Impossibile crescere non ricordando tutte le pubblicità che ripetevamo a memoria, parola per parola, quando avevamo poco più di 6 anni. Ma quanta influenza stanno avendo quelle pubblicità sulla nostra vita?
Nel 7 Ottobre 2015, La Repubblica ha rilasciato un articolo nel quale si riportavano dati vertiginosi, che mostrano una realtà allarmante. Nel 2008 Rai e Mediaset hanno venduto 18 milioni e 730 mila secondi di pubblicità. Dal 2014, il calcolo si allarga (aggiungendo il colosso di Sky) a 64 milioni di secondi di réclame. Come possono, questi secondi che scorrono velocemente accompagnati da immagini attraenti e sottofondi memorabili, influire sulla costruzione della nostra identità?
L’immagine che creano
Lancome USA, nel 2019, ha pubblicato un video su YouTube (vedi qui) che è stato visto da più di un milione di persone. Metà del merito del successo del video va sicuramente al volto scelto per rappresentare la nuova fragranza. L’attrice che vediamo nel video è Zendaya Coleman, famosa nel mondo di Hollywood grazie al suo interesse nella moda, nelle attività femministe e grazie al ruolo da protagonista avuto in una serie tv di successo come Euphoria. Zendaya è diventata una vera e propria icona dell’empowerment femminile, che parla forte e chiaro ai suoi 65,8 milioni di follower su Instagram.
Nella fine del video vediamo Zendaya innalzare il luminoso profumo della Lancome al cielo, pronunciando due semplici parole: I Can.
Lo spot utilizza l’idea che sta invadendo i media negli ultimi tempi, l’idea di una donna forte, l’idea che le donne possono e devono essere, causa unica della loro crescita e felicità personale. Il fine è chiaramente quello di vendere un prodotto convincendoti che senza di esso non potresti essere la donna che Zendaya è riuscita ad essere. Perché non possiedi quello che ti è richiesto possedere.
Il concetto dell’empowerment femminile è ancora ostacolato da differenze di genere, ma ciò che i media utilizzano è lungi dall’essere innocuo intrattenimento, o innocua sensibilizzazione. L’ideale viene sfruttato per piegarlo sotto l’ala del commercio, per far sì che “tutte le donne leader del domani” si sentano fiere di indossare un profumo intenzionato a sensibilizzare su tali temi importanti. La realtà, però, è diversa.
Lo stesso discorso vale per l’idealizzazione del corpo maschile – basti guardare lo spot di Giorgio Armani per la sua Acqua di Giò (clicca qui) – ove lascia intendere perfettamente come, da una parte, questi genere di spot creino delle vere e proprie mete da raggiungere, delle divinità, dei corpi perfetti, e dall’altra creino l’esercito dei consumatori, le divinità scadenti, che acquistino il prodotto per sentirsi sempre più vicini a quella ricerca di perfezione che il mondo sta imponendo.
I consumatori sostengono chi li inganna
Non è detto che, solo chi senta il bisogno di acquistare un prodotto dopo averne casualmente visto la pubblicità, ne sia condizionato. Le pubblicità sono solo la superficie. Molto spesso, che sia YouTube, Spotify, qualche film in televisione o i social, mandano quel po’ che basta per ricordare che c’è qualcosa che non si ha e che si potrebbe avere, o che c’è qualcuno che è come si vorrebbe essere e noi, puntualmente, skippiamo, magari sbuffando. Ma non è l’atto dello skippare che rende liberi. Perché l’idea di fondo resta. Giorno dopo giorno si sostiene la causa che ci rema contro, semplicemente sentendoci insoddisfatti del nostro corpo o insoddisfatti rispetto alle cose che abbiamo ma sembrano non essere mai abbastanza, cosa che prima dell’era postmoderna, non accadeva. Il tutto deriva dal rapporto tra l’immagine che la nostra mente ha della perfezione, e l’immagine che il nostro specchio riproduce, un’immagine troppo lontana dalla prima e che potrebbe essere, se non come quei modelli, almeno mediocremente simili. Zygmunt Bauman nel suo libro “Modernità Liquida” dirà “la società è oggi principalmente la condizione in cui gli individui hanno fortemente bisogno e in cui sono assolutamente privi”.
Inoltre, parafrasando le parole del sociologo polacco, il sentimento di infelicità e insoddisfazione presenta dei contorni sfumati e tanto disancorati, da risultare difficile l’individuazione di una precisa causa. Per questo uomini e donne guardano l’esperienza altrui, sbirciano nelle vite di quelle suddette divinità, sperando di scoprire ed individuare quegli aspetti della loro vita da modificare in prospettiva di un futuro successo. Questa tendenza porta alla ricerca di esempi (di cui la pubblicità si fa madre creatrice) che aiutino a risolvere queste insicurezze, e la ricerca di un esempio crea assuefazione: più lo si cerca, più se ne sente il bisogno e tanto più infelici ci si sente di fronte a tutti quelli che sembrano avercela fatta. Ed è proprio da questo senso di infelicità che girano le subdole iniziative pubblicitarie. Iniziamo a fare shopping per comprare l’immagine che ci piacerebbe avere ed è un modo per far credere agli altri che siamo ciò che appariamo.
L’inganno
L’inganno è proprio questo: il finto ideale che si cela dietro l’oggetto. La finta idea di essere sempre liberi di fronte alle scelte da consumatori. Non è affatto così. Non a caso, il comportamento del consumatore è osservato e studiato e spesso capita di parlare di qualcosa che si vorrebbe fare o acquistare e, una volta riacceso il cellulare, ci si accorge di avere sotto gli occhi, distribuita da Facebook, Instagram o qualche altro social, la pubblicità sull’argomento. Non è chiaro come, ma qualsiasi app di terze parti presenti sul nostro telefono, hanno accesso ad alcuni stralci di conversazione “involontariamente” e starà alle app decidere se utilizzarli o meno. Quando quegli stralci vengono inviati ai server, acquistano dati del singolo come consumatore e, molto spesso, scelgono di utilizzarli. Ecco che appare una pubblicità, ne siamo attratti e con un click, acquistiamo.
Tutti gli aspiranti pubblicitari, studiano nelle loro facoltà che siano di Comunicazione o di Marketing e Pubblicità, elementi di psicologia per conoscere ancora meglio e sempre più a fondo le mosse del consumatore, cercando di capire che strade tendono a scegliere e preparandosi a seguirne fedelmente i passi.