Ciò che più conta per ciascuno è che ogni persona ne abbia una buona impressione. Sentirsi accettati dai propri simili, da coloro con i quali si condivide la quotidianità, le esperienze e le prove alle quali si è sottoposti continuamente, è una faccenda vitale, che determina, nella maggior parte dei casi, se non in tutti, la felicità e il grado di soddisfazione personale. A nessuno piace ammetterlo, ma la felicità personale dipende in maniera decisamente pregnante dalle opinioni degli altri. Un individuo che si sente accettato, parte di qualcosa, circondato da affetto e da persone che nutrono della stima nei suoi confronti è inevitabilmente una persona felice. Perchè l’essere umano dipende così tanto dalle opinioni altrui?
Autostima
La pressione sociale grava sulle spalle di ogni persona. Deriva specificatamente dalla quotidianità, intrisa delle norme, degli ideali che animano e fondano il pensiero comune e costituisce, dunque, uno dei pilastri portanti della società. Le norme sociali rappresentano il metro di giudizio attraverso il quale le persone giudicano se un comportamento sia giusto o sbagliato, suggeriscono all’individuo se è autorizzato a comportarsi in una determinata maniera, se deve andare fiero del proprio operato, o se, al contrario, deve vergognarsene. Le norme sociali suggeriscono, quindi, se quelle stesse azioni producono dei risultati soddisfacenti, che classificano la persona come meritevole, o meno, di lodi. Un individuo, dunque, si ritiene automaticamente soddisfatto di sé stesso quando saprà di essere uguale o migliore rispetto alla media. Quando accade ciò entra in gioco l’autostima, che si rafforza e aumenta sulla base dei successi ottenuti. L’autostima non è altro che l’immagine positiva che ciascuno ha di sé stesso. L’autostima non è altro che una sorta di egotismo automatico, una tendenza delle
persone a sovrastimare le proprie prestazioni, a credere di avere il controllo sugli eventi che stanno sperimentando, ad essere ottimisti su quanto accade anche fuori dalla razionalità. L’autostima rappresenta uno degli obiettivi principali di gran parte delle persone, che incrementa la percezione secondo la quale ciascuno è speciale, unico e fuori dalla norma.
“Non è colpa mia ma degli eventi”
Fallire un esame, essere licenziati, perdere una partita importante o anche essere rifiutati in amore sono dei duri colpi che l’autostima, nella normalità, alcune volte è costretta a subìre. Raramente, però, una persona attribuisce un fallimento ad una mancanza data da scarsa capacità.

Infatti, tendenzialmente, le persone attribuiscono le cause dei propri fallimenti, dei propri insuccessi a delle situazioni e a degli oggetti, anche materiali, che esulano dalle capacità della persona. Solitamente le persone riescono ad attribuire alle proprie capacità solamente gli eventi positivi e ciò di cui si pensa di poter essere orgogliosi. Al contrario, le persone tendono a rifiutare o ad allontanare tutto ciò che pensano non possa riflettere “ciò che sono davvero”, quasi come se fallire non potesse far parte della loro natura. In fondo, a chi non piace l’idea di essere l’eccezione che conferma la regola?
Le strategie autolesive
A quanti è capitato di dire “oggi non ero particolarmente in forma” o “se non fosse stato per questo..”? Scaricare, in un certo senso, la colpa a qualcuno, o qualcosa, non è altro che una tendenza sistematica a vantaggio del sé, non è altro che una distorsione attribuzionale volta a proteggere e preservare la propria autostima, cosicché l’individuo possa continuare a sentirsi infallibile. Molto spesso le persone non fanno uso del loro reale potenziale per non essere, poi, troppo deluse nel caso si riveli un insuccesso. Questo comportamento non è altro che una strategia, una sorta di “mettere le mani avanti” per evitare di farsi troppo male. In estrema sintesi, le persone preferiscono gioire della propria “mediocrità”, se così si può definire, piuttosto che impegnarsi seriamente e a fondo e pensare che il proprio impegno non sia stato abbastanza. Una persona che pensa di aver dato il massimo tenta di sminuire il proprio operato, per autoconvincersi e per convincere gli altri che, nel caso abbia fallito, quello non è il meglio che riesce a dare. L’autostima è decisamente fragile e basta poco perché crolli e perchè l’individuo possa pensare di non essere in gamba, di non essere abbastanza e che non sarà mai in grado di portare a termine obiettivi che rivestono una grande, grandissima importanza. Proteggersi dai propri insuccessi non è altro che un espediente che la psiche adotta nel preservare la felicità della persona.
Se si guarda la realtà dei fatti, è solo grazie ad un’autostima sufficientemente alta che determinati compiti vengono portati a termine con successo. L’errore comune che si compie, tuttavia, è quello di attribuire ai propri successi unicamente la buona sorte o pensare che non si possa imparare dal proprio fallimento e che, anzi, si debba rifiutare. Tuttavia, sbagliare è il miglior modo attraverso cui le persone possono imparare a tirare fuori il meglio o, nel caso in cui questo sia già messo in gioco, di capire in che modo ci si possa migliorare. La bellezza delle capacità umane sta proprio nel fatto che sono quasi illimitate e sempre soggette a miglioramento. Bisogna capire che fallire è umano, che il fallimento non incrina l’immagine che l’uomo ha costruito con tanta fatica. Lo sbaglio più grande è quello di credere di essere migliori, di essere speciali e onnipotenti, quando in realtà l’uomo è solo irrimediabilmente, terribilmente umano.
Alice Tomaselli