‘Babbo natale turco’ è il titolo della nuova opera di Tvboy, l’artista famoso per il murale del bacio tra Salvini e Di Maio. Questa volta la sua ironia si concretizza nell’ immagine di un poliziotto, fisionomicamente simile al nostro Ministro degli interni, che porta via un Babbo Natale in manette. “Permesso di soggiorno negato per Babbo Natale, nessuno si ricordava più che San Nicola arrivava dalla Turchia” spiega l’artista sui social “Molti pensano che la leggenda sia nordica, invece papà Natale era San Nicola, bizantino, le sue reliquie vennero rubate in Turchia e poi portate a Bari”. Chi l’avrebbe mai detto, il nostro amato vecchietto panciuto dalla barba bianca ha origini Turche! Il murale è molto diretto e affronta, in clima natalizio, una realtà ahimè concreta e ben visibile, ma non sfociamo nel politico e soffermiamoci sul nostro caro e vecchio Babbo Natale, sulla sua storia e trasformazione, da figura venerata e venerabile a spirito concupiscente del consumismo.

Le origini di Babbo Natale: la tradizione cristiana
Come sottolinea Tvboy, l’artista milanese, famoso per i suoi murales satirici sulla politica, Babbo Natale non è biondo con gli occhi azzurri, non viene dal Polo Nord, è probabilmente mulatto e nasce in Turchia! San Nicola, vescovo di Myra, cittadina romana del sud dell’Asia Minore, l’attuale Turchia, è il progenitore del nostro Santa Claus. Fu un fiero difensore della fede cristiana, imprigionato fino alla promulgazione dell’Editto di Milano del 313 d.C. che garantì la libertà del culto. Dopo la morte, il 6 dicembre di un anno ignoto del IV secolo, la figura del santo divenne popolarissima in tutta la cristianità, grazie anche ai tanti miracoli che gli furono attribuiti. Egli divenne patrono dei bambini, da qui l’inizio della trasformazione in Babbo Natale, grazie a due leggende che si diffusero in Europa intorno al 1200. La prima vuole che San Nicola abbia salvato tre giovani ragazze dalla prostituzione, donando al padre tre sacchi d’oro per riparare ai debiti, evitando alle figlie metodi diversi di pagamento. La seconda narra che Nicola abbia resuscitato tre ragazzi, fatti a pezzi da un locandiere per dare la loro carne in pasto ai clienti. Così, spiega Gerry Bowler, storico e autore del libro Santa Claus: A Biography, egli è diventato il protettore, in primo luogo, dei bambini di tutto il mondo. Per molti secoli il culto di san Nicola, e la tradizione dei regali ai bambini, si celebrava il 6 dicembre, come avviene tuttora in diverse zone dell’Italia del Nord e dell’arco alpino, fino in Germania, ma con la riforma protestante, il culto venne abolito e il giorno di culto venne spostato al 25 dicembre, trasferendo la carica di portatore di doni a Gesù Bambino. Essendo “troppo piccolo e poco forzuto”, spesso gli venivano affiancati degli aiutanti, da qui i folletti o figure a metà tra il folletto e il demone, come i Krampus che minacciavano i bambini di punizioni e penitenze per far sì che ‘facessero i bravi’ durante l’anno.

Il folklore germanico
Prima dei cristiani, in Germania, si credeva che Wodan (Odino), tenesse una grande battuta di caccia nel periodo del solstizio d’inverno e che passasse dalle case con Sleipnir, il suo cavallo, per sfamarlo. I bambini dovevano lasciare nel caminetto le loro scarpe, riempite con carote paglia o zucchero, che Odino avrebbe rimpiazzato con doni e dolciumi. Ancora oggi i bambini, in Germania, appendono al caminetto le loro scarpe piene di paglia in una notte d’inverno, perché vengano riempite di dolci e regali da san Nicola, che, a differenza di Babbo Natale, in quei luoghi arriva a cavallo e non con la slitta trainata dalle renne.

Il nostro Babbo Natale
Nei primi decenni dell’Ottocento, specialmente in America e in Inghilterra, il Natale si trasformò in una festa pagana, dedita all’alcool e al divertimento, con la perdita dei valori che essa incarna. I poeti e gli scrittori cercarono, attraverso nuove opere letterarie, di riportare tra gli animi la magia e il culto del Natale, inneggiando ad una tradizione che stava scomparendo, creando nuove immagini di Nicola e Babbo Natale, fino ad arrivare a quella ‘standard’, di Thomas Nast, che disegna Santa Claus come un adulto corpulento, vestito di rosso con i bordi di pelliccia bianca, che parte dal Polo Nord con la sua slitta trainata da renne e sta attento a come si comportano i bambini.

Santa Claus, lo spirito feticista delle merci
Dopo la sua ‘standardizzazione’, la figura di Babbo Natale si diffonde e diventa simbolo per eccellenza della festa del 25 dicembre, che, con l’avvento della globalizzazione e del consumismo, perde la sua essenza religiosa e si perde nella deriva della concupiscenza e del materialismo. Marx farebbe del nostro Natale, l’esempio più concreto di feticismo delle merci, di condensazione della dinamica di reificazione sociale, di riduzione oggettuale del sentimento. Babbo natale si trasforma nel burattinaio feticista che dirige e genera la caduta sociale nel consumismo, la corsa compulsiva all’acquisto, una corsa che appanna e affievolisce, che rende ciechi e apatici al sentimento, oramai quiescente del Natale.

Samuele Beconcini