Ristretti Orizzonti ha reso nota una ricerca dell’Euripes e dell’Unione delle Camere penali: prendendo a modello il nostro Paese, dal 1991 al 2012, lo Stato ha dovuto spendere 580 milioni di euro per 23.226 cittadini ingiustamente detenuti negli ultimi 15 anni. Analizzando sentenze e scarcerazioni si contano circa 4 milioni di italiani dichiarati colpevoli, arrestati e rilasciati dopo tempi più o meno lunghi, perché innocenti. Fra le cause di tali errori giudiziari vi sono indagini mal condotte, giudizi disattenti, false confessioni. Ma uno dei punti più interessanti sono le testimonianze oculari e basate su ricordi distorti: cerchiamo di scoprire il nucleo teorico dietro questa delicata problematica giuridica.
Qual è la natura della memoria?
Ebbinghaus vs Bartlett Innanzitutto, qual è la natura della memoria? Il pioniere degli studi relativi a questo campo d’indagine Hermann Ebbinghaus (1850-1909) credeva che la memoria fosse come uno scatolone, un ricettacolo passivo in cui inserisco ciò che voglio e vado a recuperare proprio ciò che ho inserito: un processo di tipo riproduttivo. Lo psicologo Frederic Bartlett si muove su una linea cognitivista e afferma invece che la memoria è un processo di tipo ricostruttivo: gli eventi vissuti vengono rielaborati, ricondotti alle strutture concettuali degli individui, influenzati da ciò che essi ritengono emotivamente saliente e così via. Perciò essa comporta delle trasformazioni, delle distorsioni che come vedremo possono essere pericolose nel momento in cui ci si affida completamente alla propria memoria. Quest’ultima allora funziona pressochè in questo modo: se pongo la mia tesi nella libreria questa sarà influenzata dai libri che ha vicino e da essi sarà riscritta. Quando andrò a riprenderla sarà ormai modificata e lo stesso destino seguiranno i libri adiacenti.
Grafica di Filippo Di Biasi; clicca per vedere
False memories Se i ricordi non rappresentano una fotocopia della realtà ma sono una rielaborazione personale e soggettiva, questi implicano un certo grado di distorsione. Ma allora quanto è affidabile la nostra testimonianza? E’ quello che si chiede la psicologa Elizabeth Loftus da decenni, che studia la memoria da un punto di vista del tutto originale: “I don’t study when people forget. I study the opposite: when they remember, when they remember things that didn’t happen or remember things that were different from the way they really were. I study false memories.” Sono proprio questi falsi ricordi i veri colpevoli. E così in un progetto negli Stati Uniti sono state raccolte informazioni su 300 imputati accusati di crimini che non avevano commesso: tre quarti dei giudizi errati erano dovuti a memoria difettosa, a testimonianze devianti. Il futuro di queste persone è stato strappato loro via da un errore concettuale: la nostra memoria non ricalca con precisione la realtà, anzi, essa è come una pagina di Wikipedia che può essere modificata da noi stessi come da qualsiasi altro.
“Memory – like liberty – is a fragile thing-
Questa citazione è proprio ciò che ci consiglia di ricordare la Loftus. I suoi studi ci confermano che quando forniamo alle persone informazioni errate riguardo qualche esperienza che possono aver avuto siamo in grado di distorcere, contaminare o cambiare i loro ricordi. Perciò i cosiddetti false memories non sono così difficili da creare, sono favoriti da tecniche di ipnosi, interpretazione dei sogni, immaginazione guidata, domande fuorvianti e variazioni nella descrizione di una scena. E’ veramente inquietante immaginare con quanta facilità è possibile impiantare un falso ricordo (di qualsiasi tipo) nelle nostre menti. E’ stato possibile impiantare sia ricordi di eventi traumatici sia ricordi che potremmo chiamare positivi: in qualsiasi caso si tratta di una vera e propria manipolazione. Tralasciando i vari problemi etici che tutto questo può scatenare (e effettivamente scatena) ciò che ci interessa è che questi falsi ricordi possono successivamente influire sul comportamento. Questi studi non ci proibiscono di dare valore ai nostri ricordi, non ci dicono che la nostra memoria non rappresenta la nostra storia personale ed una componente essenziale della nostra identità, questo è vero. Questi studi ci consigliano però di notare quanta finzione possiamo scorgere se prestiamo maggior attenzione. La nostra mente – ed è questo un problema affrontato ormai da secoli – non ci restituisce mai la realtà per quella che è. Ciò che vediamo è sempre una nostra rappresentazione più o meno distorta. Non possiamo dimenticarcene quando siamo in potere di prendere decisioni riguardo la vita di altre persone. Cristiano Bacchi
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