Ne parlano i giornali, i politici, gli economisti: ma siamo sicuri di conoscere il termine a fondo, e capire le conclusioni che possiamo trarne?
Se vi capita di fare una discussione a proposito della situazione economica e finanziaria dell’Italia, lo spread è un elemento immancabile, sulla bocca di tutti. Si potrebbe considerare lo spauracchio dell’italiano medio, che mastica un po’ di economia politica e, guardando a nord, vede nubi nere. Secondo qualcuno, sarebbe uno degli strumenti coi quali i mercati cercherebbero di affossare il Bel Paese. Ma, prima di impegolarsi in spinose discussioni, o pronunciare epiteti poco gentili riferiti alla bionda cancelliera, sarebbe opportuno conoscere a dovere il termine spread.
Cosa significa
Innanzitutto, nel linguaggio proprio del mondo finanziario, lo spread consiste nella differenza tra due quotazioni o tassi di interesse relativi a un titolo. Nel dialogo comune, invece, ha ormai assunto un significato più ristretto: sta ad indicare la differenza dei tassi di rendimento percentuali tra i Bund tedeschi e i BTP italiani, entrambi titoli di Stato decennali. Per esempio, se il tasso di rendimento sul Bund è del 3% e quello sul BTP è del 6%, lo spread sarà di 300 punti base. Il fattore che rende questo indicatore così prezioso, comunque, è il fatto che i tassi vengano determinati dal mercato azionario secondario. In sostanza, un titolo viene emesso sul mercato a un certo valore, ma il suo rendimento è poi condizionato dal comportamento degli azionisti: in che modo?

Come i mercati influenzano lo spread
Supponiamo che l’Italia emetta un titolo dal valore ipotetico di 100 euro, acquistato da un azionista: in questo modo, il proprietario ha “prestato” dei soldi allo Stato, che dovranno essere restituiti dopo il tempo prestabilito. Ma se l’operatore di borsa ritiene che ci siano buone probabilità che lo Stato non riesca a ripagare il debito, avrà fretta di “disfarsi” del titolo acquistato, vendendolo a terzi, ma svalutato, per esempio a 95 euro. Siccome il valore del titolo rimane 100 euro, quel gap di 5 verrà “compensato” da un aumento del tasso di rendimento. Se tutti gli investitori ragionano a questo modo, si avrà l’innalzamento del tasso, dovuto al rischio d’insolvenza dell’emittente, e il conseguente aumento dello spread. A partire da questo schema, molto semplificato, si riesce a capire come il livello dello spread rifletta la fiducia dei mercati finanziari verso lo Stato.
Una chiave di lettura politica
Giunti a questo punto, viene da chiedersi come si debbano leggere le variazioni dello spread in chiave politica. Si può condurre qualche deduzione, assolutamente non rigorosa, ma da cui trarre spunti interessanti. Il 27 maggio 2018, Giuseppe Conte rimette l’incarico di premier, in quanto Mattarella aveva rifiutato il nome di Paolo Savona come ministro dell’economia. Considerato il passato antieuropeista di Savona, Mattarella era spaventato dalla mancanza di fiducia dei mercati, con l’innalzamento dello spread annesso. Tuttavia, con l’avvento dell’insperato governo giallo-verde, lo spread si è abbassato: cosa si può dedurre? Si può dire che, probabilmente, ciò che più preoccupava i mercati fosse l’incertezza sulla situazione politica italiana, più che la lista dei ministri.

Quando si va ad interpretare il livello dello spread, però, bisogna tenere conto del fatto che è condizionato da una miriade di fattori: banalmente, potrebbe essere dovuto all’abbassamento del tasso d’interesse sul Bund, con quello del BTP rimasto invariato.