Perchè tutti mentono ma nessuno vuole che gli si dicano bugie?

Se tutti mentono, come mai siamo ancorati così negativamente alla bugia?

Secondo lo studio “The Prevalence of Lying in America: Three Studies of Self-Reported Lies” (Serota, Levine & Boster) le persone mentono in media tra una e le due volte al giorno.

Svisceriamo insieme le componenti mentali della “bugia”

La semplificazione

Simulando di rispondere alla domanda “Cos’hai fatto di bello stamattina?”, quale genere di risposta dareste?

Una descrizione dettagliata di ogni azione fatta dal momento in cui avete aperto gli occhi? Oppure una risposta che ne tocchi brevemente i momenti salienti? (Se ce ne sono stati)

Mi sembra chiaro e scontato accettare il fatto che è impossibile comunicare ogni singolo pensiero ci passi per la testa.

Prima di tutto perché il pensiero è di gran lunga più veloce e complesso della sua espressione tramite il linguaggio (limitato in ogni caso alla capacità espressiva della lingua che si sta utilizzando oltre alla capacità comunicativa dell’individuo nel trasmettere la componente emotiva del pensiero), e secondo di poi perché sarebbe un monologo infinito del tutto surreale.

Cosa succede quindi? La nostra mente semplifica, compatta e sintetizza nel linguaggio (verbale, para verbale e non verbale) il pensiero e la sua componente emotiva annessa.

Questo processo di semplificazione porta all’omissione di determinati passaggi che, consapevolmente o meno, cambieranno il senso finale della storia.

Pensate ad un film come Vanilla Sky di Cameron Crowe (remake hollywoodiano di “Abre los ojos” di Alejandro Amenábar). Se si omette la parte centrale di sofferenza dove Tom Cruise deve fare i conti con un incidente che gli rovina permanentemente la sua faccia, come potremmo comprendere la trama e apprezzarne il finale? Se allo spettatore non viene spiegato precisamente qual è il momento del film in cui lui smette di vivere e comincia a sognare, come può dare un senso al cambiamento repentino di atteggiamenti e comportamenti di Sofia? (Penelope Cruz)

Essendo l’omissione una “sotto-cartella della grande famiglia delle bugie” capace di generare lo stesso tipo di reazioni negative nelle persone (una volta scoperta), è giusto continuare a giudicarla nonostante sia un comportamento che prende vita da una caratteristica del tutto adattiva della nostra mente?

Perché quando un bambino, istintivamente, dice una bugia la prima cosa che facciamo è rimproverarlo?

 

L’ambivalenza

Il termine ambivalenza unisce due parole latine, ambi (entrambi) e valentia (forza), che spiegano perfettamente la natura del fenomeno: come sentirsi tirati da due forze contrapposte.

Avete mai provato questa sensazione? Provare amore e odio verso qualcuno? Provare attrazione e repulsione verso qualcosa?

Nel momento in cui non siete ancora consapevoli di avere delle emozioni ambivalenti è probabile che ne riconosciate almeno una delle due, giusto?

Ma “come si può definire vera un’emozione se contemporaneamente ne sto provando una opposta?

Ecco allora che il concetto fermo e statico di bugia inizia a vacillare.

Esiste una sola verità?

Se una cosa non è vera è necessariamente falsa? O se una cosa è falsa, è falsa in tutte le sue sfaccettature? Il punto di vista condiziona il nostro concetto di verità? (chiedere ad Einstein nel dubbio)

Le verità scientifiche sono plurime e spesso in contraddizione, come può allora una nostra verità filtrata da contesto, sistema cognitivo semplificante ed esperienze pregresse a ritenersi come unica ed imprescindibile?

Di fronte a tutta questa complessità, la mente umana racchiude il tutto in comportamenti molte volte automatici e fuori dalla nostra area di consapevolezza.

Ecco la bugia

La Bugia è uno di questi, a volte inconsapevole a volte consapevole. A volte serve a trarre vantaggi personali, a volte a non sentirsi inadeguato in un contesto di sconosciuti. A volte a manipolare le persone, e a volte a truffare.

Tendiamo a dire bugie soprattutto quando siamo sotto pressione e non abbiamo tempo di pensare alle conseguenze del nostro comportamento. Secondo Shaul Shalvi, psicologo dell’Università di Amsterdam, «Quando le persone agiscono in fretta, tentano di fare tutto il possibile per assicurarsi un profitto, anche se ciò li porta a mentire. Avere più tempo a disposizione invece fa sì che le persone siano più riflessive e valutino meglio le conseguenze di una menzogna».

Ma esattamente come con i soldi ci puoi costruire un ospedale oppure comprare 100 kg di cocaina, il problema non sono i soldi ma l’utilizzo che se ne fa.

Così è la bugia.

La bugia non è il male, è l’utilizzo che se ne fa che fa la differenza.

L’onestà non significa essere sinceri sempre, bensì ammettere che ci sono delle cose che si preferisce omettere, alcune che si preferisce nascondere o manipolare, altre che semplicemente non accettiamo e preferiamo raccontarcela diversamente.

C’è molta più onestà nell’ammettere di aver detto una bugia piuttosto che accusare qualcuno di aver mentito come se fosse una cosa brutta.

Onestà è ammettere di essere umani e smettere di pretendere dagli altri che non lo siano modellando un prototipo di donna o uomo “giusto” e magari riporre verso di sé il dito accusatorio e chiedersi “Perché questa persona non si sente libera di esprimersi con me?” “Perché si è sentito di dovermi mentire?”

Forse, se qualcuno vi mente, la responsabilità è anche vostra.

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