Ricercatore e divulgatore: la figura dello studioso da Aristotele a Alberto Angela

Figure chiave della ricerca e della cultura mostrano che lo studioso perfetto deve essere formato in tutti gli ambiti.

Alberto Angela è, insieme a molti altri studiosi italiani e non, l’esempio più calzante di uno studioso dedito alla pubblica divulgazione della conoscenza.

ALBERTO ANGELA RICERCATORE E DIVULGATORE

Il noto divulgatore italiano Alberto Angela rappresenta un esemplare modello di ricercatore per tutti i giovani studenti. Nato a Parigi nel 1962 in una famiglia ben attenta all’istruzione, Angela ebbe modo sin da giovane di formarsi in centri universitari e di ricerca di rilievo: dopo essersi laureato in Scienze Naturali con voto 110 e Lode presso l’università romana La Sapienza, specializzò i suoi studi negli Stati Uniti d’America presso la Harvard University, la Columbia University  e la UCLAUniversità della California, Los Angeles -. La sua intensa attività di ricerca non terminò lì: per dieci anni perfezionò la sua formazione dedicandosi a scavi a scopo di indagine paleontologica e paleoantropologica in diverse località del mondo – Congo, Tanzania, Oman, Etiopia, Mongolia -. In un secondo tempo si dedicò all’attività per cui è maggiormente conosciuto, la divulgazione scientifica attraverso media come la televisione: grazie a una fama conseguita nel tempo per aver partecipato a programmi di rilievo per le più importanti emittenti italiane, Angela pubblicò diversi volumi su temi scientifici che, per quanto divulgativi, erano scritti in maniera accattivante, esaustiva e sempre precisa. Nel corso della sua carriera televisiva ed editoriale, Angela estese il proprio interesse di indagine al campo della storia, dell’arte e dell’etnologia: tematiche del genere sono facilmente rintracciabili in programmi più recenti come “Passaggio a Nordovest“, “Ulisse, il Piacere della Scoperta“, “Meraviglie, la Penisola dei Tesori“, in libri quali “Gli Occhi della Gioconda“, “Cleopatra“, “Amore e Sesso nell’Antica Roma” e altri ancora. Insomma, dall’operato di questo divulgatore poliedrico – definirlo scientifico non renderebbe giustizia al suo interesse verso gli studi umanistici – evinciamo in qualche misura la figura del perfetto ricercatore: studioso delle lingue – infatti Angela padroneggia bene almeno quattro lingue – sempre curioso, sempre intento e desideroso di formarsi e apprendere di più, mai avaro col sapere da lui ottenuto, ma anzi prodigo di esso.

Foto di Stagira, città natale del filosofo Aristotele.

ARISTOTELE E LA RICERCA DEL TUTTO

Il celebre filosofo Stagirita Aristotele nacque e operò in un ambiente dove si respirava continuamente un’aria di conoscenza: suo padre Nicomaco era istruito e lavorava come medico presso la corte del re macedone Aminta III; dopo aver passato del tempo con suo padre a Pella, capitale del regno macedone, Aristotele entrò nell’Accademia gestita dal celeberrimo filosofo Platone. Il rapporto che ebbe con Platone fu ambiguo: Aristotele si rivelò infatti uno studente irrequieto che, per quanto apprezzasse molto il suo maestro, si trovava spesso in forte disaccordo con le teorie da lui promosse: il momento culminante di separazione tra Aristotele e Platone avvenne quando, alla morte di quest’ultimo, lo Stagirita non fu scelto come scolarca – direttore – dell‘Accademia, ma a posto suo Platone nominò Speusippo, molto più fedele di Aristotele alle teorie del maestro. Aristotele non riuscì mai a diventare direttore dell’Accademia – dopo Speusippo fu nominato Senocrate, nonostante le richieste di Aristotele -, ma, sebbene ciò debba aver causato al filosofo una delusione non indifferente, dobbiamo essere contenti del fatto che non ci riuscì mai. Dopo esser stato rifiutato come caposcuola, Aristotele decise grazie all’aiuto economico di Antipatro – l’allora luogotenente della Macedonia dopo la morte di Alessandro Magno, di cui tra l’altro Aristotele era stato il precettore – di fondare una scuola tutta sua, il Liceo. In questa scuola si tenevano delle lezioni frontali in cui Aristotele esponeva le sue cosiddette opere acroamatiche – opere esclusivamente create per essere ascoltate, paradossalmente la gran parte delle opere che abbiamo del filosofo proviene da questo troncone – e oltre a ciò un gruppo di studenti ben istruiti insieme ad Aristotele stesso compiva un imponente lavoro di ricerca su diversi argomenti. Verrebbe da chiedere “Perché Aristotele e i Peripatetici – così infatti si chiamarono i successori del filosofo, poiché camminavano nel portico del Liceo chiamato appunto Peripato – si impegnarono in quest’instancabile operazione di ricerca? C’è un motivo specifico o no?”. Un motivo c’è eccome, e per comprendere appieno quello che viene chiamato enciclopedismo aristotelico bisogna prendere in considerazione la filosofia dello Stagirita: a differenza di quella platonica, che viene scolasticamente definita trascendente, la filosofia aristotelica viene definita immanente, in quanto Aristotele era certo che la vera conoscenza potesse essere raggiunta attraverso la relazione sensoriale con enti presenti nella nostra realtà – Platone riteneva invece che ciò che fa parte del “nostro mondo” altro non sia che una copia imperfetta di un’immagine, in greco idea , che si trova nel cosiddetto Iperuranio -; la filosofia aristotelica afferma la conoscibilità di enti sensibili per il fatto che riteneva che essi fossero un tutt’uno – synolon in greco – di forma e materia, e che quindi fossero reali; e poiché tutti gli enti del “nostro mondo” sono reali, essi sono e devono essere passibili di indagine scientifica; da qui l’enciclopedismo.

I PERIPATETICI

I Peripatetici, gli eredi filosofici e intellettuali di Aristotele, sposarono con tanto fervore l’idea del maestro da proseguire la sua missione di ricerca anche dopo la sua morte. Già Aristotele aveva scritto opere su argomenti diversi quali la politica, la filosofia teoretica, la metafisica, la fisica, la retorica, la critica letteraria ecc., ma i suoi successori – di cui ricordiamo solo in parte i nomi – ne completarono in maniera egualmente esaustiva l’indagine. Dicearco di Messene si dedicò agli studi umanistici come la critica letteraria, la storia e la teoria politica, e la storiografia (si veda ad esempio la “Storia della Grecia“); Aristosseno di Taranto, allievo di Socrate e poi di Aristotele stesso, fu uno degli studiosi che dobbiamo maggiormente ringraziare per le informazioni riguardo la composizione e l’esecuzione musicale nella Grecia Antica (si vedano gli “Elementi Armonici” e gli “Elementi Ritmici“); addirittura il famoso governatore ateniese filomacedone Demetrio Falereo si dedicò a un tipo di studio più umanistico ed erudito (compose un libro di critica letteraria, di storia politica, e radunò i detti dei Sette Saggi e di Esopo in due volumi). Ma lo studioso peripatetico che maggiormente deve essere  tenuto in considerazione fu Teofrasto, il più fedele allievo di Aristotele: maestro e discepolo si incontrarono sull’isola di Lesbo, dove lo Stagirita si era recato per fare degli studi, e, constatata la naturale predisposizione del giovane TirtamoTeofrasto era infatti un soprannome che Aristotele aveva dato al suo allievo giacché quando esponeva un argomento “parlava come un dio” – Aristotele decise di portarlo con sé in Grecia, dove lavorarono fianco a fianco. Alla morte di Aristotele, il filosofo non provocò a Teofrasto lo stesso dolore che Platone gli aveva causato tanti anni prima, e lo nominò suo successore: così Teofrasto, dirigendo le lezioni e le ricerche del Liceo aveva, in una qualche misura, osservato la realizzazione di un modello di istituzione che tempo dopo, pur con dei cambiamenti, sarebbe divenuta l’Università. Teofrasto stesso curò la redazione di opere scientifiche, e pubblicò due volumi sulla botanica, un argomento che Aristotele non aveva fatto in tempo a coprire adeguatamente.

RICERCA E DIVULGAZIONE

Se proprio suona riduttivo definire il grande Aristotele e i suoi successori dei divulgatori, si pensi a loro più come a dei ricercatori che, annotando e pubblicando i risultati delle loro opere, inevitabilmente finirono per far circolare degli scritti per il grande pubblico – quantomeno il grande pubblico che sapeva leggere ed era minimamente interessato -. Questi studiosi di tanti secoli fa ci fanno capire qualcosa di quanto mai attuale, ossia che la ricerca altro non è che un insistente lavoro di scavo, grazie a cui si passa da un livello di conoscenza più superficiale a uno più profondo man mano che si va in profondità – si approfondisce, appunto -, e che per cominciare questa ricerca si deve essere persuasi che ogni aspetto della realtà sia comprensibile, indagabile. Quest’intero bagaglio di valori e convinzioni è fortunatamente confluito nella contemporaneità in cui possibilmente si è fatto un passo in più rispetto al passato, in quanto non ci sono solo i ricercatori che diffondono i risultati delle loro indagini tramite pubblicazioni, ma ci sono anche dei divulgatori che, prendendosi la briga di capire queste scoperte, le diffondono al grande pubblico in maniera accattivante e chiara, proprio come Alberto Angela! Non vorrei concludere quest’articolo affermando che i moderni hanno fatto un passo in più rispetto agli antichi o altro, voglio tuttavia mostrare come due autori, un antico quale Aristotele e uno moderno quale il noto divulgatore scientifico Piero Angela – padre di Alberto Angela -, abbiano intuito a circa 2300 anni di distanza come il motore e la fonte della conoscenza sia qualcosa di comune a ogni essere umano, e pertanto raggiungibile da tutti: mi sto riferendo alla curiosità, o se volete, alla meraviglia. In un’intervista in occasione della pubblicazione dell’autobiografia del divulgatore, Piero Angela, rivolgendosi al pubblico dei giovani che seguono le sue trasmissioni ha detto: “Studiate e siate sempre curiosi, così è nato il successo dei miei primi novanta anni“; in quanto classicista ho trovato davvero difficile ignorare le eco di un famosissimo passo della Metafisica di Aristotele, secondo cui una cosa estremamente complessa ed elevata come la sapienza è derivata da qualcosa di semplice e innocente come la meraviglia davanti alle cose che non si capiscono, e in seguito dalla curiosità di capirle.

Gli uomini furono mossi all’indagine filosofica dalla meraviglia – in greco thauma -“.

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