La scelta del Qatar sembra fondarsi su due motivi: la scarsa produzione di petrolio e i recenti attriti con l’ Arabia Saudita. L’emirato infatti, tra gli stati aderenti all’OPEC occupa solamente uno degli ultimi posti della classifica degli estrattori di petrolio, contribuendo solamente per il 2%. Invece, è il maggior produttore mondiale di LNG, gas naturale liquefatto. La seconda motivazione riguarda l’Arabia Saudita, che è tra l’altro uno degli stati leader nell’esportazione di greggio e quindi particolarmente influente all’interno dell’OPEC. L’Arabia Saudita assieme ad Egitto e Bahrein fecero scattare l’embargo per il Qatar nel 2017 motivandolo con l’accusa di sostenere il terrorismo islamico.
Anche se il contributo del Qatar non poteva essere considerato essenziale nelle esportazioni dell’OPEC, le conseguenze della recente decisone potrebbero spiegarsi sia sul piano geopolitico che economico.
Il ruolo dell’OPEC
L’organizzazione è stata fondata nel 1960 per contrastare il potere delle “sette sorelle”, le sette compagnie petrolifere che controllavano il mercato energetico. Si tratta infatti, di una forma di oligopolio che coinvolge 15 stati, due terzi delle risorse energetiche mondiali, il 40% della produzione e il 50% delle esportazioni. Il cartello regola la produzione e i prezzi del greggio in modo che una competizione incontrollata tra gli stati non porti a ribassare eccessivamente il costo del petrolio. Senza di esso ogni stato potrebbe fissare la quantità da estrarre e il prezzo, che potrebbe abbassarsi pericolosamente per tenere il passo della concorrenza. Negli anni il potere dell’OPEC non ha mancato di agire anche su piano geopolitico. Nel 1973 il cartello ha dichiarato l’embargo per i paesi occidentali che avevano sostenuto l’Israele nella guerra del Kippur, determinando l’aumento del 70% del prezzo del greggio e di conseguenza una vera e propria crisi economica.
The game theory
La formazione di un cartello come l’OPEC può essere una delle soluzioni per aggirare i problemi riguardo all’interazione di più decision-makers o aziende, così come viene spiegato nel “game theory”.
Nella sua forma più semplice la situazione vede due attori o aziende in questo caso, che detengono l’oligopolio del mercato di un determinato prodotto. Ipotizzando che nessuna delle due sia a conoscenza delle intenzioni o azioni dell’altra possono agire nei seguenti modi:
1. Entrambe potrebbero tenere bassi i prezzi.
2. Una potrebbe cercare di aumentare il profitto rincarando i prezzi, mentre l’altra mantiene il prezzo fisso (e viceversa).
3. Entrambe potrebbero aumentare i prezzi.
In mancanza di un accordo comune l’azienda A abbasserà di poco i prezzi del prodotto per cercare di guadagnare in termini di quantità, l’azienda B farà altrettanto per non perdere la competizione. L’azienda A potrebbe abbassare ancora e la B seguirla per il precedente motivo. Si innescherebbe in questo modo un meccanismo che a lungo andare porterebbe più danni che profitti alle aziende. Un accordo o un cartello risultata essere il miglior modo per garantire il maggior guadagno nel vantaggio reciproco di tutti gli attori.
Tuttavia anche una solida organizzazione come l’OPEC può traballare quando gli accordi non sono più in linea con la direzione delle politiche degli stati. L’uscita del Qatar è sicuramente uno dei segni della debolezza degli accordi economici del cartello. Lo spiega il presidente FederPetroli Italia, Michele Marsiglia: “Sicuramente in questo 2018 abbiamo vissuto in un clima di incertezza che ha visto l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio come l’OPEC in un ruolo non più determinante come un tempo sulle politiche internazionali energetiche. Un OPEC che si è mostrato incerto agli occhi dei mercati internazionali. Il Qatar non sarà l’unico ad abbandonare l’OPEC, ma presto assisteremo ad una totale riorganizzazione delle quote di mercato e delle politiche petrolifere mondiali”.
Erica Da Ronco