Scoperti nuovi indizi sulla materia oscura: esclusa l’emissione a raggi X

Un nuovo studio ha escluso che la materia oscura sia responsabile dei misteriosi segnali elettromagnetici nella banda X.

Prima di questo lavoro, i fisici riponevano grandi speranze che questi segnali fornissero prove concrete in grado di aiutare a identificare la materia oscura, ma purtroppo sembra non essere così.

Un abbaglio a raggi X

La materia oscura non può essere osservata direttamente perché non assorbe, riflette o emette luce, ma si ritiene che esista per via dell’effetto che ha su altra materia. Per esempio, abbiamo bisogno della materia oscura per spiegare la forza di gravità che tiene insieme le galassie, le curve di rotazione delle galassie a spirale, le lenti gravitazionali e la deviazione della luce evidente in migliaia di immagini astronomiche. I fisici hanno suggerito che la materia oscura sia strettamente imparentata con un particolare tipo di neutrino, chiamato neutrino sterile. I neutrini vengono rilasciati dalle reazioni nucleari che si svolgono all’interno del Sole. Hanno una massa molto piccola, non spiegata dal modello standard della fisica delle particelle. I fisici suggeriscono che il neutrino sterile, una particella ipotetica, potrebbe essere il principale costituente della materia oscura. I ricercatori dovrebbero essere in grado di rilevare il neutrino sterile perché è instabile. Per rilevare la materia oscura, quindi, i fisici osservano le galassie per andare a caccia di questa radiazione elettromagnetica, nella banda X. Nel 2014, un lavoro fondamentale ha scoperto un’eccesso nell’emissione X proveniente da galassie e ammassi di galassie vicini. L’emissione sembrava coerente con quella che si presume essere derivata dalla decomposizione di una materia oscura composta da neutrini sterili. Ora, una meta-analisi dei dati grezzi presi dal telescopio spaziale Xmm-Newton di oggetti nella Via Lattea su un periodo di 20 anni non ha trovato alcuna prova che il neutrino sterile sia ciò di cui è composta la materia oscura.

Materia oscura

In cosmologia con materia oscura si definisce un’ipotetica componente di materia che, diversamente dalla materia conosciuta, non emetterebbe radiazione elettromagnetica e sarebbe attualmente rilevabile solo in modo indiretto attraverso i suoi effetti gravitazionali. L’ipotesi nasce per giustificare diverse osservazioni sperimentali in base alle quali, secondo le leggi della gravitazione, la materia oscura dovrebbe costituire quasi il 90% della massa presente nell’universo. Nonostante dettagliate mappe che coprono lo spettro delle emissioni elettromagnetiche nell’Universo vicino dalle onde radio ai raggi gamma, si è riusciti a individuare solo circa il 10% della massa che risulterebbe dagli effetti gravitazionali osservabili. L’astronomo dell’Università di Washington Bruce H. Margon ha dichiarato nel 2001 al New York Times: Le più recenti misure indicano che la materia oscura costituirebbe circa l’86% della massa dell’universo e circa il 27% della sua energia. Il concetto di materia oscura ha senso all’interno dell’attuale modello standard della cosmologia basato sul Big Bang per due ragioni fondamentali: non si potrebbe altrimenti spiegare la formazione di galassie e ammassi di galassie nel tempo calcolato dall’evento iniziale del Big Bang stesso, inoltre, in uno scenario cosmologico come l’attuale non si spiegherebbe come le galassie si possano mantenere integre, dato che la materia visibile, composta da barioni, non è in grado di sviluppare una sufficiente attrazione gravitazionale. Invece, se il modello dovesse risultare errato, si potrebbe non avere necessità dell’ipotesi della materia oscura, giacché essa deriva solo dalla violazione di un modello matematico e non da alcuna dimostrazione sperimentale certa.

Stima della distribuzione della massa-energia nell’universo.

Potenziali prove della materia oscura

Un’importante prova osservativa della necessità della materia oscura è fornita dalle curve di rotazione delle galassie a spirale. Come accade per le orbite planetarie, in base alla seconda legge di Keplero le stelle con orbite galattiche più grandi dovrebbero avere velocità orbitali minori, ma tale legge è applicabile soltanto a stelle vicine alla periferia di una galassia a spirale poiché presuppone che la massa racchiusa dall’orbita sia costante. Tuttavia gli astronomi hanno condotto osservazioni delle velocità orbitali delle stelle nelle regioni periferiche di un gran numero di galassie spirali e in nessun caso esse seguono la seconda legge di Keplero. L’implicazione è che la massa racchiusa da orbite di raggio via via maggiore aumenti anche per stelle che sono apparentemente vicine al limite della galassia. Dato che non si osservano galassie che si stiano disperdendo in questo modo, al loro interno deve trovarsi massa di cui non si tiene conto quando si calcola tutta quella visibile. Un’altra possibile prova dell’esistenza della materia oscura è data dalle lenti gravitazionali. La massa visibile risulta insufficiente per creare una lente gravitazionale, per cui si prefigura la presenza di massicce quantità di materia oscura, ottenendo una massa totale in grado di deviare il percorso della luce. Nel 2008, grazie allo studio di diversi ricercatori si ebbe un ulteriore importante indizio della presenza di materia oscura. Utilizzando il telescopio Canada-France-Hawaii Telescope (Cfht), posto sul monte Mauna Kea nelle Hawaii, gli studiosi osservarono migliaia di immagini per verificare la deviazione che la luce subiva nel suo viaggio cosmico e constatarono che essa veniva deviata anche in punti dove non erano visibili masse.

Curva di rotazione della galassia.

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