Avete perso l’anima dietro “Le pagine della nostra vita”?
È comprensibile, questi libri sono fatti per strapparvi il cuore dal petto e buttarlo via in un cestino per rifiuti.
Ma, se la fantasia può essere struggente e commuovente, la realtà è palpabile e molto più dura, vite intere svaniscono via lasciando spazio solo al buio.
Dire addio ad una persona è forse la cosa più difficile che un uomo o una donna debba affrontare, ancora di più lo diventa quando dobbiamo dire addio a qualcuno che ci sta ancora accanto, eppure non è più lui.
Gli scrittori come Nicholas Sparks, o Jojo Moyes (Io prima di te), o ancora John Green (Colpa delle stelle) hanno trovato la fama dietro il genere del “vince chi li fa piangere di più” e, diciamoci la verità, se esiste un motivo per cui leggiamo questo genere di libri e poi, non bastandoci, andiamo anche a vedere i film è perché in realtà avremmo tanto bisogno di un non indifferente aiuto psicologico perché siamo un po’ autolesionisti.
Ma, masochismo a parte, messa da parte la finzione e ritrovandoci nella realtà, non c’è nulla di poetico o commuovente intorno a noi e, come troppo spesso succede, sono i più deboli a pagarne il prezzo.
Il vicino di casa
Spesso la realtà ci sembra distante anni luce, quando in realtà è la nostra dirimpettaia.
Sì, leggere “Le pagine della nostra vita” è bellissimo, ancora meglio guardare le trasparenze della camicia bagnata di Ryan Gosling nella versione cinematografica, tutt’altra cosa è il convivere realmente con una persona affetta da Alzheimer.

You are not alone, maybe…
L’aiuto sembra voler arrivare dallo Stato agli albori del 2014 quando viene approvato il Piano nazionale demenze, per fornire indicazioni strategiche per il miglioramento degli interventi nel settore, non soltanto con riferimento agli aspetti terapeutici, ma anche al sostegno del malato e, soprattutto, dei familiari lungo tutto il percorso di cura.
Naturalmente, però, i fondi non sono mai stati stanziati ed il progetto non è mai partito e, a cinque anni dall’approvazione, le famiglie vengono ancora una volta lasciate sole, non soltanto sotto un punto di vista emotivo psicologico, ma anche economico, spesso costrette ad affidare i malati a delle strutture specializzate private.