Dopo 24 anni alla guida di uno dei colossi del mercato mondiale delle bevande, una crescita di quasi 30 miliardi di ricavi dal 2006 a oggi, nonché 79,4 miliardi di dollari tra capitali distribuiti ai soci attraverso dividendi e riacquisto di titoli propri, la manager Indra Nooyi cede oggi lo scettro della Pepsi, rinunciando al vertice della multinazionale ma restando impressa nella memoria di tutti come una delle manager (e delle donne) più potenti al mondo.

Nata e cresciuta negli anni ‘50 in una modesta famiglia di Chennai in India, Nooyi si è sempre distinta per essere una brillante studentessa nonché una forte oppositrice alle norme conservatrici e misogine della società indiana del tempo. Fin da giovane, era infatti considerata “selvaggia” per la sua indole ribelle, che la vedeva destreggiarsi con naturalezza dietro la sua chitarra nella band in cui suonava, tanto quanto sul campo da cricket.
Una volta completato l’MBA presso l’Indian Institute of Management di Calcutta, la promettente manager ha inaugurato la sua carriera lavorando per la Johnson & Johnson, per poi frequentare la Yale School of Management e lavorare con Boston Consulting Group (BCG), Motorola e Asea Brown Boveri. Ad incoronarla una dei Chief Executive Officer “in rosa” più influenti dell’economia americana è stata però la decisione di entrare a far parte di PepsiCo, nel 1994, mentre un periodo di drastici cambiamenti metteva in crisi moltissimi giganti del settore, tra cui Coca-Cola Co., Campbell Soup Co. e il produttore di Oreo Mondelez International Inc.
Il passaggio del testimone a Ramon Laguarta
“Guidare PepsiCo è stato davvero l’onore della mia vita e sono incredibilmente orgogliosa di tutto quello che abbiamo fatto negli ultimi anni per portare avanti non solo l’interesse dei soci ma anche di tutti gli stakeholder nelle comunità che serviamo” ha chiosato in una nota la manager indiana che, dal 2006 – anno in cui divenne ufficialmente Amministratore Delegato della Pepsi – al 2017, ha portato gli azionisti del colosso a guadagnare il 162%.
Dopo 12 primavere, Nooyi passerà così il testimone a Ramon Laguarta, 54 anni, che nei suoi 22 anni alla PepsiCo ha ricoperto diverse posizioni, tra cui il ruolo di CEO per la regione Europa orientale e Africa sub-sahariana, fino ad essere promosso alla presidenza della PepsiCo occupandosi di affari governativi, operazioni globali, strategia aziendale e politica pubblica.

CEO al femminile e “gender gap alla rovescia”
Nel settore dell’industria alimentare, Indra Nooyi diventa quindi l’ultimo amministratore delegato del gentil sesso a dimettersi, sulla scia di altre colleghe prima di lei, come la CEO di Mondelez Irene Rosenfeld o quella della Campbell Denise Morrison. Questo cambio di rotta apre inevitabilmente il dibattito circa la scarsa presenza di alti dirigenti donne nelle grandi compagnie americane: nonostante le continue e ripetute dichiarazioni di intenti, sarebbero state infatti solo ventisette le “donne CEO” annoverate nel S&P500 stilato lo scorso anno, ovvero l’indice che raggruppa le maggiori società quotate USA. Seppur in minoranza numerica rispetto ai corrispettivi maschili, sembrerebbe però che le poche (ma buone) donne manager alla guida dei colossi americani guadagnino compensi maggiori: secondo il Wall Street Journal lo scorso anno i 382 CEO uomini considerati nel “listino” avrebbero infatti ricevuto buste paga di 11,6 milioni di dollari di media, al contrario delle colleghe donne che – con un guadagno medio di 13,8 milioni di dollari pro capite – hanno delineato un inaspettato trend ribattezzato “gender gap alla rovescia”.
Una situazione che – data la visione sociale e lavorativa di genere della nostra società – sembra andare controcorrente, ma che allo stesso tempo viene indubbiamente confermata dai numeri degli anni passati: nel 2016 infatti le aziende guidate da donne hanno generato un ritorno del 18,4%, nettamente maggiore rispetto al 15,7% “portato a casa” dai colleghi uomini.
Francesca Amato