Accendere i riflettori sulla scuola italiana significa affrontare i problemi che questo Paese ha sotto l’aspetto dell’educazione e della formazione. Affrontarli seriamente, consapevoli e convinti del fatto che la scuola, in una società, gioca un ruolo fondamentale. I futuri 57.322 insegnanti sono il primo interruttore che si accende, e si spera non sia l’ultimo.
Mercoledì 8 agosto il Consiglio dei ministri ha accolto una proposta riguardo il sistema scolastico. Giulia Bongiorno, ministro della Pubblica amministrazione, Giovanni Tria, ministro dell’Economia e delle finanze e Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, hanno elaborato l’idea di assumere, a tempo indeterminato, per l’anno scolastico 2018/2019, 57.322 unità di personale docente. Saranno 43.980 professionisti a ricoprire il ruolo comune, mentre i restanti 13.342 ricopriranno la carica di sostegno. Verranno inoltre liberati 46 posti per le unità di personale educativo, 212 ruoli da dirigente scolastico e 9.838 per il personale ATA. Nel dettaglio la proposta parla di 4.050 posti per la scuola d’infanzia (1.317 di sostegno), 11.521 per le primarie (4826 di sostegno), 19.936 per la scuola secondaria di primo grado (5.920 di sostegno), 15.548 per la secondaria di secondo grado (1.320 di sostegno), e 718 per i licei musicali. Entro il 14 agosto verranno effettuate le immissioni in ruolo dei docenti, ed entro l’inizio di settembre gli insegnanti saranno assegnati alle varie scuole.
Riflettori sulla scuola italiana
Un dato abbastanza significativo: l’Italia occupa uno degli ultimi posti in Europa per quanto riguarda la comprensione di un testo scritto. Un solo elemento, ma sufficiente per allarmare. Un concetto che può essere interpretato con parole diverse: leggere e non capire. Emerge meglio, così, l’importanza di questa notizia. Viene messo in primo piano, inoltre, il ruolo fondamentale che svolge la scuola all’interno di una società. Molto spesso poco considerata, frequentemente dimenticata. E’ l’unica arma disponibile per combattere dati come quello riportato, dati che fanno riflettere. Non pensiamo alla scuola solo ed esclusivamente come un luogo di occupazione di insegnanti, vediamola anche come un luogo di formazione di giovani. Questo non significa sminuire la portata del provvedimento preso dal Consiglio dei ministri, ma concentrare l’attenzione su un problema che oggi occupa un punto caldo. E’ giusto, è lecito, è dovere dello Stato risolvere i problemi sul lavoro, ma è altrettanto doveroso non abbassare la concentrazione di fronte a situazioni che richiedono un intervento immediato. Una prima proposta, da parte del Governo, fa ben sperare che si accendano i riflettori sulla scuola italiana.