fonti:
– Broussard, K. A., & Harton, H. C. (2018). Tattoo or taboo? Tattoo stigma and negative attitudes toward tattooed individuals. The Journal of social psychology, 158(5), 521-540.